L’emozionante filo che lega i donatori ai pazienti colpiti da Itp: la storia di Barbara

2020-12-02T03:53:51+01:00 2 Dicembre 2020|Storie|
immunoglobuline itp di Laura Ghiandoni

“Ricordo quando nel 2010 ho avuto una ricaduta di Itp e all’epoca sono andata in ospedale. Il mio compagno mi ha chiesto: “Quale gruppo di sangue hai?”

Ho risposto: “Zero positivo”. Lui mi ha detto: “Se ti serve il sangue te lo do io”. Oggi quando penso alla frase che si dicono gli innamorati, – il classico ti amo – non mi sembra abbia il valore di quelle parole”.

Barbara Lovrencic

Barbara Lovrencic, presidente di Aipit (Associazione Italiana Porpora Immune Trombocitopenica), racconta la sua vita vissuta con Itp, una patologia rara.

La Piastrinopenia autioimmune è una malattia nella quale il sistema immunitario distrugge le piastrine e di conseguenza rende il paziente soggetto a emorragie più o meno frequenti. La cura, che viene somministrata ai pazienti nei momenti più severi delle ricadute è composta da immunoglobuline e in alcuni casi da trasfusioni di sangue.

Le immunoglobuline, spiega Barbara “sono un liquido trasparente che non ti fa pensare al sangue, ma proviene dai donatori. Quasi tutti i pazienti con Itp hanno ricevuto le immunoglobuline. Vengono utilizzate per situazioni in cui le piastrine sono a livelli molto bassi”.

E per ciò che riguarda l’esperienza personale con Itp racconta: “Sono molto grata verso i donatori. A quattro anni mi sono ammalata e la trasfusione più importante l’ho fatta a 9-10 anni.

Vedevo le sacche di sangue arrivare per me e mi ponevo più di una domanda. Mi chiedevo quante persone si fossero occupate di farmi avere quel sangue. Ricevere qualcosa da qualcun altro ti fa pensare di non essere solo”.

E aggiunge: ”La malattia è altalenante, quando stai male cerchi appoggio e conforto, quando stai bene cerchi di andare avanti con la tua vita il più possibile. Ma ogni volta che c’è una ricaduta grave, ci si sottopone a infusione di immunoglobuline

Ancora oggi, Barbara sente il valore emotivo del gesto: “Quando passo davanti all’ospedale e vedo la scritta Fidas mi emoziono sempre”.

Con l’epidemia di Covid, le cose tuttavia non sono come prima e Barbara ci racconta cosa è cambiato: “Tutto è diventato telematico e si fa tutto da remoto. Si evita di andare in ospedale per i controlli quando è possibile”.
Il presente tuttavia, sul piano dell’accesso alle cure non è negativo.

Barbara ce lo spiega con una nota di sollievo: “In Italia negli anni non abbiamo avuto segnalazione di mancanze di immunoglobuline.

Ma, poiché l’Aipit è fondatrice insieme ad altre associazioni dell’International ITP Alliance, cioè l’organizzazione che riunisce i pazienti di tutto il mondo affetti da questa patologia rara, sappiamo che negli altri paesi non è così”.
Infatti, aggiunge: “Nel 2018-2019 negli Stati Uniti si è verificata una mancanza importante di immunoglobuline, problema di cui si è discusso”.

E commenta: “Non avendo un sistema sanitario nazionale come il nostro, in America le regole di mercato influiscono sulla disponibilità di questo tipo di cura. Da sempre sono molto riconoscente del sistema sanitario italiano, nonostante tutti i suoi difetti. Confrontandolo con tutti gli altri sistemi europei ha sicuramente molti punti di forza”.

Il perché è lei stessa a indicarlo, con un esempio esplicativo. “In Inghilterra parlando con alcuni pazienti colpiti da Itp è emerso che uno dei fattori che fanno decidere al medico se utilizzare una certa terapia o no, è il costo. Ma non si rivela sempre la scelta migliore. Anzi.”