Una differenza di oltre 30mila sacche tra quelle raccolte e quelle necessarie a soddisfare il fabbisogno generale. È la situazione con cui sta facendo i conti la Sardegna, una situazione che, come sottolinea lo stesso assessore alla Salute, Mario Nieddu, ogni anno costa alla Regione 5 milioni di euro.
Ammonta a 83mila il totale delle unità raccolte, a fronte di una richiesta di addirittura 108mila. Un disavanzo che, se non coperto adeguatamente, rischia di compromettere in particolare le trasfusioni di cui necessitano i 1.050 pazienti talassemici che vivono sull’isola: “Dobbiamo fare i conti con esigenze superiori del 30% rispetto al resto del Paese – spiega a DonatoriH24 il presidente di Avis Sardegna, Antonello Carta -. Purtroppo è una realtà con cui conviviamo quasi quotidianamente, ma che nonostante tutto, negli ultimi 10-12 anni, siamo riusciti a contenere. In passato, infatti, la dipendenza dalle altre regioni riguardava circa 40mila sacche, mentre oggi l’abbiamo ridotta a 26mila”. Eppure le difficoltà permangono.
Nonostante la Sardegna sia ai vertici nazionali per donatori abituali e indici di donazione, ha una popolazione di circa un milione e 600mila abitanti sparsi su un territorio piuttosto vasto e, spesso, non ben collegato: “È il motivo per cui chiediamo una migliore sinergia tra strutture sanitarie e realtà associative – spiega -. La collaborazione è fondamentale per garantire il buon funzionamento del sistema sangue”. Ma come fare? Avis in Sardegna conta 168 sedi comunali, “ma – prosegue il presidente – le distanze tendono a rallentare e complicare il sistema di raccolta. Creare nuovi punti sarebbe utile per ridurre i tempi e garantire più velocità nei vari passaggi che poi fanno confluire il sangue nei vari centri trasfusionali”.
Circa il 48-50% del sangue donato nell’intero territorio regionale è frutto dell’attività delle unità di raccolta Avis: “I due terzi del totale vengono utilizzati per garantire le trasfusioni ai pazienti talassemici e questo è un fattore che ci penalizza non poco. Per quel che ci riguarda – conclude – facciamo il possibile, ma spesso anche noi volontari ci scontriamo con le problematiche che vengono segnalate a livello nazionale come la carenza di medici trasfusionisti. Siamo convinti che, con l’impegno delle singole realtà, pubbliche e associative, che lavorano in questo ambito, sia possibile garantire stabilità ed efficienza non solo al sistema sangue sardo, ma dell’intera nazione”.