Anticorpi monoclonali: 25 domande e risposte (chiare)
su una delle cure più promettenti contro il Covid-19

2021-02-04T13:03:36+01:00 20 Gennaio 2021|Primo Piano|
anticorpi monoclonali di Laura Ghiandoni

Cosa sono gli anticorpi monoclonali? E a che punto è la sperimentazione in Italia? La dottoressa Claudia Sala, Senior Scientist del Monoclonal Antibody Discovery (MAD) Lab di Fondazione Toscana Life Sciences, punto di riferimento nazionale su questo tipo di ricerca, risponde a 25 domande su una delle cure, sostenute da Aifa, più promettenti nella lotta al Covid-19.

Anticorpi Monoclonali Toscana Life Sciences

Claudia Sala, senior scientist MAD Lab

1. Che cosa sono gli anticorpi monoclonali?
Gli anticorpi monoclonali sono proteine, chiamate anche immunoglobuline, prodotte dai linfociti B del nostro organismo. Si chiamano monoclonali perché ogni anticorpo origina da un clone di linfociti B. Il clone è un aggregato di cellule tutte uguali, derivanti da proliferazione di una singola cellula. Ne consegue che ogni linfocita B produce uno e un solo tipo di anticorpo.

2. Che differenza c’è tra plasma iperimmune e anticorpi monoclonali?
Il plasma iperimmune è un derivato del sangue contenente anticorpi. In questo caso però abbiamo tanti anticorpi diversi, prodotti da linfociti B diversi, che sono stati rilasciati nel sangue. La differenza con gli anticorpi monoclonali è evidente: il monoclonale è un solo tipo di anticorpo; il plasma iperimmune contiene tanti tipi di anticorpi (si dice policlonale).

3. Il sangue dei guariti che ruolo riveste nella ricerca di un anticorpo monoclonale?
Riveste un ruolo fondamentale perché dal sangue dei guariti si possono isolare i linfociti B, produttori degli anticorpi monoclonali.

4. Come avete compiuto la ricerca di donatori guariti da Covid-19?
L’ospedale Spallanzani di Roma e l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Siena hanno reclutato i pazienti convalescenti da COVID-19 dopo approvazione di un protocollo clinico da parte dei comitati etici competenti e dopo firma del consenso informato da parte dei pazienti.

5. Che differenza c’è tra vaccino e anticorpi monoclonali?
Il vaccino insegna al sistema immunitario a riconoscere il nemico (batterio o virus) in modo che possa essere preparato ad affrontarlo quando questo si presenterà. Affrontare il nemico significa indurre la capacità di produrre anticorpi.

In questo senso, il vaccino genera memoria nel sistema immunitario e ha bisogno di qualche settimana per poter esercitare la sua azione con efficacia. L’anticorpo monoclonale non induce memoria e non insegna al sistema immunitario a riconoscere il nemico. Per contro, il monoclonale è un farmaco “pronto all’uso” che può difendere dall’infezione subito dopo averlo ricevuto.

6. Gli anticorpi monoclonali sono utili per la prevenzione della patologia di Covid-19?
Si, come spiegato nella risposta precedente i monoclonali possono difendere dall’infezione rappresentando una sorta di scudo pronto all’uso.

7. Sono utili per rendere immuni dal contagio di Covid-19?
L’anticorpo monoclonale non garantisce quell’immunità in senso stretto che invece il vaccino conferisce. Questo perché il monoclonale ha una vita media limitata a qualche mese. Invece, se per “immuni” intendiamo “temporaneamente protetti” allora sì: il monoclonale esplica un’azione di protezione.

8. Se sì, per quanto tempo?
L’azione protettiva del monoclonale è limitata a qualche mese, circa 4-6 mesi.

9. A che punto è la sperimentazione dell’anticorpo monoclonale contro il Covid-19 realizzata dal laboratorio MAD?
Il monoclonale candidato è stato prodotto da Menarini ed è ora pronto per la sperimentazione sull’uomo che inizierà ai primi di febbraio.

10. In cosa consiste l’approccio sperimentale della Reverse Vaccinology ideata dal dottor Rino Rappuoli?
“Reverse Vaccinology” è l’alternativa alla vaccinologia classica. Mentre nella vaccinologia classica si parte dal patogeno (virus o batterio), lo si inattiva (cioè lo si rende innocuo) e si usa il patogeno inattivo come vaccino, nella reverse vaccinology si parte dalla sequenza del DNA genomico di un batterio patogeno, si identificano i geni codificanti per le proteine che potrebbero indurre una risposta immunitaria importante, si esprimono queste proteine in modo ricombinante in laboratorio e si valuta la loro capacità di indurre la sintesi di anticorpi protettivi sia nel modello animale che nell’uomo.

Se il risultato è positivo, queste proteine diventano componenti di un vaccino. In questo modo è stato prodotto dal Dr. Rappuoli il vaccino anti-meningococco B, che rappresenta l’esempio più classico di “Reverse Vaccinology”.
Invece, la “Reverse Vaccinology 2.0” rappresenta l’ultima evoluzione della metodica e consiste nell’isolare linfociti B da persone convalescenti o guarite da una infezione batterica o virale per identificare gli anticorpi neutralizzanti e, partendo da questi, disegnare farmaci o vaccini.

11. Quando è previsto l’arrivo in commercio dell’anticorpo monoclonale del MAD Lab contro il Covid-19 in Italia?
Come spiegato in una risposta precedente, l’anticorpo monoclonale candidato dovrà prima superare i test clinici sull’uomo. Se questa fase sarà positiva, si prevede che l’anticorpo sia disponibile da aprile-maggio.

12. Quali saranno i criteri per la selezione del paziente a cui somministrare la terapia?
La sperimentazione clinica si articola in più fasi:
La fase I valuta la sicurezza del prodotto su persone sane e si svolgerà all’ospedale Spallanzani di Roma e al Centro Ricerche Cliniche a Verona.
La fase II coinvolge persone infette da SARS-CoV-2 e valuterà l’efficacia dell’anticorpo.

13. A che punto dell’infezione è possibile somministrare l’anticorpo?
La sperimentazione clinica fornirà una risposta a questa domanda. Allo stato attuale è prematuro formulare ipotesi anche se, in base a studi simili, si ritiene che il monoclonale debba essere somministrato il prima possibile.

14. La fascia d’età dei pazienti?
Come indicato sopra, la sperimentazione clinica fornirà una risposta a questa domanda.

15. Verrà data la precedenza ad alcune fasce della popolazione specifiche?
Sì, potrebbe succedere.

16. Se sì, quali?
Ritengo che la priorità debba essere data a coloro che, per la professione svolta o per la storia clinica, sono più a rischio di contrarre l’infezione.

17. Si dice che gli anticorpi monoclonali siano costosi. Quanto costerà essere sottoposti a somministrazione di anticorpo monoclonale?
Al momento è impossibile fare una stima dei costi. Possiamo però dire che il costo dipenderà dalla quantità di anticorpo necessaria per ottenere l’effetto clinico sperato. Se abbiamo un anticorpo molto potente dovremo verosimilmente somministrarne meno, contenendo così i costi.

18. L’anticorpo monoclonale come si somministrerà?
La sperimentazione clinica valuterà la somministrazione intramuscolare.

19. Quali sono state le difficoltà maggiori incontrate nel lavoro di ricerca?
Non parliamo di difficoltà quanto piuttosto di fasi critiche che, se non superate in modo adeguato, avrebbero compromesso il successo. Tra queste, sicuramente la possibilità di riprodurre in vitro, cioè in laboratorio, gli anticorpi potenti isolati dai pazienti convalescenti. Essere riusciti a riprodurre in vitro la stessa molecola nata nell’uomo è stata la chiave di volta che ha garantito il successo del progetto.

20. Quali sono state le professionalità necessarie per lo sviluppo della ricerca?
Il team di ricerca è costituito da microbiologi, biologi molecolari, immunologi, biologi cellulari, biochimici, bioinformatici. In più, il team del MAD-Lab ha potuto contare sul supporto tecnico-amministrativo-gestionale da parte della Fondazione Toscana Life Sciences.

21. Qual è il procedimento per realizzarli in laboratorio?
Dal sangue dei pazienti convalescenti si isolano le cellule B, capaci di produrre anticorpi. Queste sono coltivate in vitro in modo che, proliferando, producano gli anticorpi che sono poi testati per la loro capacità di legame alla proteina Spike del virus SARS-CoV-2 e per la loro capacità di inattivare il virus stesso.
Una volta identificato l’anticorpo potente si torna alla cellula B che l’ha prodotto e si sequenzia la parte di DNA della cellula che contiene i geni codificanti per l’anticorpo.

Questi geni sono poi clonati, ovvero trasferiti in linee cellulari di origine umana per poter produrre l’anticorpo in forma ricombinante in laboratorio nella quantità desiderata. L’anticorpo si purifica poi tramite tecniche biochimiche.

22. Che tipo di sperimentazioni sono necessarie per verificarne l’efficacia?
Esistono saggi in vitro, cioè in provetta, che permettono di valutare la capacità dell’anticorpo di legare la proteina Spike del virus e di inattivare il virus stesso. Ci sono poi saggi in vivo, nel modello animale, e infine la sperimentazione sull’uomo.

23. Quali tipi di autorizzazione sono necessari per la commercializzazione?
Tutti i farmaci devono essere autorizzati dall’EMA (European Medicines Agency) e dall’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco).

24. Ci sono altri tipi di verifiche a cui verranno sottoposti?
Prima dei test sull’uomo, occorre che sia validata la sterilità del prodotto ed è necessario che si effettuino test di tossicità.

25. La produzione dell’anticorpo monoclonale in quantità massicce come verrà compiuta e da chi?
Al momento non possiamo dare una risposta precisa. Ci sono interlocuzioni con il Governo Italiano al fine di valutare l’opzione più sicura e rapida.