“I donatori? Per me sono eroi silenziosi. Sono persone che, senza pubblicità o senza che gli venga chiesto nulla, garantiscono la vita ad altre persone. E anche a me”. Alessandro Segato è affetto da Idcv, cioè immunodeficienza comune variabile. Si tratta di una patologia nella quale il midollo smette di produrre immunoglobuline o ne produce una quantità irrisoria e di scarsa qualità.
Oltre a essere un paziente è presidente di Aip, l’Associazione immunodeficienze primitive. Grazie ai farmaci plasmaderivati, nella fattispecie alle immunoglobuline che, ogni quindici giorni, si somministra con infiltrazioni sottocutanee, è qui a raccontare la sua storia. Grazie ai donatori può curarsi. Semplicemente, può vivere. La sua storia inizia nel 2006. Con una broncopolmonite.
“Non avevo ancora compiuto quarant’anni – racconta a DonatoriH24 -. L’infiammazione faticava a ridursi e questo fatto generava apprensione non solo in me, ma anche nei medici: in particolare guardando le radiografie a cui mi sottoponevo che continuavano a mostrare questa macchia sospetta“. Inutile dire a quali patologie andassero i timori di tutti. Poi, un’intuizione: “Un vecchio professore del pronto soccorso dell’ospedale Careggi di Firenze (città natale di Segato, ndr) capì che il problema era generato dalla carenza di immunoglobuline“. Però, nell’immediato, non venne avviata alcuna terapia e la spiegazione lascia di sasso: “I medici del reparto di Immunologia mi dissero che, siccome ormai avevo avuto questo episodio, potevo tranquillamente decidere io se iniziare o meno un trattamento per questa patologia – spiega Segato -. Nei fatti, la responsabilità venne scaricata su di me. Nessun medico mi prescrisse alcuna cura”.
Quando si manifesta la seconda broncopolmonite è il 2009: “A quel punto mi sono rivolto direttamente al reparto di Immunologia e, con l’aiuto di quella che era la mia dottoressa di base, venni indirizzato dalle persone giuste. A settembre di quello stesso anno ho iniziato la somministrazione di immunoglobuline”. Una somministrazione che, nel primo periodo, avveniva una volta a settimana, mentre oggi l’iniezione sottocutanea viene effettuata ogni 15 giorni: “Assumo 14 grammi ogni volta e, a cadenza trimestrale, mi sottopongo agli esami del sangue per verificare se la terapia continua a tenere sotto controllo la malattia”, spiega il presidente.
Quelli dell’autosufficienza per il plasma e della conseguente “indipendenza” dal mercato dei farmaci plasmaderivati sono due temi estremamente caldi e importanti non solo per Segato e gli altri pazienti che, come lui, vivono grazie a questi medicinali, ma anche per il Centro nazionale sangue. In questi giorni il direttore Giancarlo Maria Liumbruno aveva sottolineato come per arrivare agli obiettivi del Piano fosse necessario “aumentare la raccolta di plasma di circa 20mila chili entro il 2020. Uno sforzo alla portata del Sistema sangue italiano”. Una dichiarazione che Segato accoglie con favore: “L’autosufficienza è per noi un obiettivo vitale. Noi malati di immunodeficienze non abbiamo la possibilità di curarci in altro modo, i farmaci che per noi sono salvavita non sono riproducibili in laboratorio, per questo è fondamentale attuare una politica che incentivi e agevoli il più possibile la donazione”.
Segato fa poi accenno anche alla proposta che già nei giorni scorsi era stata avanzata da Aip nel corso della Maratona Patto Salute al ministero della Salute: “È necessaria una politica che istituisca un registro di priorità, in caso di carenza di farmaci, a tutela di quelle patologie, come le nostre, che vedono nei plasmaderivati l’unica cura possibile per restare in vita. Per quel che ci riguarda – conclude il presidente – vogliamo stringere sempre più rapporti con le associazioni di donatori così da raccontare, insieme a loro, le nostre esperienze a quelli che potranno essere i donatori di domani. Le immunoglobuline sono riconosciute come terapia salvavita: è importante per questo che tutti capiscano quanto la scelta di donare il sangue sia preziosa”.
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