L’importanza dell’autosufficienza sul plasma, e la percezione di tale obiettivo come un asset strategico nazionale, hanno guadagnato forza e presenza nel dibattito pubblico in seguito alla pandemia, frangente in cui la parola plasma è entrata a far parte del dibattito mainstream come potenziale rimedio emergenziale.
Ma ora che la pandemia vive una fase diversa, non bisogna smettere di parlare dell’universo plasma e di ricordare che una raccolta efficiente e organizzata sul lungo periodo è ciò che può consentire al sistema sanitario italiano di avere sempre a disposizione quei farmaci salvavita che sono necessari per la salute di tantissimi pazienti.
Verso il 2022, ecco allora il quadro generale di come si presenta il sistema e dei numeri che proverà a realizzare.
Il sistema italiano di produzione di farmaci salvavita, lo ricordiamo, funziona in conto terzi: è un meccanismo assolutamente peculiare del nostro Paese che ha dimostrato di funzionare benissimo, ed è invidiato da moltissimi paesi sul piano internazionale.
Significa che il plasma raccolto grazie alle donazioni – gestite dalla salute pubblica attraverso associazioni di donatori e centri di raccolta – resta sempre un bene pubblico.
Le industrie lo lavorano trasformandolo in farmaci, e in questa forma lo restituiscono al sistema sanitario nazionale e vengono retribuite per questo servizio. I farmaci realizzati grazie al plasma dei donatori italiani sono riconoscibili grazie a un pittogramma di qualità stampato sulle confenzioni.
Ciò assicura elevati gradi di sicurezza e i ben noti standard di controllo e salvaguardia la donazione anonima, volontaria, gratuita, associata e organizzata, tutti valori chiave che devono essere salvaguardati a tutti i livelli.
Per gestire questo conto terzi, le regioni sono organizzate in “Aggregazioni regionali”, ben definite dall’immagine in figura 1, in cui per ogni aggregazione è indicato l’apporto quantitativo nel quadro nazionale.
Sono 4, attualmente, le industrie che ricevono e lavorano il plasma: Takeda, Grifols, Kedrion Biopharma e Csl Behring.
In figura 2, ecco la situazione più recente secondo i dati del Cns, ovvero le quantità di plasma che mancano per ottenere l’obiettivo di autosufficienza 2021 quando mancano solto due mesi di misurazione (a breve saranno disponibili i dati di raccolta di novembre) per avere il quadro definitivo.
Per ottenere l’obiettivo 2021, mancano 149.409 chilogrammi di plasma e se consideriamo che nella rilevazione di ottobre il dato di raccolta era di poco superiore a 75.000 chili, va da sé che basterà ripetere due mensilità identiche per andare a bersaglio.
Attualmente l’autosufficienza plasma in Italia raggiunge circa il 70% del fabbisogno, mentre per il restante 30% c’è la necessità di reperire i farmaci sul mercato.
Uni scenario rischioso specie in tempo di pandemia.
Nel momento più difficile la raccolta negli Stati Uniti, che da soli producono più del 60% del plasma mondiale, ha registrato cali mostruosi, facendo ipotizzare politiche protezioniste che metterebbero a rischio la reperibilità dei farmaci stessi.
Diventa necessario, dunque, accrescere a breve i livelli di autosufficienza nazionale.
Per il 2022, allora, l’obiettivo dovrà essere quello di riprendere la crescita costante in termini di raccolta messa a rischio dalla pandemia, in base alle indicazioni che Vincenzo De Angelis, direttore del Centro nazionale sangue, ha fissato nell’intervista rilasciata qualche giorno fa a Donatorih24.
Facilitare l’accesso ai centri di raccolta per i donatori, formare medici trasfusionisti specializzati e lavorare sulle campagne e sulla sensibilizzazione, lavorare sui giovani entrando nelle scuole e favorendo programmi di formazione. Lavorare sui social spiegando bene cos’è la aferesi, quante volte si può fare e quali sono le categorie di donatori più adatti a donare con questa tecnica.
Le ricette si conoscono, e con il Piano nazionale di rinascita e resilienza non dovrebbero venire a mancare le risorse.