Nelle settimane passate su Donatorih24 abbiamo raccontato i dubbi che Avis – la più grande associazione italiana di donatori di sangue – ha espresso su alcuni passaggi del nuovo Disegno di legge sulla concorrenza, in questi giorni in discussione in senato.
Gianpietro Briola, presidente di Avis Nazionale, sin dalla pubblicazione del testo definitivo ha sottolineato alcune possibili ambiguità che potrebbero depotenziare il principio del dono gratuito in Italia, ovvero uno dei principi fondativi del dono etico (gratuità, anonimato, volontarietà, organizzazione e associazione) con l’apertura surrettizia a dei rimborsi che non fanno parte della nostra cultura del dono e altro non sarebbero che forme di pagamento diversificate:
Ma c’è un altro aspetto del DDL concorrenza che non lascia tranquillo chi vuole assolutamente proteggere l’integrità del dono etico nel nostro Paese, che riguarda il tema del frazionamento del plasma e della produzione dei farmaci plasmaderivati in conto terzi.
Per chi si approccia per le prime volte all’universo sangue, è bene ripetere che in Italia, grazie al metodo del conto terzi, la proprietà del plasma inviato alle aziende produttrici di farmaci plasmaderivati resta sempre pubblica, e i farmaci prodotti sono restituiti al Sistema sanitario nazionale.
Per inserirsi in questo meccanismo, le aziende produttrici (multinazionali che hanno impianti in diversi punti d’Europa e de mondo) devono partecipare ai bandi pubblici organizzati dai 4 raggruppamenti regionali che racchiudono tutte le regioni italiane, e imporsi grazie alla migliore offerta qualità-prezzo del servizio.
Poiché la raccolta plasma in Italia avviene secondo criteri etici, la legge 219/2005 finora in voga ha sempre tutelato la gratuità del dono, impedendo (pur tra ricorsi e zone ambigue) che la lavorazione del plasma italiano avvenisse in impianti localizzati in paesi in cui la raccolta sangue non è totalmente gratuita.
Il governo, per timore di incorrere in sanzioni europee, intende rimuovere questo limite. In che modo, lo spiega proprio Gianpietro Briola in un’intervista sul magazine di Avis DONO&VITA chiamando in causa ancora una volta la sottile differenza tra il concetto di “gratuità” e quello di “non remunerazione” che apre di fatto ai rimborsi. L’intervista è leggibile integralmente qui.
“La novità principale è la rimozione del divieto di lavorare il plasma etico italiano nei Paesi dell’Unione Europea ove il plasma raccolto sia oggetto di lucro – spiega Briola – Al comma 3 dell’art. 17 è scritto che il plasma nazionale può essere lavorato negli Stati membri dell’UE (e anche in Stati terzi con il mutuo riconoscimento dell’ Unione europea!), nel cui territorio il plasma ivi raccolto provenga esclusivamente da donatori volontari non remunerati; questo di fatto modifica la concorrenza rendendo possibile la lavorazione del plasma italiano in stabilimenti industriali ora preclusi”.
Se il DDL restasse fosse approvato così com’è, il rischio sarebbe dunque di affidare il plasma italiano ad aziende che hanno stabilimenti in paesi in cui la raccolta sangue avviene a fini di lucro, alle multinazionali e alle aziende di Stato di altri Paesi, magari operanti in regime di monopolio, come avviene per esempio in Francia.
Tutte potrebbero concorrere per la lavorazione del plasma nazionale italiano, con il rischio – come ha ben spiegato Gianfranco Massaro, presidente Fiods, in un intervento su AboutPharma – che un’azienda che si trova a produrre plasmaderivati, e nello stesso tempo a venderne di equivalenti nell’arena commerciale, possa privilegiare i secondi a discapito dei primi, per esempio attraverso le politiche sui prezzi.
Per tutte queste ragioni, nei giorni scorsi il presidente Briola ha sostenuto un’audizione in senato per chiedere i cambiamenti necessari al testo del DDL, con un intervento che è possibile leggere integralmente su Donatorih24:
Ma quali sono a questo punto le soluzioni possibili?
Sicuramente il cambiamento del testo approvato, ma a proporne una differente è ancora Gianfranco Massaro, secondo cui una soluzione semplice, praticabile e razionale, addirittura suggerita dalla Commissione Europea, sarebbe di impedire alle aziende che vincono un bando e stipulano una convenzione con le Regioni italiane per frazionare il plasma “di immettere prodotti commerciali in quello stesso ambito territoriale”, in modo da evitare speculazioni e impedire vantaggio commerciali da plasma pubblico, anche se in questo modo resterebbe ancora non pienamente tutelato il dono gratuito dei donatori.
Cosa accadrà, lo sapremo presto. Con la speranza che le linee guida di ogni decisione siano la tutela del dono etico e la sicurezza dei pazienti italiani.