Si sta parlando moltissimo del filone di ricerca sulla terapia basata sul plasma dei pazienti guariti da Covid-19, e tra le certezze del protocollo creato per portarlo avanti c’è il ruolo dei donatori di sangue. Per ottimizzare gli sforzi, e accedere senza troppe curve a una qualità di plasma sin da subito molto alta, e determinata dallo stile di vita di donatori associati, periodici e organizzati e dunque consoni a stili di vita coretti, è fondamentale il ruolo delle associazioni e in particolare di quelle del territorio, come Avis Lombardia, che nel protocollo appena partito recita un ruolo di primaria importanza. Per conoscere più nel dettaglio quali saranno le prossime tappe di sperimentazione della cura a oggi dal più alto potenziale contro l’epidemia, e approfondire il ruolo dei donatori lombardi, abbiamo l’intervista a Oscar Bianchi, Presidente di Avis Lombardia, chiamato a svolgere un primo piano nel reclutamento di potenziali donatori. Ecco le sue parole, un altro contributo importante in vista dell’evento di stasera alle 19 in diretta streaming sul sito di Donatorih24.it, durante il quale il punto sulla terapia da plasma iperimmune sarà fatto da alcuni tra i più autorevoli dirigenti italiani e dai ricercatori interessati.
Oscar Bianchi, la Lombardia come sappiamo è una delle zone del paese più colpite dal Coronavirus, ed è importante che una prima risposta concreta, con lo sviluppo di terapie dall’alto potenziale, sia arrivata proprio dall’epicentro. Come nasce questa collaborazione tra Avis, aziende private e aziende sanitarie?
Avis Regionale Lombardia collabora costantemente con Regione Lombardia, in particolare con l’assessorato al Welfare, le Ats e le aziende ospedaliere pubbliche e private del territorio lombardo. In questo progetto il ruolo dei donatori è fondamentale, perché il reclutamento di pazienti convalescenti pone problemi in termini di sicurezza del donatore e del ricevente, cosa che non si verifica nel caso dei donatori iscritti ad Avis, perché costantemente monitorati e la cui idoneità viene verificata ad ogni donazione. Il nostro territorio è stato fortemente colpito da questa emergenza, medici e infermieri hanno lottato e stanno lottando contro un nemico ancora troppo sconosciuto. Forti della sinergia con il sistema salute della Regione, abbiamo aderito a questo progetto in cui crediamo molto e che sosterremo anche con una raccolta fondi dedicata e con tutti i mezzi a nostra disposizione.
La Lombardia ha un bacino di donatori molto grande, quanti donatori quali donatori potrete contattare? Che risposta vi aspettate?
Inizialmente, una prima fase di screening con prelievo del sangue per la ricerca degli anticorpi neutralizzanti, coinvolgerà circa 2.500 donatori di sangue abituali, volontari e periodici residenti nella zona rossa di Lodi, fortemente colpita dall’emergenza Covid-19. Il Laboratorio di virologia molecolare della Fondazione Irccs Policlinico San Matteo di Pavia, effettuerà i Test quantitativi sui prelievi di sangue per misurare il valore degli anticorpi neutralizzanti, che impediscono al virus di replicarsi, così da individuare quei soggetti a cui chiedere una donazione. Il nostro auspicio è quello di estendere il protocollo a tutti i centri di Raccolta Avis Regionale Lombardia, coinvolgendo quindi tutti i 276.000 donatori. Siamo convinti che i nostri donatori risponderanno con entusiasmo e grande partecipazione, come sempre del resto quando proponiamo iniziative, ricerche o studi. Siamo una grande comunità, solidale, unita e sempre pronta a fare del bene.
Entriamo nel merito del protocollo. Il plasma raccolto sarà utilizzato per la maggior per la terapia diretta o parte sarà stanziato per la produzione di immunoglobuline?
Il plasma raccolto sarà utilizzato principalmente per la terapia diretta. Sui donatori dell’area che rispondono ai requisiti richiesti dal protocollo, viene effettuato uno studio sierologico per la ricerca e titolazione degli Anticorpi neutralizzanti anti-Sars-CoV-2 e l’esclusione di infezione in atto tramite tampone. In caso di presenza di anticorpi (ma non del virus!), i donatori potranno donare il plasma: al momento della donazione verranno dosati gli anticorpi anti Sars-CoV-2 e le immunoglobuline frazionate, che si provvederà poi a trasfondere al soggetto ricevente. La vera sfida, rimane comunque produrre immunoglobuline in plasma derivazione industriale, che possano essere usate non solo come terapia ma anche come profilassi nei pazienti fragili o con immunodeficienze.
Il protocollo Lombardo sarà esteso anche in altre zone d’Italia così com’è o potrà essere diverso in qualche passaggio?
Il nostro augurio è che questo protocollo possa essere esteso anche in altre zone. Siamo a conoscenza di diversi studi riguardanti l’utilizzo del plasma per combattere il Covid – 19, ma il coinvolgimento dei donatori Avis è certamente un valore aggiunto. I nostri donatori sono costantemente monitorati, quindi i protocolli per l’utilizzo del loro plasma – rispetto a soggetti comuni – sono molto più rapidi. Inoltre da parte loro vi è sempre grande motivazione e partecipazione, così che possiamo garantire una raccolta periodica programmata.
La plasmaferesi è una pratica che ancora, per molti donatori, è un po’ sconosciuta. È più lunga della donazione del sangue intero e alcuni la valutano meno importante. Riscontra questa situazione anche in Lombardia?
Ogni anno, in Italia vengono prodotte circa due milioni di sacche di sangue e plasma, di cui ben 500 mila arrivano dalla Lombardia. Numeri di cui andiamo fieri e che testimoniano la grande generosità dei nostri donatori. Nel 2019 in Lombardia abbiamo avuto una leggera flessione nel numero delle donazioni di plasma, che comunque raggiungono numeri molto alti e superano gli obiettivi che ogni anno ci prefissiamo. Stiamo investendo molto in campagne informative sull’importanza del plasma, nella cura di numerose patologie rare e per la produzione di farmaci “salvavita”. Dobbiamo far capire ai donatori e a tutti coloro che si avvicinano a questo mondo, che non esistono donazioni di serie A e serie B: donare il plasma è fondamentale quanto donare il sangue. Chi pensa che il plasma non sia importante commette un errore grandissimo. L’utilizzo di questo emocomponente, raccolto ad esempio da soggetti convalescenti, è una grande opportunità terapeutica specie in caso di epidemie per le quali non è disponibile un vaccino, né protocolli terapeutici consolidati, come quella che stiamo vivendo oggi. Protocolli con protagonista il plasma, sono stati utilizzati con efficacia nella terapia di morbillo, varicella, Mers, influenza aviaria H1n1 e H5n1, Sars ed Ebola.
Quanto e cosa si può fare secondo lei sul piano informativo e in comunicazione per rendere la plasmaferesi più familiare? Il protocollo e la terapia da plasma iperimmune offre un’opportunità?
Sicuramente questo progetto ci permette di veicolare ad un numero maggiore di persone l’importanza del plasma per la cura di numerose patologie. In queste settimane, gli studi legati all’utilizzo del plasma nella lotta al Covid -19 raccontati in televisione o sui quotidiani, hanno incuriosito molte persone, e questo per noi è fondamentale. Se in ogni centro di raccolta del sangue, venissero effettuate anche solo tre donazioni in più alla settimana, avremmo un incremento annuo di raccolta di oltre 20 mila chili. Avis Regionale Lombardia ha promosso numerose campagne informative, sull’importanza della donazione del plasma e sicuramente continueremo a concentrare tutti gli sforzi possibili su questo tema, confidando sempre nella generosità dei nostri donatori abituali e cercando di avvicinare sempre più giovani donatori. Per questo è importante veicolare questo messaggio nelle scuole, anche con l’aiuto e il sostegno delle istituzioni: incuriosire i più giovani, avvicinarli al mondo della donazione è un investimento per la salute e il futuro di tutti.