Il plasma dei guariti: come funziona la cura? Dopo il livestreaming, le risposte alle domande degli spettatori

2020-05-22T21:10:49+02:00 22 Maggio 2020|Attualità|
plasma-terapia di Laura Ghiandoni

Per capire bene la cura con il plasma iperimmune e rendere l’argomento accessibile a tutti, il 20 maggio abbiamo invitato a parlare su Donatorih24.it alcuni esperti del mondo del sangue, ovvero Gianpietro Briola, coordinatore Civis e presidente Avis nazionale, Rosa Chianese, responsabile del Centro regionale sangue Lombardia, Pasquale Colamartino, responsabile del Centro regionale sangue Abruzzo, Alessandro Gringeri, responsabile della ricerca di Kedrion Biopharma, e infine, il professor Francesco Menichetti, responsabile Malattie infettive dell’azienda ospedaliera universitaria di Pisa. Di seguito, ecco l’evento completo:

Coordinati dal direttore di Donatorih24 Luigi Carletti, gli ospiti hanno cercato di rispondere alle tante domande degli spettatori, affrontando anche il tema delle banche del plasma che stanno nascendo in alcune Regioni. Gli spettatori via email, WhatsApp e Facebook hanno dimostrato grande curiosità e voglia di capire in modo approfondito l’argomento.

Le tre tematiche centrali della questione

Tre sono state le tematiche più discusse nelle domande inviateci.

1. Le tempistiche per la diffusione della cura

2. Il funzionamento della stessa.

3. Il perché della polemica sorta nei giorni scorsi tra scienza e politica.

Ecco, tema per tema, le risposte per i nostri lettori.

1. Le tempistiche della cura con il plasma iperimmune

E’ vero che con il tempo diminuiscono gli anticorpi anti-Sars-CoV-2 nel plasma in circolazione nei guariti? 

E’ vero. L’immunità del plasma decade dopo alcune settimane oppure pochi mesi. Nessuno per ora sa esattamente in quanto tempo, ma secondo gli esperti sarebbe necessario proporsi il prima possibile per la donazione di plasma iperimmune.

Perché la cura con il plasma iperimmune non si diffonde più velocemente tra gli ospedali?

Le tempistiche dello sviluppo della sperimentazione sono il tema più importante del momento. Il protocollo nazionale è stato autorizzato il 15 maggio. Il 19 maggio il professor Menichetti, responsabile di Pisa, indicava che non erano stati individuati tutti i centri ospedalieri che avrebbero partecipato alla sperimentazione sul territorio nazionale. La macchina della sanità italiana si sta avviando con i tempi necessari, i centri ospedalieri si stanno già confrontando con il percorso cadenzato di tappe, attese e autorizzazioni. A poco a poco saranno coinvolti tutti i protagonisti della sperimentazione: dai direttori delle aziende ospedaliere, fino ai pazienti e ai donatori di plasma iperimmune.

2.Come funziona la cura con il plasma iperimmune

Il plasma iperimmune, come si dona e chi può donarlo?

Il Centro trasfusionale è il punto di riferimento territoriale di raccolta del plasma iperimmune. Tutto inizia con la candidatura dell’aspirante donatore che si sottopone volontariamente al primo test per la verifica degli anticorpi anti-Sars-CoV-2 nel sangue. Il test sierologico è il primo strumento necessario per avere prova di una precedente infezione da Covid-19.Poi l’aspirante donatore si dovrà confrontare con gli esami del sangue per comprendere se è idoneo alla donazione del plasma iperimmune. Le donne che hanno subito una gravidanza, secondo le regole attuali, non sono idonee.

Come viene lavorato il plasma?

Il plasma viene testato per verificare che non ci sia presenza di elementi patogeni di nessun tipo. Sono necessarie delle strumentazioni specifiche per esercitare i vari test. I dispositivi con i kit vengono noleggiati alle case farmaceutiche che in Italia sono attrezzate per questo tipo di lavoro. L’elaborazione del plasma è un procedimento delicato che gestiscono già le case farmaceutiche, dopo aver vinto dei bandi pubblici, in accordo con le regioni.

Quante persone guariscono per ogni infusione di plasma iperimmune?

Le persone che possono guarire con ogni donazione di plasma iperimmune sono circa due. Dipende da diversi fattori, ma gli esperti confermano che con 600 millilitri di plasma, cioè una donazione, si potrebbero avere circa tre dosi, necessarie per una, due, o tre persone, in base alla reazione dell’organismo degli individui sottoposti alla cura.

E’ possibile organizzare e creare delle schede per ogni donatore di plasma iperimmune, cioè ogni persona guarita da Coronavirus?

Il protocollo Tsunami è stato approvato pochi giorni fa dal Ministero della Salute e dall’istituto Superiore di Sanità. Ancora non tutti gli ospedali hanno ricevuto la procedura per consentire di donare il plasma iperimmune, dopo aver effettuato test sierologico e tampone. Certamente i centri trasfusionali organizzeranno la gestione dei donatori. Sceglieranno se creare delle schede per donatore, gruppo sanguigno e così via. Molte regioni stanno avviando le banche del plasma, quindi dobbiamo attendere che le strutture ospedaliere siano pronte per accogliere le donazioni.

3. Il plasma iperimmune e la comunità scientifica

Per quale motivo all’inizio, nonostante i centri di sperimentazione fossero di altissimo livello, in molti hanno guardato con scetticismo alla cura del plasma iperimmune?

Sul protocollo dei medici lombardi, di Perotti, Franchini e De Donno, si è scatenato un grande dibattito scientifico sui media. Seppur cento anni fa già fosse conosciuta, la sieroterapia in cui si utilizza il plasma di persona guarita, è una branca della medicina che a lungo andare si è estinta. Con il tempo sono stati inventati altri farmaci considerati più “evoluti” come la penicillina e gli antibiotici. Parte della comunità scientifica, come suggerito in un precedente articolo pubblicato dalla nostra testata, grazie allo sviluppo di tante medicine che in Italia vengono offerte a basso prezzo dal sistema sanitario, ha cerato strade alternative alla sieroterapia e al plasma iperimmune.

L’equipe di Pavia e Mantova invece ha sorpreso tutti riprendendo una vecchia cura e rendendola affidabile, efficace, pronta per essere usata come arma contro il Covid-19 nel momento più difficile della pandemia. Una delle novità del protocollo ideato dal team consiste nel verificare la sicurezza del plasma attraverso una moltitudine di test effettuati prima di infonderlo. Questo tipo di controllo non è mai stato effettuato nella storia della medicina, ma affinché la cura al plasma iperimmune possa non essere soltanto una terapia d’emergenza, e divenire a tutti gli effetti una terapia convenzionale, è necessario che la fase due della sperimentazione nazionale, su un numero maggiore di pazienti, confermi i risultati ottenuti nelle settimane passate.

I risultati della sperimentazione di Mantova e Pavia ancora non sono stati pubblicati, ma arriveranno presto. Quindi mentre la comunità scientifica attende i risultati pubblicati, il sistema sanitario italiano si sta muovendo con i tempi necessari per diffonderla.