Ecco chi può donare plasma iperimmune
Tutto su selezione e test sierologici

2020-11-19T19:14:22+01:00 19 Novembre 2020|Primo Piano|
plasma iperimmune di Laura Ghiandoni

Il plasma iperimmune potrebbe essere una delle principali armi contro il Covid. La sperimentazione è ormai in corso da più di sei mesi con il nome di Tsunami, e i medici tra qualche tempo sapranno rispondere con certezza a una domanda che oggi interessa grande parte della popolazione oltre che tutto il mondo scientifico.

Alcune regioni italiane, in queste ultime settimane di crescita vorticosa del contagio, hanno reso attivo il protocollo in alcuni ospedali, e ora l’ultima incognita è rappresentata dalle quantità di plasma iperimmune disponibili, cioè quelli definiti da DonatoriH24 gli “Arsenali al plasma”. Sacche pronte per essere somministrate ai pazienti nella lotta contro il Covid.

La dirigente del reparto di virologia dell’azienda ospedaliera di Padova, Monia Pacenti, dopo essere intervenuta al convegno del Simti del primo ottobre, ci racconta quali sono i nuovi criteri di selezione dei donatori di plasma iperimmune e quali sono gli ultimi sviluppi della sperimentazione.

Chi può donare plasma iperimmune oggi

A maggio il dottor Menichetti, principal investigator del protocollo Tsunami, aveva raccontato in un’intervista che le caratteristiche per le persone guarite da Covid e pronte a donare il plasma iperimmune erano molto precise: età dei donatori compresa tra i 18 e i 65 anni, buona salute (si accettavano solo persone che non avessero patologie potenzialmente trasmissibili) e non si accettavano donne con gravidanze pregresse.

“Restano queste le caratteristiche di base” spiega la dottoressa Pacenti: “quello che è cambiato è che oggi cerchiamo persone guarite dal Covid che abbiano avuto importanti sintomi durante la malattia. Non basta più il risultato di un tampone positivo e la forma asintomatica del virus”.

La dirigente continua: “Questo fattore sintomatologico ci indica che la risposta attivata dal sistema immunitario è maggiore e che quindi anche il plasma contiene la quantità di anticorpi sufficiente per sconfiggere il virus. Infatti” conclude “la presenza maggiore o minore di anticorpi del convalescente definisce la capacità del plasma di neutralizzare il virus nel sangue del paziente. Questo oggi è un punto centrale nella questione”.

Il test per prevedere quali sono i donatori di plasma iperimmune

“Per ora – spiega la dottoressa – ci vogliono quattro giorni per arrivare alla risposta e capire se un donatore è idoneo, ma compiendo una scrematura iniziale dei candidati grazie al test sierologico giusto dovremmo preselezionare i donatori all’inizio”.

Poi aggiunge: “Oggi si sta valutando il test sierologico già in commercio capace di indicare qual è il donatore idoneo nel più breve tempo possibile, escludendo dall’inizio tutti coloro che hanno un titolo anticorpale insufficiente per sconfiggere il Covid nel sangue. Tutti i test che hanno tra le caratteristiche specifiche quella dell’antigene S, la proteina grazie alla quale si sviluppano gli anticorpi neutralizzanti, sembrano essere idonei. L’individuazione di uno o più test idonei accorcerebbe i tempi di ricerca e gli sforzi impiegati nella raccolta del plasma iperimmune”.

Infine conclude: “Nel progetto Tsunami, agli ospedali che si muovono in autonomia in tutte le regioni, è indicato di compiere una verifica per vedere se c’è una relazione tra i dati ottenuti dai test sierologici, e i donatori effettivamente idonei per la donazione, cioè con il titolo anticorpale giusto”.

La verifica del test effettuato nei laboratori degli ospedali

“Per effettuare il test all’interno dell’ospedale nel modo corretto serve un laboratorio con il livello di sicurezza 3 e personale altamente qualificato e formato nel compiere il test selezionato nel tipo di laboratorio specifico” racconta la Pacenti.

“Il protocollo Tsunami, quando è partito a maggio, ha richiesto la verifica dei test sierologici dei vari laboratori compiuti negli ospedali di tutta Italia. Veniva chiesto che fosse compiuto con i criteri indicati dal protocollo e che i risultati fossero “accettabili”, cioè che non fossero sballati per un errore avvenuto durante il procedimento”.

E chi ha il compito di effettuare la verifica? La Pacenti risponde: “Tutti i laboratori devono passare attraverso la verifica effettuata dall’ospedale Spallanzani e da quello di Pavia. Questo è stato un primo passo verso un migliore dato, uniforme su tutto il territorio nazionale”.

E conclude: “L’ospedale che si avvia a partecipare al protocollo sperimentale alla terapia Tsunami, riceve l’autorizzazione, viene verificato e nel caso il risultato del test sia “accettabile” può procedere”.