Per questa settimana è attesa la valutazione dell’Istituto Superiore di Sanità sui risultati dello studio Tsunami. Dopo due mesi, l’ente centrale, sponsor del progetto, non ha ancora rilasciato il documento, e nei giorni scorsi, in un intervista video rilasciata ad Ansa.it, il principal investigator di Tsunami Francesco Menichetti ha ribadito l’importanza delle ricerche svolte, su un campione di 472 pazienti, fattore di svolta per etichettare definitivamente la validità della risorsa plasma iperimmune e migliorare gli studi arrivati dall’estero che mostravano alcuni difetti procedurali.
Menichetti ha spiegato che sul plasma iperimmune si possono fare due errori, sottovalutarlo come inutile o sopravvalutarlo come terapia salvavita, due errori identici e contrari che, si spera, con la valutazione definitiva dell’autorità preposta saranno definitivamente parte del passato.
Guarda l’intervista video a Menichetti su Ansa.it
Nel frattempo però la raccolta e l’utilizzo di plasma iperimmune procede in tutto il paese, e il plasma continua a essere utilizzato come cura compassionevole. Lo scorso 2 febbraio il centro nazionale sangue ha riconteggiato il numero di sacche di plasma iperimmune a disposizione del sistema, e secondo i dati pubblicati, a oggi nelle banche del sangue dei sistemi regionali italiani “sono disponibili 6.094 sub-unità di plasma iperimmune raccolto da 89 servizi trasfusionali distribuiti su tutto il territorio nazionale. Di queste sub-unità 1.564 hanno un titolo di anticorpi neutralizzanti uguale o superiore a 1:160. Complessivamente in Italia sono state prodotte 15.997 sub-unità di plasma iperimmune donato da 14.450 donatori guariti dal Covid-19 e ne sono state trasfuse 9.543.”
L’arrivo dei risultati di Tsunami risulta quindi importantissimo anche per dare dei riferimenti più precisi e scientificamente rilevanti alle struttura ospedaliere sul territorio, che intanto nell’utilizzo della risorsa procedono in autonomia, e si direbbe, senza un piano coordinato.
In Molise, per esempio, la sperimentazione sul plasma iperimmune è iniziata nelle ultime ore, grazie al contatto tra il dottor Franchini dell’ospedale Carlo Poma di Mantova, tra i pionieri dell’utilizzo del plasma iperimmune nel Paese durante la prima ondata, e alcune autorità sanitarie locali, mentre la raccolta della materia prima è attiva all’ospedale Veneziale di Isernia.
A Reggio Calabria invece, c’è uno dei pochi ospedali del paese, il Gom (Grande ospedale metropolitano) che già ha avuto accesso ai fondi europei per potenziare l’utilizzo del plasma iperimmune, all’interno del progetto Esi (Emergency Support Instrument), che prevede la disponibilità di fondi UE per supportare la raccolta di plasma da convalescente Covid-19 da parte di Servizi Trasfusionali e Associazioni di donatori.
Finora, la Commissione Europea ha assegnato alle 14 tra Regioni e Province autonome che ne hanno fatto richiesta, un finanziamento complessivo di 7,1 milioni di euro.
Capire bene come e quando utilizzare il plasma iperimmune – va ribadito – è molto importante in un momento in cui la minaccia delle varianti Covid-19 provenienti da Inghilterra, Brasile e Sudafrica complica ulteriormente il quadro.
Menichetti ha già dato qualche indicazione su come valorizzare la risorsa plasma da convalescente, spiegando che non serve negli stati avanzati della malattia, in terapia intensiva, ma può essere di grande beneficio nelle fasi iniziali delle polmoniti, quando gli anticorpi possono attaccare il virus e indebolirlo.
L’ultima parola ai dati dunque, dati che speriamo possano essere disponibili già nei prossimi giorni.
Intanto, per sapere di più sul plasma iperimmune e su tutti i temi più importanti collegati alla cura del Covid-19 come vaccino, terapie complementari e monoclonali, consigliamo tutti i lettori di Donatorih24 di leggere le nostre 100 domande e 100 risposte sulla pandemia, la guida più completa a disposizione on-line.