Sono orgogliosamente un donatore e ricordo ancora il giorno in cui mi sono avvicinato ad Avis, era il 29 luglio 1988. Ero militare a Torino e non sapevo il mio gruppo sanguigno: così seguii altri commilitoni che si stavano recando presso il pullman emoteca che la locale Avis aveva posizionato fuori dalla caserma per raccogliere sangue.
Da lì un buio di qualche anno… poi un cartello affisso a Lissone, la città vicino a Monza in cui abito, ha attirato nuovamente la mia attenzione; presso la sede Avis si effettuavano delle raccolte straordinarie di sangue così mi presentai. Ricordo che c’erano dei tavoli da una parte e delle brandine dall’altra, con persone sdraiate che stavano donando, e considerato il fatto che ho paura a fare le punture (ancora oggi) tutto andò così bene che continuai a rispondere alle chiamate trimestrali per molto tempo. Purtroppo a causa delle misure di sicurezza che non consentivano più le donazioni presso la sede, mi fermai per un paio d’anni.
Poi, grazie a un amico che donava presso il centro trasfusionale G.Formentano di Limbiate, sono “sceso in campo” per l’ennesima volta cominciando a donare plasma. Non avevo capito esattamente cosa fosse la plasmaferesi (sangue che finiva in una centrifuga la quale lo scomponeva e nella sacca ci finiva un liquido giallo), ma m’era chiaro un particolare, 40 minuti di donazione! Non era tanto per fare in fretta (come capita a tanti donatori che fanno solo sangue perché dura poco) ma ho pensato solo al fatto di stare con l’ago conficcato nel braccio per tutto quel tempo…
Anche in questo caso tutto andò bene al punto che “la lampadina” si è accesa, e dopo essermi informato sugli intervalli di tempo necessari tra una donazione e l’altra, ho cominciato a donare plasma. Poiché a livello fisico non avevo problemi, ho continuato a donare con costanza nel tempo, rispettando le pause.
Infine l’ultimo gradino, quello della donazione nel mese d’agosto al centro trasfusionale dell’ospedale S.Gerardo di Monza, nel quale c’era molta richiesta. Ma io non avevo fatto i conti con una”nuova conoscenza”, la multicomponent plasma/piastrine.
La dottoressa che mi ha fatto il colloquio sullo stato di salute pre-donazione fu molto chiara; avevo un valore di piastrine decisamente conforme al bisogno del centro, mi spiegò a cosa servivano (fu molto semplice capire perché sono iscritto in Admo) e per me fu naturale rispondere“…il braccio è qui, prelevate quello di cui avete bisogno…”.Da quel momento, e grazie al buon Dio che m’ha garantito sempre un ottimo stato di salute, ho cominciato a fare della costanza nell’aiutare chi ha bisogno il mio obiettivo da donatore. Arrivando ai nostri giorni, ho trovato normale donare anche durante il periodo del Covid-19 (da febbraio ho effettuato una donazione di sangue intero, tre multicomponent plasma/piastrine e due plasma) perché ho pensato che ci sarebbero stati cali delle donazioni dettati dalla paura, mentre le richieste di sangue e dei suoi componenti sarebbero rimaste invariate. Così, ho vissuto questo periodo come se non fosse successo niente, fiducioso nelle misure di sicurezza per i donatori.
A distanza di anni le motivazioni (i donatori dovrebbero effettuare le prenotazioni senza dover essere chiamati dalle sedi) sono sempre quelle, poter aiutare chi ne ha bisogno ed essere contenti di farlo. Mi piacerebbe che i donatori che stanno leggendo la mia testimonianza possano seguire l’esempio di chi dona con costanza plasma e piastrine nell’intervallo di tempo tra due donazioni di sangue.
Quanti possono essere questi donatori? Sulla carta tanti, tutti.
A volte capita di riflettere sui numeri di Avis (a partire dal livello locale fino al nazionale)e al fatto che se tutti aggiungessero una sola donazione nei 90/180 giorni tra due donazioni di sangue intero (Avis è sinonimo di sangue e parecchi donatori non sanno nemmeno che ci sono prelievi di plasma e piastrine) questi numeri, questi aiuti, si potrebbero incrementare in modo decisamente interessante.
di Lorenzo Mariani