Scelta etica e azione volontaria non retribuita. Tutto per garantire terapie e, di conseguenza, speranza di vita a tanti pazienti. Donare il sangue significa tutto questo e non solo. Per oltre un milione e 700mila volontari sparsi sull’intero territorio nazionale, un patrimonio tutto italiano, ogni giorno recarsi in un centro trasfusionale vuol dire dare il proprio contributo verso gli altri e, perché no, verso se stessi. Un’occasione per garantire cure al prossimo ed essere incentivati verso un corretto stile di vita, un modo per restare costantemente monitorati e tenere sotto osservazione anche il proprio stato di salute.
Eppure, spesso, capita di non pensare a quale sia il percorso che poi prenderà la sacca, di sangue o plasma, che grazie a noi è stata riempita. Non a caso, le associazioni di volontariato, che quotidianamente sensibilizzano e organizzano eventi per informare sulla cultura del dono, fanno leva sulle testimonianze di coloro che, grazie a quel sangue o ai suoi derivati, si curano e vivono. Anche il Centro nazionale sangue, con una infografica, ha spiegato schematicamente quanto sangue o plasma è richiesto per far fronte a un intervento chirurgico o alle necessità di una persona vittima di un incidente stradale. Proviamo, sinteticamente, a spiegarlo anche qui.
Una volta raccolta, l’unità di sangue intera viene destinata al frazionamento e alla produzione degli emocomponenti, per poi essere lavorata e scomposta. Tutto il sangue intero prelevato in occasione delle donazioni viene frazionato nei centri trasfusionali e il plasma destinato alle industrie farmaceutiche per la produzione di medicinali (contro il tetano o forme di immunodeficienze, tanto per fare un esempio). In tutto questo procedimento, risulta decisiva l’introduzione delle sacche in plastica che rendono possibile il frazionamento del sangue nei suoi singoli componenti. Tanto per fornire qualche dato, da una donazione di sangue di 450 ml si possono ricavare: 180 ml di globuli rossi, tra i 20 e 40 ml di piastrine e una sacca di plasma tra i 180 e i 240 ml.
I globuli rossi sono utilizzati per incrementare il trasporto dell’ossigeno dai polmoni ai tessuti nei casi di gravi anemie (talassemia) o di forme tumorali come la leucemia. Il plasma viene conservato in speciali congelatori che ne abbassano la temperatura, favorendo il suo rapido congelamento, procedura indispensabile per garantire l’efficienza dei fattori di coagulazione presenti al suo interno. Seppur teoricamente illimitata, la conservazione del plasma è indicata in un anno.
Un vantaggio per il trattamento dei componenti viene fornito dall’aferesi, il procedimento con il quale si preleva dal donatore il sangue che viene frazionato, così da trattenere in una sacca gli elementi di cui si ha necessità e reinfondere, allo stesso tempo, al donatore tutti gli altri. Tutto ciò avviene grazie a una macchina chiamata “separatore cellulare” che, appunto, separatamente consente di raccogliere: globuli rossi (ertrocitoaferesi), globuli bianchi (leucoaferesi), piastrine (piastrinoaferesi) e plasma (plasmaferesi).
Estremamente diffusa è proprio quest’ultima perché, una volta donato, il plasma può essere utilizzato per curare diverse patologie. Anche in questo caso, come per il sangue, vengono utilizzati le frazioni, i plasmaderivati, utilizzando solo le frazioni di cui il paziente ha bisogno. Quelle usate principalmente sono: l’albumina (che da sola costituisce il 50% delle proteine in circolazione), le gammaglobuline (formate soprattutto da anticorpi), gammaglobuline specifiche (ricavate da sieri iperimmuni da anticorpi contro virus o batteri. Tra queste l’anti tossina tetanica, l’anti pertosse, l’anti virus della rosolia o l’anti epatite) e i fattori della coagulazione (cioè quelle frazioni che agiscono sulla formazione del coagulo come le globuline antiemofiliche, il fattore VIII, IX e l’antitrombina III).