“Con la pandemia i pazienti hanno acquisito la consapevolezza che la disponibilità delle terapie a loro necessarie non è così scontata”. Massimo Marra, presidente dell’Associazione italiana dei pazienti di neuropatie disimmuni, ricorda che nella storia recente dell’uomo c’è un altro “a.C.” – “d.C.”: ante Covid, dopo Covid.
Se il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Ghebreyesus, ha appena annunciato la fine dello stato di emergenza sanitaria mondiale per il Covid-19, gli strascichi sociali, economici e sanitari della pandemia saranno ancora lunghi. Il sistema sangue, retto dai professionisti e dalla passione e dal senso civico dei donatori, ha subito una serie di colpi dai quali è dura riprendersi. Al Centro nazionale sangue si è accesa una spia rossa quando è stato stilato il report 2022 sulla donazione del plasma. Il bilancio riporta che ne sono stati raccolti 842.949 chilogrammi, circa 20mila in meno rispetto al 2021, quando l’asticella si era fermata a quota 862.401. Il calo, in termini percentuale, è stato del 2.3%. I numeri sono più bassi anche del 2020, quando i mesi di lockdown si erano abbattuti con effetti negativi su tutto il sistema sanitario nazionale.
L’impatto sul mondo dei pazienti che soffrono di patologie guaribili o gestibili soltanto grazie ai farmaci plasmaderivati è stato devastante. Sull’emergenza aveva acceso i riflettori anche la nostra testata, a giugno 2022 ha lanciato la campagna #DaMeaTe proprio per sensibilizzare alla donazione di plasma, attraverso le voci dei donatori.
Dottor Marra, cosa è la polineuropatia demielinizzante infiammatoria cronica e come si cura?
“La nostra malattia lascia lucido il cervello ma colpisce mani, gambe, e compromette i movimenti del corpo. Una reazione autoimmune danneggia la guaina mielinica che avvolge i nervi, i sintomi sono un indebolimento dei muscoli. In Italia ne sono colpite 3.5 persone ogni 100mila. Le cure per la Cidp si basano sul plasma, un paziente di 70 chili necessita di due donazioni al giorno che devono essere effettuate circa un anno prima: tanto dura il processo di conservazione, monitoraggio e produzione del farmaco finale”.
La pandemia ha causato una diminuzione delle donazioni di sangue e plasma, avete avuto problemi con l’accesso alle cure?
“I mesi più difficili sono stati nella primavera del 2021. Le multinazionali del farmaco ci avevano spiegato che, essendo diminuite le donazioni, nel giro di un anno non sarebbero più state in grado di garantire un’adeguata disponibilità dei farmaci. A fine 2021 sono state ridotte le dosi per i pazienti, in tanti ci hanno riferito che è stato come ‘elemosinare la terapia’. Siamo tornati indietro di dieci anni. Le dosi da 100 grammi scendevano a 80, oppure si allungavano i tempi tra una dose e l’altra.
Ci sono stati casi limite?
“Anzitutto è doveroso dire che c’è stato un grande lavoro dei medici che con un enorme sforzo hanno ricalibrato le cure paziente per paziente, con un costante monitoraggio, garantendo a tutti il dosaggio minimo per mantenere la buona salute. Se per qualcuno non bastava, si tornava ai dosaggi di prima. In alcune regioni non ci sono state complicazioni, in altre invece sì. Ci sono stati due casi, uno in Campania e uno nel Lazio, in cui i pazienti sono peggiorati e sono finiti in rianimazione”.
A cosa sono state dovute le differenze tra un territorio e l’altro?
“Regioni e aziende sanitarie decidono per proprio conto, in Spagna invece c’è un’unica commissione medica nazionale che stabilisce, con un criterio uniforme, l’accesso alle cure. Come associazione abbiamo chiesto alle Regioni, che hanno la competenza sulla Sanità, di adottare un simile provvedimento per richiedere e trovare i farmaci”.
L’emergenza sanitaria per il Covid-19 è stata appena dichiarata conclusa, qual è oggi la situazione dei malati di Cidp?
“L’accesso alle cure sta migliorando gradualmente, persistono ancora difficoltà a livello locale, ma in generale la disponibilità è in ripresa”.