Stefano: “Donando il plasma anti-Covid, pensavo agli amici ricoverati”

2020-04-08T15:20:02+02:00 8 Aprile 2020|Attualità|
donare-sangue di Laura Ghiandoni

I donatori di sangue di Castiglione d’Adda, vicino Codogno, prima “zona rossa” in Lombardia, in questi giorni sono stati contattati per prendere parte al progetto sperimentale che, per curare i malati di coronavirus, utilizza il plasma con gli anticorpi dei guariti.

L’ospedale San Matteo di Pavia, in collaborazione con quello di Mantova e di Lodi, si stanno rivolgendo ai donatori attraverso l’Avis di Casalpusterlengo, chiedendo di effettuare il test del tampone e un test del sangue che misura la presenza di anticorpi anti-Covid-19, per scegliere chi potrà aderire alla sperimentazione offrendo il plasma.

Stefano Fiorentini, donatore regolare dal 2006, residente nel paese di Castiglione d’Adda, è stato selezionato per donare il plasma, che verrà utilizzato nell’innovativa pratica.

In cosa consiste la selezione per partecipare al progetto terapia al plasma iperimmune e come è stata condotta da Avis?

“In questi giorni in alcuni paesi, tra cui Codogno, hanno effettuato un’indagine sui donatori di sangue. L’Avis di Casalpusterlengo, poiché collabora con gli istituti che sperimentano la terapia al plasma iperimmune, ci ha invitato a tornare all’ospedale per le prime analisi di verifica di una possibile trascorsa infezione da coronavirus. Quindi sono andato a fare il tampone e il prelievo del sangue e dalla misurazione degli anticorpi è emerso che, senza saperlo, da asintomatico, ho avuto il Covid-19 e ne sono guarito più di 14 giorni fa. Non ho avuto i sintomi di insufficienza respiratoria caratteristici del virus. Ricordo che solo un giorno, il mese scorso, ho sofferto di un forte mal di testa. Quindi i medici mi hanno informato che, essendo un donatore regolare di sangue, potevo donare il plasma al centro Avis di Lodi per la nuova terapia”.

C’è stato un momento in cui ti sei reso conto che il tuo plasma sarebbe servito come cura d’urto contro il coronavirus ?

“Mentre ero sdraiato sulla poltrona e stavo donando il plasma, mi sono reso conto che la donazione mi avrebbe richiesto più tempo rispetto alla donazione di sangue. Allora mi sono fermato a pensare a tutte le persone in terapia intensiva a Lodi, agli amici che conosco che ancora sono ricoverati in ospedale dalla fine di febbraio.

Mi sono reso conto in quel momento che rappresentava un gesto importante. Come lo è sempre la donazione di sangue. Quando vengo chiamato dall’associazione per andare a donare, ogni volta che succede, tutto si ferma, tutti gli impegni si bloccano e al primo posto metto la donazione. Quando ho saputo di poter partecipare ho sentito un pizzico di felicità, sensazione che provano i donatori quando aiutano gli altri. Ogni volta che faccio un piccolo gesto di gentilezza o generosità mi sento meglio”.

A Castiglione d’Adda c’è stato il primo focolaio di Covid-19. Cosa significa vivere  un’epidemia di questo tipo?

“Abito in piena zona rossa, dopo che sono avvenuti i primi decessi nel paese, ci hanno chiesto di stare chiusi in casa e abbiamo capito da subito che era meglio fare come dicevano. La parte più traumatica è stato il suono delle sirene che passavano davanti casa. Infinite. Prima ne senti una al mese, poi ne senti di continuo. Mentre dicevo ai miei figli che sarebbe andato tutto bene, si avvicinavano le ambulanze, raggiungevano il paese e poi tornavano all’ospedale.

Era un suono di guerra. Come quando passano gli aerei che bombardano la città. A Castiglione d’Adda si è parlato di 180 casi positivi di coronavirus. Sono decine le persone decedute che conoscevo. Gli anziani che sono morti, non erano poi così anziani. Erano il giorno prima a giocare a carte nel bar del paese, li avevamo visti in giro. Un amico che andava a raccogliere funghi e camminare in montagna ha resistito 15 giorni all’ospedale, prima di morire. Si diceva fosse un virus che colpiva solo gli anziani, ma c’è stata moltissima disinformazione. Anche recentemente, alcuni giornali hanno detto che a Castiglione d’Adda tanti donatori di sangue sono risultati positivi al test di coronavirus. Non è corretta informazione e giornalisti che l’hanno diffusa non hanno pensato che noi rischiamo di essere discriminati”.

Il 2 aprile, il presidente Avis nazionale Gianfranco Briola, è intervenuto con una precisazione riguardante l’articolo pubblicato sul quotidiano “Il cittadino di Lodi”, sui test effettuati sui donatori di Castiglione d’Adda. Ha spiegato: “Quello in corso è un test circoscritto a quel territorio in quanto tra i primi a essere maggiormente colpiti. L’obiettivo della sperimentazione è individuare quelle persone che, avendo sviluppato gli anticorpi al virus, possano donare il proprio plasma ai pazienti ancora affetti”.