Il plasma è al centro del dibattito, la pandemia ha ridotto la sua reperibilità sullo scenario internazionale ed esiste un rischio concreto che in futuro alcuni prodotti driver plasmaderivati, come le immunoglobuline, possano mancare per i pazienti che ne hanno bisogno.
In Italia, grazie all’impegno dei donatori di sangue e delle associazioni, la raccolta è diminuita appena, e non in modo critico come nei paesi, come gli Usa, dove il dono è prevalentemente a pagamento.
A pochi giorni dall’approvazione del DDL Concorrenza che regolerà alcuni meccanismi di sistema sulla raccolta degli emoderivati, che inciderà sul frazionamento industriale e offrirà nuove risorse per la comunicazione di una cultura del dono che ha bisogno di incontrare nuovi target, si è svolto a Roma un convegno sull’approvvigionamento del plasma in Europa, “The supply of plasma-derived medicinal products in the future of Europe”.
Vedremo se il testo definitivo del DDL sarà arricchito con gli emendamenti richiesti da Avis nazionale e dalle forze politiche compatte a garanzia di una raccolta gratuita che non dia spazio ad alcuna interpretazione più “commerciale” del dono etico, ma intanto abbiamo voluto chiedere al direttore del Centro nazionale sangue Vincenzo De Angelis cosa devono attendersi i pazienti dal prossimo futuro, sulla reperibilità nel medio e nel lungo periodo della risorsa plasma, messa a rischio dalla pandemia per la preoccupazione di molte categorie di pazienti.
Dottor De Angelis, la pandemia ha complicato i processi di raccolta plasma nel mondo, in che modo il nuovo quadro globale può incidere sull’Europa e in particolare sul nostro Paese?
A causa del Covid-19 gli Stati Uniti stanno avendo delle difficoltà nella raccolta, come tutto il resto del mondo, Italia inclusa. Italia ed Europa non sono ancora autosufficienti, quindi se la situazione dovesse protrarsi potrebbe in futuro essere più difficile, e soprattutto più costoso, procurarsi medicinali come le immunoglobuline o l’albumina sul mercato internazionale.
L’Italia è autosufficiente per il 70% circa del suo fabbisogno, mentre per il restante 30% deve ricorrere al mercato. Come si può crescere ancora e quanto ci vorrà per arrivare al 100% di autosufficienza?
Aumentando gli sforzi e l’impegno comune di tutti gli attori del sistema, dal Ministero della Salute fino alla più piccola delle sedi locali delle associazioni di donatori. La percentuale del 100% può fare impressione ma la verità è che non è così fuori portata e, a dispetto della gravità e della volubilità del Covid-19 e delle sue ondate, ci si stava e ci si sta ancora muovendo nella direzione giusta. Il Covid forse è solo servito a ricordarci quanto siano necessari questi sforzi.
Negli ultimi mesi via Donatorih24 abbiamo intervistato molti dirigenti di associazioni di pazienti, riscontrando una certa preoccupazione per ciò che riguarda il loro accesso alle cure, per carenza di plasmaderivati. Sono secondo lei preoccupazioni giustificate?
La situazione va sicuramente monitorata ma questo non vuol dire che i pericoli siano dietro l’angolo. È anche per questo che bisogna muoversi per tempo e noi lo abbiamo fatto, sia a livello nazionale che internazionale, lavorando sempre a più stretto contatto con AIFA con EBA e con altri partner europei e mondiali. Nella scorsa settimana abbiamo avuto modo di confrontarci con loro e di scambiare opinioni ed esperienze nel corso dell’incontro “The supply of plasma-derived medicinal products in the future of Europe” e penso sia stata un’esperienza preziosa e proficua.
Il Centro nazionale sangue è per la donazione gratuita o sarebbe per aprire ai rimborsi? In questo momento il DDL concorrenza è in discussione su alcuni dettagli lessicali.
Il direttore di un organo tecnico come il CNS non esprime opinioni personali su materie normate dalla legge – la 219 del 2005 in questo caso – che peraltro non sono attualmente in discussione.
In uno scenario presente così complicato, con la pandemia che non finisce e una guerra nel cuore dell’Europa, perché affidarsi al mercato è pericoloso? Questione di prezzi? O di approvvigionamenti?
Il mercato si basa sui rapporti tra domanda e offerta. Ora come ora il prodotto driver tra i plasmaderivati è rappresentato dalle immunoglobuline che a livello clinico stanno trovando sempre nuove applicazioni. La pandemia di Covid-19 ci ha mostrato che anche un aspetto della nostra vita che diamo per scontato può subire alterazioni improvvise e imprevedibili. Purtroppo anche la possibilità di reperire farmaci plasmaderivati sul mercato non va sempre data per scontata, ci si potrà trovare di fronte ad aumenti di prezzi oppure in futuro il mercato Usa potrebbe trovare nuovi e redditizi sbocchi, come la Cina ad esempio. Una gestione più oculata dei farmaci a disposizione e un lavoro costante di concerto con le Regioni e le associazioni di donatori serve anche a mettersi al riparo da quelle che sono fluttuazioni legate al concetto stesso di mercato.
Sarebbe utile secondo lei una campagna nazionale sui media mainstream per favorire la raccolta? Com’è stato per la campagna vaccinale, per intenderci?
Non essendo del settore (la comunicazione, n.d.r.) non saprei valutare bene i pro e i contro. Finora però il lavoro svolto dalle associazioni di donatori è stato ottimo, sia quando la donazione di sangue ed emocomponenti è stata sotto la luce dei riflettori, sia quando si è trattato di muoversi a luci spente. È stato ottimo anche negli ultimi mesi, quando alle solite difficoltà si sono aggiunti i problemi logistici e organizzativi legati a una pandemia e, come se non bastasse, pure le assurde campagne di disinformazione che mettevano in dubbio la sicurezza del sangue dei vaccinati. Ribadisco quanto detto sopra, però, in fondo potrebbe bastare solo un piccolo sforzo in più per raggiungere un risultato molto importante per migliaia di pazienti.