Il dono, le parole del nuovo direttore del Cns

2020-09-03T13:33:48+02:00 14 Agosto 2020|Attualità|
di Giancarlo Liviano D'Arcangelo

La sua nomina è arrivata solo pochi giorni fa, e su Donatorih24 abbiamo subito potuto assaggiare le sue primissime dichiarazioni da nuovo direttore del Centro nazionale sangue. Ma per entrare nel merito di questioni come l’autosufficienza ematica nazionale e futuro del sistema trasfusionale, ecco in esclusiva la primissima intervista rilasciata dal professor Vincenzo De Angelis.

Professor De Angelis, innanzitutto complimenti per la nomina e buon lavoro. Arriva in un momento delicato, dopo mesi difficili per l’epidemia di Coronavirus, per cui in autunno il ruolo delle istituzioni sul piano dell’ottimizzazione e monitoraggio della raccolta sangue sarà importantissimo. È preoccupato dai prossimi mesi?

Direi piuttosto che sono fiducioso; fiducioso che l’altruismo e la generosità che animano da sempre il Volontariato del sangue e lo spirito di servizio caratteristico dei Professionisti italiani della trasfusione renderà meno gravoso l’indubbio impegno che le Istituzioni sono chiamate a svolgere per coordinare le attività e garantire che la richiesta di prodotti del sangue da parte dei clinici trovi puntuale soddisfacimento nella disponibilità dei servizi trasfusionali. Questo vale non solamente per i prodotti “tradizionali”, ma anche per emocomponenti ancora in studio, come il cosiddetto “plasma immune”; per quest’ultimo, una stretta relazione con l’istituto Superiore di Sanità e con il Comitato tecnico scientifico per l’emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2 sarà ovviamente indispensabile.

Il logo del Cns

Le sue prime parole, di buon auspicio, hanno sottolineato l’importanza del lavoro di coordinamento tra le tre gambe del sistema trasfusionale. Quali sono i suoi obiettivi di lungo termine per il sistema trasfusionale italiano?

Sul medio-lungo periodo è necessario costruire rapporti efficaci tra gli organi centrali, di indirizzo e coordinamento del sistema trasfusionale, e le strutture regionali che di questa programmazione sono gli attuatori ma anche gli utilizzatori per il corretto funzionamento del sistema sanitario; è anche necessario rendere il più partecipata possibile la condivisione degli obiettivi e degli strumenti per la loro realizzazione, creando una continua comunicazione bidirezionale tra la programmazione centrale e quella regionale, con informazioni chiare e puntuali e con agili e veloci aggiustamenti quali-quantitativi del sistema, coinvolgendo le Associazioni e Federazioni dei donatori di sangue. Eliminare gli appesantimenti burocratici che qui e là ancora affastellano l’organizzazione è un preciso impegno delle Istituzioni che è mio dovere perseguire. Bisognerà poi lavorare con il ministero della Salute e con le Società scientifiche della trasfusione per identificare le migliori modalità atte a superare gli ostacoli al lavoro dei servizi trasfusionali, in particolare per affrontare le difficoltà derivanti dalla carenza dei professionisti nel sistema. Infine è necessario istituire tavoli di confronto tra i quattro accordi interregionali per la plasmaderivazione, finalizzati a garantire scambi adeguati e costanti di farmaci plasmaderivati tra Regioni, in modo da sfruttare appieno il potenziale etico ed economico del plasma raccolto dai nostri servizi trasfusionali, così da dare una spinta ulteriore all’autosufficienza nazionale.

Le associazioni fondano il loro operato su valori del dono molto consolidati nel nostro paese, come anonimato, volontariato e soprattutto gratuità, un principio talvolta messo in discussione da alcuni stakeholder nell’ottica di facilitare la raccolta. Qual è la sua posizione in tal senso?

Non mi risulta che in Italia questo principio sia mai stato messo in discussione, e certamente l’Istituzione che rappresento ha il compito preciso di riaffermarlo e difenderlo.

Vincenzo De Angelis

Su Donatorih24 raccontiamo spesso la situazione geopolitica riguardante la raccolta plasma mondiale, che per lo più è prodotto negli Usa, mentre l’Italia è autosufficiente per il 70% e per il restante 30% deve ricorrere al mercato. È possibile crescere nei prossimi anni il livello di autosufficienza? E come ci si può difendere dalla sperequazione produttiva?

Certamente manca ancora all’autosufficienza ma la situazione è già migliore rispetto ad anni fa; in fondo l’effetto combinato dell’aumento della raccolta e delle migliori rese industriali dei farmaci emoderivati derivanti dalle nuove convenzioni con le diverse aziende farmaceutiche ha ridotto il nostro debito; ma il monitoraggio continuo e il ritorno informativo alle regioni su produzione e consumo devono essere lo strumento per colmare il rimanente divario, almeno per i prodotti di più elevato impiego e strategicamente più rilevanti, come le immunoglobuline e l’albumina. E’ però anche necessario che i clinici utilizzatori si interroghino sugli strumenti per garantire l’impiego appropriato dei prodotti del sangue, perché un uso inappropriato è uno spreco di una risorsa insostituibile; anche su questo versante credo che ci sia molto da lavorare, perché in alcuni contesti sembra ci siano notevoli margini di miglioramento. Insomma, come diceva un mio vecchio amico donatore di sangue “non una goccia deve mancare, ma non una goccia deve andare sprecata”.

Chiudiamo con una sua definizione di dono del sangue e con un suo messaggio ai cittadini italiani per sensibilizzarli sul tema del dono. Perché è importante andare a compiere questo gesto nel centro trasfusionale più vicino?

Non posso dare definizione del dono del sangue più bella di quella dell’evangelico “gratis accepistis, gratis date”: date gratuitamente ciò che avete ricevuto gratuitamente”. In fondo, è un piccolo gesto (da fare nel centro di raccolta sangue per noi più comodo, ce ne sono tanti) che serve a tanto e a tanti, inclusi noi stessi dato che ci consente anche di tener d’occhio la nostra salute. Va ricordato che la donazione di sangue deve essere consapevole in tutti i sensi e pertanto la prenotazione delle donazioni è un elemento indispensabile per salvaguardare, in quest’epoca di pandemia, la salute dei donatori, degli operatori e, in generale, della collettività.