«Quel giorno che mio fratello
si ferì in un incidente»

2018-06-18T15:20:26+02:00 18 Giugno 2018|
di Luigi*

Il mio nome? E’ quello delle migliaia di donatori italiani che aiutano il prossimo. Non sono un eroe e la pubblicità non serve. Non conoscevo la parola donazione, avevo visto qualche volta dei manifesti che i volontari dell’Avis venivano ad affiggere sulla nostra bacheca in deposito e ammetto che non mi ero fermato a leggerli nemmeno una volta. Una ventina di anni fa, forse qualche cosina di più, mio fratello venne coinvolto in un grave incidente stradale. Doveva essere operato e mia cognata mi disse che dall’ospedale le avevano chiesto di trovare 3-4 donatori perché per quell’intervento alle gambe serviva molto sangue. La mattina seguente, a digiuno, andai al San Camillo, un ospedale di Roma, e mi si aprì un mondo.

Ancora mi commuovo a raccontare quella prima donazione. C’era tanta gente che aspettava il turno per donare, il personale era gentile. Nell’aria si sentiva un buon odore di caffè. Arrivò il mio turno e un medico mi spiegò tutto quello che avrei ricevuto e dato. Mi fecero una bella visita, mi misurarono la pressione e mi fecero un prelievo di sangue per le analisi. Erano anni che non facevo un controllo sanitario di questo tipo ed ero contento anche perché voglio avere la salute perfetta quando guido e ho sulle spalle la responsabilità di tanti passeggeri. Poco dopo  era disteso su un lettino per le donazioni e finita l’operazione venni invitato a fare colazione. Avevo fame e quel profumo di caffè mi stuzzicava l’appetito. Mi offrirono due cornetti e il bicchierino di caffè. Ringraziai e chiesi quando dovevo pagare e una signora rispose che doveva essere lei a pagare me per la mia gentilezza.

Qualche giorno dopo ricevetti i risultati delle analisi e l’invito a tornare per diventare un donatore. Non ci feci caso, non pensavo che sarei tornato lì anche se non riuscivo ad appallottolare quella lettera di invito per buttarla via. L’avevo riposta in un cassetto e ogni tanto me la rileggevo. Un giorno, dopo tanto tempo tornai all’ospedale San Camillo e mi proposi come donatore. Sono stato accolto a braccia aperte e presi appuntamento per un’altra donazione. I primi due o forse tre anni mi sono sottoposto alla donazione tradizionale ma poi sono passato alla plasmaferesi che è un po’ più lunga ma mi permette di farlo più spesso.

 

*Luigi è autista dell’Atac a Roma, fa capo al deposito dell’azienda dei trasporti romani che si trova sulla Prenestina, quartiere periferico della capitale.

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