Dopo il cambio di governo, negli ultimi mesi la campagna di vaccinazione ha visto una ristrutturazione dell’organizzazione che ha rimodellato la scala delle priorità – molto sfumata dal precedente governo – ed ha riportato le categorie fragili a rischio al primo posto.
Non per nulla la confusione generatasi si è spalmata tra le tante categorie sociali, che sono state prima incluse nella fase I della campagna vaccinale, poi, con un colpo di spugna, sono state semplicemente rimandate alle prossime fasi.
La repentina inversione di rotta ha toccato la comunità dei donatori di sangue, i quali, legittimati da una lettera firmata dal direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute, Giovanni Rezza, erano stati inclusi nella campagna nella fase I e II.
Come abbiamo già visto su DonatoriH24, l’indicazione contenuta dalla missiva è stata tenuta in considerazione solo da alcune regioni, mentre nella maggior parte dei casi non è stato né accettata né applicata provocando un’ampia diffusione di informazioni scorrette – che ha condotto a non pochi fraintendimenti – e ha diviso la penisola in aree territoriali dove l’indicazione veniva applicata in base alle regole delle autorità locali.
Fortunatamente il cambio di guardia non ha potuto cancellare l’essenziale, cioè che, per il bene della comunità tutta, i donatori di sangue hanno il diritto e il dovere di restare in buone condizioni di salute, per sé stessi e soprattutto per donare emocomponenti a tutti coloro affetti da patologie del sangue.
Vaccino e donatori del nord Italia: accordi e disaccordi con le regioni
Circa un mese fa, la Regione Lombardia siglava un accordo con Avis Lombardia per sottoporre a vaccino contro il Covid-19 i donatori di sangue nella regione. L’autorizzazione inseriva la categoria tra le prioritarie riconoscendo ai donatori un ruolo primario nel sostenere il sistema sanitario nazionale. Se la notizia ha rappresentato una bella novità per i tanti donatori lombardi – inclusi nella campagna insieme ai propri familiari – per tutti gli altri la situazione si prospettava poco chiara, per poi essere risolta dagli stessi vertici associativi.
Dopo la nota del Centro nazionale sangue, arrivata insieme al cambio di guardia, la regione Veneto pochi giorni fa ha pubblicato una precisazione riguardante il vaccino, in cui si spiega che se prima i donatori di sangue erano tra le categorie prioritarie definite con il termine “altro” insieme a Protezione Civile e caregiver, oggi non rientrano più nello stesso gruppo.
Il presidente regionale Avis, Giorgio Brunello, recentemente ha voluto ribadire che, certo, i donatori attenderanno il proprio turno, ma che gli addetti all’accoglienza nei centri trasfusionali dovrebbero essere vaccinati al più presto.
In Piemonte, già a febbraio sono emersi i primi casi in cui le aziende sanitarie locali non rispettavano le indicazioni regionali, e si creavano fraintendimenti vistosi.
Tra i tanti casi di donatori che si sentivano legittimati al vaccino è emerso quello di Biella, nel quale la procura è intervenuta accusando l’azienda sanitaria locale dei vaccini compiuti sui donatori.
Centro e Sud Italia: i donatori attendono il proprio turno per il vaccino
Se al nord la Lombardia ha raggiunto un accordo con la regione, in generale nel resto d’Italia i donatori di sangue – inclusi i volontari nell’accoglienza dei centri trasfusionali – sono stati a poco a poco estromessi dalla prima fase della campagna vaccinale, e dai nostri riscontri se ne riparlerà più avanti.
La stessa Avis Toscana a metà aprile è intervenuta prendendo le distanze dalle parole dal dottor Giovanni Rezza e abbracciando la propria linea. A proposito pochi giorni fa il vice-presidente Avis Toscana, Luciano Franchi, ha risposto all’agenzia Impress indicando che i donatori di sangue nella regione attenderanno il proprio turno per il vaccino pazientemente.
Una voce totalmente distorta e amplificata da altri media, è stata invece quella del servizio giornalistico di “Non è l’Arena”, nel quale si raccontava che l’associazione di donatori di sangue Adovos, a Cosenza, in Calabria, offriva il vaccino come moneta di scambio per le donazioni, un’informazione errata che si è andata a sommare alle numerose fake news diffusesi sul tema.
Recentemente in Basilicata, la Procura di Potenza ha invece inviato un’indagine contro i furbetti del vaccino che ha coinvolto i donatori di sangue, e in risposta Avis Basilicata ha diffuso un comunicato nel quale prende le distanze dai soci, in quanto “non sono inclusi nell’attuale campagna”.
Nella stessa nota i dirigenti dell’associazione si sono poi interrogati su “come sia stato possibile accettare tali prenotazioni” dato che mancava il via della regione e della stessa associazione.
Una domanda lecita, che si va ad aggiungere ai tantissimi interrogativi che l’opinione pubblica si è posta in questi mesi, e che trova una facile ma non esaustiva risposta nelle condizioni di disorganizzazione attraverso le quali il panorama sanitario nazionale si è trovato ad affrontare l’epidemia.