Perché in Italia la raccolta plasma è in difficoltà
Strano: “Poca informazione e cultura del dono”

2023-02-07T13:42:37+01:00 7 Febbraio 2023|Attualità|
dicembre di Francesca Franceschi

Ogni quanto è possibile donarlo? Perché farlo? Farà male dal punto di vista medico? Ancora tanti, troppi gli interrogativi che gravitano nel nostro Paese intorno alla donazione del plasma. La plasmaferesi, inutile fare tanti giri di parole, riscontra ancora tante difficoltà e stop in Italia. Complice evidentemente una non adeguata cultura ed educazione alla donazione sommata alla mancanza dei macchinari necessari per effettuarla nonché di medici e personale sanitario addestrato e dedicato, sono tante le regioni italiane ad evidenziare sofferenze in questo campo. Come evidenziato da molti presidenti delle associazioni in prima linea nella raccolta, nelle interviste realizzate da DonatoriH24 durante la campagna #DaMeaTe. Se da una parte l’autosufficienza nel plasma è un obiettivo ancora lontano, quello che si può fare è investire ancora una volta in sensibilizzazione, corretta informazione ed educazione al valore del dono.

Parole confermate dal dottor Luigi Strano, direttore sanitario dell’Unità di Raccolta Sangue della Croce Rossa di Roma col quale abbiamo fatto un’analisi e tirato le somme su un tema ancora spinoso e non adeguatamente conosciuto.

Direttore, come mai si fa così fatica in Italia a diffondere e far praticare le donazioni di plasma?

“La risposta non è semplice né immediata. Iniziamo col dire che la donazione anche del sangue intero, è qualcosa che non è proprio tra i primi pensieri della maggior parte delle persone. Questo perché non si conoscono (o si conoscono superficialmente) le molte e diverse necessità che ci sono dietro e ruotano intorno alla raccolta del sangue”.

Cosa intende dire?

Luigi Strano

“Che molte poche persone sono consapevoli delle importanti ed essenziali attività del servizio trasfusionale. Il trasfusionale in ospedale è un reparto che non ha malati degenti ma, di fatto, è quello che consente di far tenere il passo a tutti gli altri reparti. O, per dirla ancora meglio, a tutti quei reparti ospedalieri che in modo irrinunciabile necessitano di emocomponenti o di derivati del plasma. Fatta questa doverosa premessa dobbiamo poi fare i conti con una cultura del dono e un’informazione sulla plasmaferesi non ancora adeguata alle necessità, cosa che si va a sommare alla mancanza di separatori cellulari e ad una differente fotografia degli andamenti tra il settentrione e il meridione. Per dirlo con una battuta il fiume Arno traccia una linea di demarcazione. Poi, è ovvio che la carenza del plasma è direttamente proporzionale alla carenza di donazioni in senso lato, regione per regione. Man mano che si sale al nord l’abitudine alla donazione di sangue intero o del plasma è molto più connaturata nel tessuto sociale e questo è, purtroppo, un dato di fatto”.

Quante volte si può donare il plasma?

“Teoricamente si potrebbe donarlo due volte al mese. Esiste una normativa tecnica ben precisa che fissa i limiti massimi di volume prelevabile in un mese e nell’arco di 12 mesi”.

Quanto plasma viene raccolto in una sacca?

“In media una sacca di plasma deve contenere tra 600 e 700 millilitri massimo”.

Dal punto di vista medico ci sono controindicazioni nel donare plasma?

“Assolutamente no. Basti pensare che la ricostruzione dei componenti del plasma sottratti con la plasmaferesi è molto rapida. Servono al massimo 6 giorni per reintegrare e recuperare i valori originari, ossia quelli antecedenti la donazione. A volte, ma solo perché non c’è una diffusa e puntuale informazione relativa a questo tema, le persone sono portate a pensare che, effettuando la plasmaferesi, si vengono a perdere valori importanti per l’organismo. Non è così. È vero che tutto ciò che fa funzionare l’organismo umano è veicolato dal plasma, a partire dai sali minerali fino agli ormoni ma è altrettanto vero che tutto viene reintegrato in meno di una settimana”.

Stesso discorso vale anche per le donne? Ci sono controindicazioni specifiche per il genere femminile?

“Non ci sono controindicazioni per le donne, anzi. Le donne molto facilmente vanno incontro a criticità legate a valori bassi dell’emoglobina. Nel caso che, per una lieve anemia, non possano sottoporsi a donazioni di sangue intero, basta che abbiano un’emoglobina che superi il valore di 11,5 grammi per essere tranquillamente avviate a fare la plasmaferesi”.

Eppure in Italia la donazione di plasma fa fatica ad essere recepita e praticata. A suo avviso perché?

“Ci sono diverse motivazioni. Quello che posso dire con certezza è che nel nostro Paese mancano l’informazione e la cultura della donazione. Come Croce Rossa Italiana siamo impegnati – e io personalmente ho passato questi ultimi 10 anni a farlo – a fare informazione nelle scuole. Partiamo dalle primarie facendo un lavoro mirato e specifico con l’aiuto degli insegnanti per poi approfondire nelle secondarie coi ragazzi che si avvicinano al compimento della maggiore età così da far capire loro che possono concretamente valutare la possibilità di fare un gesto intelligente e altruista quale, appunto, il dono di sangue e plasma. Questo non significa che stiamo facendo tutto il possibile: questi messaggi devono esser veicolati bene anche tra gli adulti che, spesso, non sanno quanto il plasma e i suoi derivati siano essenziali per dar vita a presidi farmacologici indispensabili a curare o mitigare molte malattie, non solo quelle legate ad un’imperfetta coagulazione del sangue”.

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