“La pandemia ha lasciato strascichi sui malati di talassemia, i tempi delle visite specialistiche si sono notevolmente allungati e noi abbiamo costantemente bisogno di un puntuale monitoraggio”. Andrea Tetto, presidente dell’Associazione malati anemia mediterranea italiana (Amami), lancia un grido d’allarme sul sistema sanitario, che in questo periodo storico è in difficoltà a tutelare una parte dei pazienti, specialmente quelli legati indissolubilmente al sistema sangue.
L’Organizzazione mondiale della sanità ha da poco certificato la fine dello stato di emergenza sanitaria mondiale per il Covid-19, tuttavia niente è come prima, non soltanto a livello sociale ed economico, ma anche sull’assistenza ai malati cronici. Sull’emergenza aveva acceso i riflettori anche la nostra testata, che nel giugno 2022 ha lanciato la campagna #DaMeaTe per sensibilizzare alla donazione di plasma, attraverso le voci dei donatori.
Presidente Tetto, cosa è l’anemia mediterranea e cosa comporta?
“Si tratta di una malattia genetica ereditaria che causa una produzione deficitaria dell’emoglobina, la proteina che trasporta l’ossigeno nell’organismo. I malati accusano debolezza muscolare, difficoltà a concentrarsi, anche dolori”.
Come si cura?
“Il trattamento consiste in una trasfusione di globuli rossi che avviene in media ogni due settimane. Come si può facilmente intuire, la nostra terapia dipende fortemente dalla sensibilità dei donatori di sangue. In Italia sono circa 7mila i talassemici, buona parte concentrati in Sicilia e Sardegna”.
Il sistema di accesso alle cure ha subito contrazioni a causa della pandemia?
“Le nostre terapie sono somministrate esclusivamente in ospedale. Durante la pandemia sono cambiate le modalità di accesso, le attese e le procedure. Talvolta c’era la paura di entrare negli ospedali, ma non potevamo farne a meno. L’accesso alle nostre cure ha retto, nonostante il calo delle donazioni dovuto a una serie di fattori: dalla diminuzione dei donatori alla mancanza di personale medico che faceva saltare diverse raccolte a livello nazionale. Tuttavia i talassemici hanno avuto le loro cure. Le difficoltà si sono registrate a livello locale, soprattutto nelle regioni ad alto tasso di talassemia dove il periodo tra una trasfusione e l’altra si è allungato”.
Con la fine dell’emergenza sanitaria sono terminate anche le criticità?
“Per quanto riguardo le trasfusioni oggi la situazione si è normalizzata, ma rileviamo un altro problema che prima non c’era”.
Qual è?
“I tempi delle visite specialistiche si sono notevolmente allungati e noi abbiamo costantemente bisogno di un puntuale monitoraggio. I nostri organi principali, come cuore, fegato e reni necessitano di continui esami per verificarne lo stato di salute. Durante la pandemia gli ospedali hanno rimandato tutto ciò che era rimandabile, ora devono recuperare lo storico e per noi i tempi tra un esame e l’altro si sono dilatati. Le liste d’attesa si sono allungate anche di 4 – 5 mesi, prima invece le visite erano normale routine. Per noi, quindi, l’emergenza continua anche dopo il Covid”.