Il Comitato nazionale di bioetica ha dato il via libera alla possibilità di trapiantare in pazienti sani (anti-Hcv negativi), organi che provengono da donatori positivi agli anticorpi dell’epatite C (anti-Hcv positivi).
Il quesito era pervenuto il 6 aprile dal Direttore del Centro nazionale trapianti (Cnt) dell’Istituto superiore di sanità (Iss) alla commissione del Cnb che, sulla base delle proprie competenze limitate al piano bioetico, ha fornito a metà luglio le motivazioni che hanno portato a un parere positivo.
A quanto risulta, il ricorso a donatori a rischio standard non ha fatto registrare “differenze significative” nella sopravvivenza. Infatti, il trattamento dell’infezione dopo il trapianto è più efficace, costa meno e abbrevia i tempi di attesa per gli organi donati. Le esperienze positive di molti successi medici sia in Italia che all’estero, hanno infatti confermato che il trapianto di un organo infetto da epatite, seguito da un trattamento con farmaci adeguati, sia stato più efficace e meno costoso rispetto alla cura dell’organo prima del trapianto.
Un aspetto positivo è appunto la riduzione dei tempi per avere organi disponibili. Negli Stati Uniti ad esempio, un tipico paziente di circa 60 anni in emodialisi, scegliendo il trapianto di un rene da paziente anti-Hcv positivo, aspetterebbe otto mesi, contro i due anni previsti per un rene sano. Questo significa ottenere sei mesi di vita in più, con un risparmio sui costi della vita e della cura.
Criterio imprescindibile per un trapianto da organo infetto è, come sottolineato dal Cnb: L’acquisizione di un consenso libero, preventivo, compiutamente informato e verificato, che renda quindi pienamente consapevole il paziente della scelta compiuta.
Bisogna considerare soprattutto il conseguente aumento degli organi disponibili per tutti i pazienti in lista, così come viene riportato nel parere del Comitato: l’utilizzo di tali organi aumenta le chance di salute e di sopravvivenza per tutti – spiegano infatti dal Comitato – la maggiore disponibilità, in numero assoluto, di organi da trapianto, favorisce indirettamente anche il gruppo in lista d’attesa che si trovasse nelle peggiori condizioni.
«I vantaggi derivanti dalla disponibilità dei donatori HCV positivi sono duplici: sia in termini di riduzione dei tempi di attesa per il trapianto che di costi sanitari, a fronte della spesa per la terapia antivirale, perché si riduce la mortalità in lista di attesa per trapianto e la spesa derivante dalle terapie di supporto per pazienti affetti da gravi insufficienze di organo», ha spiegato a Donatorih24 Lucio Caccamo, chirurgo al Policlinico di Milano.
Secondo Caccamo il rischio effettivo per il ricevente, nel caso in cui si parli di donatori potenzialmente infetti, è minimo: «sono donatori tendenzialmente giovani, mentre l’età media dei negativi è ormai alta», ha concluso.