«Sapete quali sono le uniche cose delle quali ho perso il conto? Le sacche di sangue ed emoderivati. Sarò arrivato almeno ad una quarantina».
È la testimonianza di Roberto Valle, 28enne colpito dal cancro il quale racconta la propria storia all’Avis di giovane salvato dalle donazioni. Roberto, infatti, ha sconfitto un linfoma grazie alla generosità degli altri.
«Molti pensano che il successo nella guarigione da una malattia così pesante – spiega – sia dovuto solo alla bravura dei medici e alla reazione del farmaco sul corpo. Sbagliano! Le cose sopracitate, sono solo l’80 per cento del puzzle».
Valle qui si riferisce alle 15 chemioterapie; quattro interventi per inserire cateteri venosi centrali; 17 radioterapie; un autotrapianto di staminali con conseguenti 45 giorni di isolamento. Tutto questo per un totale di otto mesi di ricoveri della durata media di tre settimane.
Nell’aprile 2016 Roberto si accorge che qualcosa in lui non va: il fiato è sempre più corto e il petto si fa sempre più pesante. Il 4 maggio, dunque esattamente due anni fa, arriva la diagnosi: Linfoma non Nodgkin a grandi cellule b.
«Immaginate una bomba che vi rada al suolo tutte le cellule, globuli bianchi, rossi, piastrine… Immaginate ancora – racconta Valle al sito web dell’Avis – che il fisico da solo non riesca immediatamente a ricostruirle, per cui o hai il sangue a portata di mano o rischi la vita con l’emoglobina al di sotto del 7. Senza sangue, il mio corpo di 28enne era ridotto come quello di un 80enne: gambe di gomma, respiro affannoso, energie zero.
«A cosa serve fare le chemio, se poi – spiega Roberto – non hai il sangue a rimetterti in sesto per le prossime, se non hai le piastrine che ti proteggono dalle emorragie esterne e interne? La differenza sapete chi la fa? Il donatore.
«Chi dona permette, a chi come me ha subito terapie pesantissime, di recuperare, di sostenere continui bombardamenti – sottolinea il 28enne – senza effetti irreversibili per l’organismo. Il tassello più importante per permettere a una persona come me, uno dei tanti, di tornare a sorridere, siete stati voi.
«I supereroi veri – qui Roberto passa a ringraziare i donatori – non stanno nei fumetti, ad alcuni basta una pallina e un laccio emostatico. Grazie per esser stati parte della mia nuova vita. Grazie anche ai miei angeli: il reparto di ematologia e radioterapia del San Camillo di Roma. Ai dottori, e al personale sanitario».
Davvero difficile trovare uno spot migliore per la sensibilizzazione alla donazione del sangue. Un racconto simile, inoltre, ripaga chi fa un gesto semplice, ma di enorme importanza; proprio come la storia di Valle ci insegna.