Gli Italiani e il Covid-19, come cambiano società e sanità con la pandemia

2021-05-10T14:10:45+02:00 7 Maggio 2021|Attualità|
di Giancarlo Liviano D'Arcangelo

Come cambiano società e sanità in piena pandemia Covid-19? A indagare sul tema è arrivato uno studio approfondito realizzato dalla “Fondazione Italia in Salute”.

La ricerca, come spiega il presidente della fondazione Federico Gelli, si propone di scavare a fondo su effetti collaterali della pandemia, e di capire cosa è accaduto nel nostro paese oltre ai dati giornalieri e ai bollettini che tutti noi ci siamo abituati a consultare a fine giornata.

“Siamo di fronte a un’epidemia che da oltre un anno sta colpendo il nostro come gli altri paesi – ha scritto Gelli – Abbiamo cercato di andare oltre i dati, già sconvolgenti, del numero dei decessi, dei ricoveri e dei contagi, per fare un’analisi a tutto campo di quel che l’epidemia sta provocando nella società italiana. Ci siamo chiesti quale impatto abbia sui malati non Covid-19. Ci siamo chiesti quali conseguenze stia apportando sul piano degli stili di vita, che si possono trasformare in comportamenti dannosi, che a loro volta possono portare a nuove patologie. Ci siamo fatti una domanda cruciale, a questo punto della storia dell’epidemia, sul grado di fiducia dei cittadini rispetto ai vaccini, senza la quale l’operazione di vaccinazione della popolazione avrebbe molte difficoltà ad avere successo”.

Entrando nel merito, il primissimo ambito di ricerca che riguarda da vicino la raccolta e il consumo di sangue, riguarda il cambiamento delle prestazioni sanitarie dirette ai malati non Covid-19.

In figura 1, si vede che rinvii di vario genere hanno riguardato poco più della metà degli Italiani in tutte le fasce d’età, e se nella maggioranza dei casi (erano possibili risposte multiple) si è trattato di situazioni in cui sono mancate visite specialistiche (69,7%) e al secondo posto (27,5%) si è trattato di visite dal proprio medico di base, il 6,1% degli intervistati ha dovuto rimandare interventi chirurgici di una certa gravità, per una stima di circa 600 mila persone coinvolte: un dato che sicuramente influisce non poco sul consumo di globuli rossi, come abbiamo potuto constatare con i dato di raccolta e consumo a marzo 2021. 

Fig.1 Come cambiano le prestazioni sanitarie per i malati non Covid-19

Altro tema che sicuramente riguarda i donatori e la raccolta sangue è quello sul timore di frequentare gli ospedali e le strutture sanitarie, visto che, soprattutto a marzo e aprile 2020, all’inizio della pandemia, si registrò un forte calo di donazioni che poi è stato recuperato nei mesi successivi.

In figura 2, possiamo vedere che ben il 22% degli italiani ha dichiarato di provare un certo timore a frequentare ospedali e altre strutture in questi mesi difficili, mentre ben il 41,3% ha detto di provare timore e di frequentarli solo quando è inevitabile.

Appare evidente, dunque, che sebbene i donatori di sangue affiliati alle associazioni sono tra gli individui più informati e consapevoli su regole e precauzioni sul percorso del dono, campagne informative volte a rassicurare il pubblico – specie quello di chi vorrebbe donare per la prima volta – sono quanto mai opportune.

Fig.2 La frequentazione dei luoghi sanitari durante la pandemia

Oltre ai dati che ci riguardano più da vicino perché legati al dono del sangue o ai donatori, sono moltissimi gli spunti di notevole interesse che offre questo studio, che consigliamo di leggere per intero al link che segue:

LEGGI LO STUDIO COMPLETO “GLI ITALIANI E IL COVID-19”

Sono significativi, per esempio i dati sui cambiamenti degli stili di vita, secondo cui il 71% della popolazione ha ridotto spontaneamente qualunque uscita
con altre persone e in una misura pressoché pari, il 69,4%, ha rinunciato a frequentare o a invitare qualunque tipo di persone a casa propria, che il 63,3% evita di prendere qualunque mezzo pubblico e il 59,3% ha ridotto spontaneamente qualunque tipo di viaggio e spostamento.

Reazioni che motivano, per esempio, il forte grado di stress a cui è sottoposta la popolazione, in particolare quella compresa nella fascia tra 18 e 25 anni: “gli accenni (o sintomi) di depressioni erano citati dal 16,5% della popolazione, ma fra i più giovani si sale al 34,7%, quindi più del doppio. È un dato estremamente preoccupante. Per altro, è confermato da un’altra differenza che si riscontra nel numero proporzionale di persone che avverte disagi psicologici: è il 27,1% nella media della popolazione, arriva al 40,2%, quasi il doppio, fra i giovani”.

Molto interessante, infine, è il dato sulla fiducia nei vaccini che nutrono i nostri concittadini.

In figura 3, possiamo vedere infatti che ben il 73,3% degli italiani ha dato una risposta di assoluta fiducia, mentre solo il 25% è recalcitrante.

Fig.3 La fiducia nei vaccini da parte degli italiani

Per questi ultimi, sarà dunque importante arrivare al più presto a terapie di supporto al vaccino che possano aiutare la salute pubblica, come plasma da pazienti vaccinati, immunoglobuline specifiche e monoclonali, per metterci definitivamente alle spalle questi mesi complicati.