Ho iniziato a 18 anni e adesso ne ho 59. Sono passati un po’ di anni da quando ho iniziato a fare il donatore. L’ho fatto perché mio padre faceva il donatore e quasi per trasmissione familiare c’è stato un passaggio di testimone. La mia esperienza la porto sempre come esempio, nel senso che una volta, 40-50 anni fa, si diventava donatori perché c’erano i genitori che erano un esempio, gli zii che portavano i nipoti a donare e così via.
C’era una spinta a diventare donatori e quelli che uscivano, perché raggiunti i limiti di età, venivano sostituiti quasi in forma naturale. Non c’era bisogno di fare nulla. Oggi non è più così. Sono cambiati i tempi e pertanto anche noi a livello di federata ci dobbiamo attivare a fare tutta una serie di operazioni per far entrare dei nuovi donatori.
Questo è il nostro compito: dobbiamo promuovere la donazione, ma anche garantire l’autosufficienza del sangue e del plasma. Stiamo investendo tantissimi sforzi nostri nella comunicazione sui giovani. Sono stato quello che ha voluto dedicare in primis una parte delle risorse dell’associazione sui giovani. Proprio perché i giovani sono quelli che ci permettono di far entrare altri giovani.
È inutile che io faccia diventare donatori delle persone che hanno un’età vicina alla “pensione”, perché non garantiscono una continuità tale da poter programmare per il futuro. Questi sforzi stanno pagando e iniziamo a vedere i frutti. Dalla donazione ricevo tantissimo. Non conto quello che dò, ma quello che ricevo.
La soddisfazione che ti dà la donazione è una cosa che non si spiega, ma ti fa dire “io oggi sto bene”. Non perché ho fatto un’operazione meccanica, ma perché è la mia coscienza che mi dice che oggi sto bene in quanto qualcuno può aver bisogno di quello che ho fatto. Ho due figli, uno astrofisico e uno medico, entrambi donatori perché li ho portati a donare appena maggiorenni. In fondo io sono della vecchia scuola!
*Giovanni Mauro è agente di commercio e viene da Mondovì dove è presidente dell’Avas – Fidas Monregalese