Mancanza di personale e di macchinari, carenza di un’efficace comunicazione, emergenza Covid e le temperature fuori media registrate durante la torrida estate 2022: l’Italia, per una serie di fattori, è lontana nel raggiungere l’autosufficienza sulla raccolta del plasma, come evidenziato durante la campagna di sensibilizzazione di DonatoriH24, #DaMeaTe. Il 2022 doveva segnare un anno di svolta dopo i dati del 2021, pesantemente condizionati dalla pandemia, ma così non è stato.
Sulla questione è intervenuto Vicenzo De Angelis, direttore del Centro Nazionale Sangue.
Direttore, com’è andata la raccolta plasma del 2022?
“Non è stato un anno felice, relativamente alla raccolta di plasma per il frazionamento industriale il Paese ha raccolto circa 850mila chilogrammi di plasma e si attesta a un indice di conferimento pari a 14.2 kg/1.000 abitanti, valore che risulta sostanzialmente appiattito negli ultimi 4 anni (14.5 nel 2021, 14.0 nel 2020 e 14.2 nel 2019). Il problema è che questo dato è palesemente sottodimensionato rispetto a quanto sarebbe necessario per garantire al Paese un’indipendenza strategica nei confronti del mercato per i due farmaci plasmaderivati più richiesti, rappresentati da immunoglobuline polivalenti e albumina. Infatti, ai fini di tale indipendenza sarebbe necessario raccogliere circa 1.100.000 chilogrammi di plasma e raggiungere quindi una media nazionale di almeno 18 Kg/1000 abitanti/anno, come peraltro è già stato scritto nei programmi nazionali di autosufficienza per il 2020 e per il 2021”.
A cosa è dovuta questa tendenza negativa?
“Sono numerose le variabili che contribuiscono a questo risultato problematico. Sicuramente la persistenza delle misure di protezione nei confronti del Covid-19 hanno limitato l’accesso alla donazione mentre le criticità sul versante della raccolta di sangue intero, ugualmente problematica e fortemente ridimensionata durante l’estate, ha indotto, in diversi casi, lo spostamento di donatori dalla donazione di plasma a quella di sangue. Inoltre, la persistente e critica difficoltà nel reperimento di medici, sia nelle strutture pubbliche, sia nelle unità di raccolta associative, ha costretto ad annullare diverse sedute esterne di raccolta sangue. L’effetto complessivo si traduce comunque in una riduzione della raccolta del plasma a livello nazionale del 2.3% rispetto al 2021, dello 0.2% rispetto al 2020 e dell’1.9% rispetto al 2019, anno assunto a riferimento come indicativo della performance del sistema nel periodo pre-pandemico. Non accenna a ridursi l’ampia variabilità tra regioni, si passa dai 5.1 Kg/1000 abitanti/anno della Campania ai 23.9 kg/1.000 abitanti/anno del Friuli Venezia Giulia”.
Perché è importante donare il plasma?
“Ricordo che dalla lavorazione industriale del plasma si possono ottenere numerosi farmaci indispensabili in terapia medica, molti dei quali sono farmaci salva-vita perché non c’è un’alternativa al loro impiego e senza di essi i pazienti non potrebbero sopravvivere: nel 2022 è stata pubblicata da Aifa e dal Cns una guida per l’uso prioritario delle immunoglobuline, proprio come indicazioni alle Regioni a valutare che, in caso di carenza di prodotto, ci sono alcune categorie di pazienti (le immunodeficienze primitive, per fare un esempio) che devono comunque essere tutelate. Quindi la donazione del plasma va considerata un vero dovere civico, un atto di generosità ma anche di necessità, perché se questi farmaci non si producono dal plasma dei nostri donatori bisogna comperarli all’estero, soprattutto negli Stati Uniti, che però negli ultimi due anni hanno avuto un calo di raccolta plasma e quindi una ridotta disponibilità di farmaci da esportare”.
Quanto costa al sistema sanitario importare il plasma?
“Dobbiamo essere molto chiari su questo: il sistema sanitario italiano non importa plasma dall’estero, sono le industrie farmaceutiche europee e italiane a importare plasma dagli Stati Uniti per poterlo lavorare e produrre i medicinali plasmaderivati che servono ai pazienti. Il servizio sanitario nazionale acquista poi i farmaci prodotti all’estero e in Italia con plasma statunitense, per lo più raccolto da donatori a pagamento. Si stima che l’acquisto dei due farmaci più richiesti, albumina e immunoglobuline, per la parte non prodotta dal plasma italiano, nel 2023 potrebbe costare all’Italia poco meno di duecento milioni di euro. Ovviamente le regioni più penalizzate sarebbero quelle che oggi raccolgono meno plasma delle altre, mentre alcune potrebbero anche essere autosufficienti”.
In che modo è possibile migliorare la raccolta?
“A partire da quest’anno, lo stato italiano sta finanziando l’incremento della raccolta del plasma con una cifra molto importante: dal 2022 ogni anno verranno erogati 6 milioni di euro alle Regioni per migliorare l’organizzazione della raccolta del plasma nei servizi trasfusionali e nelle unità di raccolta associative e 1 milione di euro l’anno per iniziative di comunicazione e di sensibilizzazione alla donazione del sangue e del plasma, da effettuare congiuntamente tra ministero della Salute, Centro Nazionale Sangue e associazioni e federazioni dei donatori di sangue. Queste cifre importanti si assommano ai 7 milioni di euro che l’Unione Europea ha dato ai servizi trasfusionali italiani nel periodo pandemico per incrementare la raccolta del plasma immune senza ridurre quella del plasma da frazionamento industriale. Inoltre nel 2022 è stato assegnato alle attività di raccolta gestite dalle associazioni e federazioni del volontariato del sangue un contributo straordinario di 2 milioni di euro per l’acquisto di materiali e tecnologie necessarie alla raccolta del sangue e del plasma”.
Basterà?
“Credo che questo sforzo così importante, soprattutto in un momento di difficoltà economica come quella che il Paese sta attraversando, comporti l’obbligo morale per tutti noi, istituzioni centrali e regionali, associazioni di donatori e professionisti di produrre importanti progettualità finalizzate ad incrementare la raccolta del plasma. Se ogni giorno in ogni punto di raccolta in cui si può donare plasma in Italia si facesse una plasmaferesi in più, avremmo raggiunto l’autosufficienza: non è un sogno, si può realizzare”.
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