“Non esiste un prodotto di laboratorio che possa sostituire il gesto di un donatore. I farmaci plasmaderivati sono la nostra speranza di vita”. Alessandro Segato è il presidente di Aip, l’Associazione immunodeficienze primitive. È affetto da Idcv, cioè immunodeficienza comune variabile, una patologia nella quale il midollo smette di produrre immunoglobuline o ne produce una quantità irrisoria e di scarsa qualità.
Si cura grazie ai donatori. Vive grazie ai donatori che, con la loro scelta etica, permettono di ricavare i farmaci plasmaderivati di cui ha bisogno. La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Programma di autosufficienza nazionale del sangue e dei suoi prodotti, rappresenta per Segato e per migliaia di altri pazienti la più importante garanzia alla luce della patologia da cui sono affetti e delle terapie a cui devono sottoporsi. Il documento, infatti, indica i consumi storici, i livelli di produzione necessari, le linee guida per la compensazione interregionale, nonché criteri e modalità che le singole regioni devono adottare per contribuire al raggiungimento dell’autosufficienza nazionale di emocomponenti e la produzione di farmaci plasmaderivati.
“Il fatto che sia stato stilato un programma che obbliga le Regioni a un lavoro di programmazione per raggiungere l’autosufficienza, per noi significa avere la garanzia di poterci curare – spiega Segato a DonatoriH24 -. A oggi non esiste un farmaco da laboratorio in grado di sostituire le immunoglobuline ricavate dal plasma donato, per questo per noi l’impegno dei donatori è vitale“. Anche perché come confermano dati ufficiali della Ipopi (l’Organizzazione internazionale delle associazioni di pazienti con immunodeficienze primitive), se dovessero mancare le immunoglobuline la procedura da seguire è quella di un vero e proprio sorteggio tra i pazienti: “Siamo molto preoccupati – prosegue – perché in quel caso si dovrebbe procedere per esclusione. Prima i bambini, poi le donne, poi gli anziani, e così via. Recentemente abbiamo lamentato questa situazione anche all’Aifa, ecco perché è bene che vi sia un documento che impegna tutti a lavorare con programmazione”.
Programmando, infatti, anche nel periodo estivo è stato possibile contenere le carenze e permettere a tanti pazienti di continuare a contare sulle terapie necessarie: “Noi viviamo grazie ai donatori e grazie a loro le nostre famiglie hanno una speranza. La malattia è un qualcosa che coinvolge l’intero mondo che ruota intorno al paziente – conclude – ecco perché saremo sempre al fianco delle associazioni che, con il loro lavoro, ci permettono di essere qui a raccontare la nostra esperienza”.
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