Il sangue che verrà. L’intervista al direttore del Cns De Angelis

2021-12-07T14:53:17+01:00 7 Dicembre 2021|Attualità|
motivi di Giancarlo Liviano D'Arcangelo

Che anno è stato per il sistema sangue italiano? Manca poco alla fine del 2021, e come sempre accade in questo momento dell’anno, è già possibile dedicarsi ad analisi e osservazioni su ciò è stato fatto e ciò che si dovrà fare nel futuro prossimo.

Per capire lo stato dei lavori sul sistema trasfusionale italiano, abbiamo intervistato Vincenzo De Angelis, direttore del Centro nazionale sangue. A lui il compito di tracciare un bilancio parziale e di illustrare quale saranno gli obiettivi futuro che un settore così importante della sanità pubblica dovrà inseguire tenacemente.

Direttore De Angelis, è stato un anno molto intenso per il sistema sangue, non possiamo definirlo post-pandemia ma sicuramente c’è stata una ripresa delle attività trasfusionali. Qual è il suo bilancio del 2021? È stato un anno positivo?

Come ha detto lei ci sono stati dei segnali di ripresa, in particolare per quel che riguarda le attività trasfusionali, e dopo un annus horribilis come il 2020 è difficile non apprezzarli. Uno di questi, se mi permette, è stato il World Blood Donor Day. Un evento che, complice il trend favorevole della situazione pandemica, ci ha permesso di riunirci anche in presenza per celebrare i donatori di sangue con un incontro istituzionale e un concerto, e anche di affrontare tanti aspetti della medicina trasfusionale grazie a un simposio scientifico di grande successo. Ma segnali di ripresa a parte è ancora difficile paragonare il 2021 agli anni pre-pandemia, quindi credo sia giusto definirlo un anno di transizione.

sprechi

Vincenzo De Angelis, direttore del Centro nazionale sangue

L’autosufficienza plasma in Italia è intorno al 70%, con il restante 30% da reperire sul mercato. Ci spiega in prospettiva come valuta questa situazione? Vede un mercato sempre dominato dagli Usa?

Dopo un anno e mezzo di emergenza pandemica l’importanza strategica dell’autosufficienza di plasma è ancora più evidente. Non posso dire come evolverà il mercato ma posso dire che una ricetta possibile per colmare il rimanente divario è quella che si fonda su due elementi: monitoraggio continuo e ritorno informativo alle regioni su produzione e consumo, almeno per quel che riguarda i prodotti di più elevato impiego e strategicamente più rilevanti, come le immunoglobuline e l’albumina.  Però tutto questo non basta, c’è bisogno anche che i clinici utilizzatori valutino l’impiego appropriato dei prodotti del sangue, perché un uso inappropriato è uno spreco di una risorsa insostituibile; e su questo versante, non mi stancherò mai di dirlo, c’è ancora molto da lavorare. Mi piace sempre ripetere quello che diceva un mio vecchio amico donatore di sangue: “Non una goccia deve mancare, ma non una goccia deve andare sprecata”.

Il 100% di autosufficienza plasma è un obiettivo raggiungibile secondo lei, anche nel medio o lungo periodo? Se sì, come?

Prima una premessa, l’autosufficienza è di certo un obiettivo da raggiungere ma, badate bene, solo grazie all’ausilio di donatori di sangue non remunerati, che sono i soli in grado di offrire plasma di qualità. Quanto al come, penso che una grande sfida sarà quella di ridurre la forbice tra le diverse realtà regionali, alcune delle quali raccolgono 24kg di plasma ogni mille abitanti, mentre altre ne producono 6. Se in media riuscissimo a produrre 18-20 kg di plasma avviati alla lavorazione industriale ogni mille abitanti, contro i 14 di oggi, l’obiettivo dell’autosufficienza sarebbe sempre più vicino.

Il sistema trasfusionale italiano è di altissima qualità, come testimoniano i dati eccellenti sulla sicurezza, ma una criticità sicuramente aperta è la carenza di medici trasfusionisti. Come si può intervenire?

Questo è un tema critico per molte aree della sanità e lo è ormai anche per il sistema trasfusionale. Abbiamo due strade aperte per affrontare e sperabilmente risolvere il problema. La prima strada è la “reingegnerizzazione” del sistema per capire come ottenere un risultato qualitativamente adeguato usando al meglio le risorse disponibili; penso ad esempio alla valorizzazione di figure professionali come gli infermieri che, in altri contesti come il pronto soccorso, hanno oggi maggiori responsabilità e che potrebbero acquisire funzioni più articolate anche nella gestione dei donatori; ma anche altre figure professionali, come i biologi, i farmacisti, gli ingegneri gestionali, possono trovare importanti spazi di attività nei servizi trasfusionali (nella gestione delle attività di laboratorio, nei sistemi di gestione della qualità di matrice farmaceutica e nei processi gestionali delle catene produttive). Questo consentirebbe di impiegare i medici più proficuamente nelle attività clinico-diagnostiche; ciò può far sì che i giovani medici si affascinino maggiormente al servizio trasfusionale. Del resto Sono molteplici le attività dei Centri trasfusionali che possono attrarre le nuove leve e tante le opportunità da cogliere per il loro futuro professionale. Pensiamo al trapianto di cellule staminali, all’utilizzo di componenti per uso topico per curare, ad esempio, patologie croniche della cute. Deve passare il messaggio che il servizio trasfusionale non è il posto negletto dell’ospedale, ma un luogo dove svolgere attività clinica e poter fare ricerca

Al recente Forum Risk Management di Arezzo lei ha coordinato un bell’incontro con molti degli attori principali del sistema sangue, quanto è importante lavorare in sinergia? Le tre gambe del sistema trasfusionale italiano camminano nella stessa direzione?

Già dal momento del mio insediamento ho voluto sottolineare che gli obiettivi ultimi del sistema trasfusionale sono la qualità, la sicurezza e l’autosufficienza nella disponibilità di emocomponenti ed emoderivati. E questi risultati si raggiungono solo se le componenti di questo sistema lavorano in sintonia e sinergia, relazionandosi costantemente tra loro. Sintonia e sinergia sono elementi che, fortunatamente, non sono mai venuti davvero a mancare, neanche e soprattutto nei momenti più difficili degli ultimi 18 mesi.

Guardiamo al domani. Quali sono i principali obiettivi del sistema trasfusionale per il 2022?

Prima di tutto dovremo assorbire quelli che speriamo siano gli ultimi colpi che la pandemia ha inferto al sistema trasfusionale. Nel contempo dovremo continuare a lavorare su tutti quei temi che abbiamo analizzato nelle domande precedenti, primi fra tutti l’incremento della raccolta del plasma e la gestione della difficoltà del personale.