Gli interventi chirurgici annullati nel bimestre di marzo e aprile sono stati secondo le stime circa l’84 per cento. In Italia il numero corrisponde a circa 300mila, dei quali un sesto sono necessari per intervenire su patologie legate al cancro. Per supportare il recupero di tutti questi interventi la raccolta sangue – e quindi la partecipazione dei donatori – è essenziale per fornire la materia prima ai medici che hanno ripreso a pieno ritmo le operazioni e ai pazienti che hanno bisogno di accedere alle cure.
Ma qual è la situazione degli interventi oggi? E come si calcola il numero di sacche per ogni operazione chirurgica? Lo abbiamo chiesto a due medici esperti: il professor La Torre direttore dell’unità di Chirurgia dell’Umberto I di Roma e al medico Mauro Montanari del centro trasfusionale dell’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma.
La situazione degli interventi chirurgici in Italia oggi
Il professor Filippo La Torre, direttore dell’unità di Chirurgia in emergenza e urgenza dell’Umberto I di Roma, a due settimane dall’intervista a Repubblica, ci ha descritto in breve se oggi esiste difficoltà nel reperire le sacche di sangue e se gli interventi sono tornati ad essere effettuati al giusto ritmo.
Professor La Torre, qual è la situazione degli interventi chirurgici in Italia oggi?
Esiste una situazione a macchia di leopardo a livello nazionale, le strutture stanno facendo di tutto per rientrare nei numeri rispetto alla situazione del ritardo causato dal periodo Covid-19. Il recupero nelle strutture più efficaci ed efficienti è stato avviato sia nelle patologie oncologiche che non oncologiche. Nelle altre strutture si è avviato il recupero degli interventi per i malati oncologici in ritardo di trattamento, e a volte anche per le attività elettive.
Nel Lazio e in particolare a Roma, com’è stato il recupero di questa indispensabile risorsa?
C’è stato un momento di difetto nella donazione di sangue in tutto il periodo Covid-19, la situazione è entrata in crisi a causa dell’epidemia, ma poi il recupero è stato rapido ed efficiente. Noi non abbiamo avuto nessuna difficoltà nell’accedere a questa risorsa negli ultimi mesi.
L’intervento chirurgico e il calcolo delle sacche di sangue per sostenerlo
Il responsabile del servizio immunotrasfusionale Mauro Montanari dell’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma, ci ha spiegato come viene calcolato il numero di sacche di sangue durante le operazioni, e in cosa consiste l’applicazione del Patient Blood Management.
Dottor Montanari quali sono i criteri per misurare la quantità di sangue necessaria durante un intervento chirurgico?
Da alcuni anni l’Organizzazione mondiale della Sanità e di conseguenza il Centro nazionale sangue hanno recepito delle linee d’indirizzo a livello mondiale sulla gestione di un paziente candidato alla trasfusione. Questo sia per un supporto medico che per un supporto di tipo chirurgico.
Questa valutazione globale del paziente, che prevede una valutazione pre-intervento, durante l’intervento e post-intervento, si chiama Patient Blood Management.
E’ un approccio multi specialistico che coinvolge alcune figure: la figura dell’anestesista, del chirurgo, del medico trasfusionale.
In che cosa consiste il Patient Blood Management?
Il PBM indica alcune azioni da compiere per utilizzare attentamente la riserva sangue. La metodologia prevede una valutazione delle riserve, considerando le condizioni di salute generali del paziente prima dell’intervento. Viene effettuata un’adeguata valutazione dei livelli di emoglobina nel paziente, una valutazione in corso di intervento che monitora la possibilità di recupero sangue, poi viene considerata la necessità di sangue in base alla tecnica chirurgica – che può essere più o meno invasiva – e in base al monitoraggio delle funzioni vitali. Dopo l’intervento viene misurata la possibilità di un ulteriore supporto trasfusionale sulla base delle condizioni cliniche e dei valori di emoglobina del paziente.
Il Patient Blood Management è una metodologia che ha lo scopo di ottimizzare la strategia trasfusionale con tre finalità: la prima è il miglioramento della salute del paziente, l’altro obiettivo è la prevenzione della trasfusione evitabile, e il terzo punto è la riduzione dei costi globali per la gestione di un paziente.
Ad esempio se una persona è anemica, il medico proverà a correggere l’anemia per trasfondergli meno sangue. Se invece non è correggibile devo calcolare che le sacche utilizzate in media devono essere implementate. Il medico dovrà chiedersi: nel post-operatorio il paziente è a rischio sanguinamento? E dovrà porsi altre domande per capire chi deve trasfondere e quanto deve trasfondere, per evitare che la trasfusione sia eccessiva.
Il Centro nazionale sangue, insieme ai vari Centri regionali sangue, supporta e monitora l’applicazione del PBM, il cui ultimo survey è stato pubblicato sul sito del Cns il 22 luglio. Il documento spiega come questo metodo si stia diffondendo nelle strutture ospedaliere in Italia.
Gli ospedali che non applicano il PBM come calcolano il numero delle sacche di sangue?
Esistono delle pubblicazione di valutazione basate su tipologia di intervento e necessità di sangue che servono ancora da riferimento per molti ospedali, ma che ora sono superate dal PBM.
Si chiama “Maximal surgical blood ordering schedule” e si basa sui dati storici dell’ospedale raccolti dall’esperienza praticata internamente nelle strutture.
Molti ospedali ancora funzionano in questo modo, ma oggi le pubblicazioni di questo tipo vanno completate anche con una valutazione più ampia.
A proposito di sangue, com’è la situazione della raccolta sangue nel Lazio quest’anno?
Il nostro ospedale riesce a garantire tutti gli interventi, noi non abbiamo avuto alcun impatto negativo rispetto alle operazioni rimandate a causa del Covid-19. Il Lazio si trova nella situazione in cui si è trovato in tutti gli altri anni: c’è una carenza che si acuisce in agosto.