La crisi climatica è uno dei grandi temi del nostro tempo, ed è ora che le forze attive della società, quelle con più predisposizione ad affrontare i temi comunitari come i volontari di ogni ambito, inizino a percepire il proprio impegno come un’attività multidisciplinare.
Di grande impatto, in questo senso, l’iniziativa patrocinata da Avis Nazionale che s’intitola “PerCorso Varasi”, la serie di tre incontri dedicati ai giovani che su Donatorih24 abbiamo presentato in dettaglio il 29 novembre.
Per seguire gli appuntamenti in programma nei prossimi tre lunedì di dicembre, il sei, il tredici e il 20, dedicati rispettivamente alla crisi climatica, alla riforestazione e alle energie rinnovabili, è sufficiente registrarsi a questo link, ma per approfondire il perché è particolarmente importante creare discorsi e collegamenti interdisciplinari che sappiano raccontare come potrebbe essere il mondo se tutti prendessimo coscienza di quanto serviamo gli uni agli altri, abbiamo intervistato Carlo Assi, coordinatore dell’evento dedicato all’ex dirigente Avis Pietro Varasi e presidente dell’Avis Comunale di Cernusco sul Naviglio.
A lui la parola per descrivere un evento formativo ormai giunto alla sesta edizone e l’impatto che il dialogo su temi così importanti può avere sulle nuove generazioni.
Carlo Assi, in questa edizione del “PerCorso Varasi”, vi è una grande apertura a temi della contemporaneità come crisi climatica, riforestazione ed energie rinnovabili. Un cittadino che dona sangue è anche un cittadino più sensibile ai problemi del pianeta?
Ormai da tre anni il PerCorso ha introdotto i temi della crisi climatica, della sostenibilità ecologica e dell’agenda 2030: ricordiamo gli interventi di Paola Fiore, Luigi Galimberti, Mirko Mountuori e Gianni Bottalico nelle edizioni 2019 e 2020. Con quest’anno, in occasione della prima edizione internazionale dell’iniziativa, ne abbiamo fatto il centro del nostro programma. L’emergenza è planetaria e, aprendoci al mondo, non potevamo non fare questo passo. I donatori di sangue sono volontari dotati non solo di passione ma anche di disciplina. Il loro impegno è costante, ricorsivo, controllato, dura anni e ha una dimensione sociale evidente. Per questo l’apporto dei donatori di sangue alla cittadinanza consapevole e attiva in tema ambientale e, più in generale, riguardo alla sostenibilità nelle sue varie forme, è peculiare. Peraltro, con questo “Varasi” lo dimostreremo. Ogni serata ci consegnerà, sollecitata dalle relazioni degli esperti e maturata nelle relazioni tra i giovani del comitato organizzatore e gli altri partecipanti, dei veri e propri compiti a casa.
Compiti?
Sì, verranno individuate attività di impegno personale e collettivo, con cui i partecipanti si misureranno e che contribuiranno a rendere misurabile e rendicontabile, anche con momenti di confronto e aiuto tra i vari territori in cui nasceranno le iniziative. È, reso concreto e prossimo, il tema della misurazione di impatto. Anche se saranno webinar, non faremo solo blah blah. Passeremo dalle parole ai fatti.
I giovani tra i 18 e i 25 anni, al quale il PerCorso è rivolto, sono molto attenti e sanno già di questi temi cone la crisi climatica o bisogna trascinarli?
Distinguiamo. Questi duemila hanno recuperato l’attenzione all’ambiente, la lotta all’inquinamento, la cura della vita animale e vegetale che io e molti come me sentono urgenti sin dalla prima formazione. L’approccio usa-e-getta e certa superficialità anni 80 in tema ambientale è a loro estraneo, e quindi sono recettivi e pronti. Tra di loro, chi fa già del volontariato impegnativo come gli avisini ha anche un po’ di allenamento in più. Per quanto riguarda l’organizzazione, la capacità di tradurre gli ideali in progetti e i progetti in azioni efficaci, qui è utile l’interazione tra persone di diverse generazioni. Ed è quello che sta ancora accadendo in questi giorni che precedono l’inizio del “Varasi VI – Next Generation Planet”. E va bene così. Poi ce ne restano mille, di cose da fare, ma si affrontano in rete, con una energia che è propria dei giovani di questi anni 20. Sono una fonte di ispirazione a cui tanti adulti dovrebbero prestare attenzione vera.
L’autosufficienza di sangue e plasma è un obiettivo sensibile per il sistema sangue, per evitare che vada in crisi. I giovani di Avis ne sono consapevoli?
Certo, e dirò di più. I giovani di Avis, che vanno da una minoranza eletta negli organi sociali o attiva in volontariato operativo ad una maggioranza, silenziosa e fondamentale verrebbe da dire, di donatori periodici, hanno una consapevolezza comune. Quella di essere parte di un sistema, il sistema sangue italiano, in cui istituzioni e volontariato sono costantemente attivi per il perseguimento dell’autosufficienza di sangue e plasma. Anche chi non ha contezza tecnica dei numeri in gioco, sa che prende parte ad una opera di cui si può fidare. Gli Avisini intessono di fiducia le relazioni con le istituzioni. Cosa che, unita alla consapevolezza di quanto occorre migliorare, è un patrimonio per questo Paese.
Quali sono gli obiettivi di questo interessantissimo percorso formativo giunto alla sesta edizione?
Come dicevo prima, le urgenze e i rischi del nostro tempo sono globali, e solo con uno sguardo globale si possono affrontare. Questo PerCorso risponde a sfide importanti, sia nell’erogazione dei contenuti, nelle date del 6, 13 e 20 dicembre, sia nei “compiti a casa” che faremo poi, sia in quanto fatto in questi mesi di preparazione. I giovani avisini che hanno lavorato a questo Varasi sono di diverse regioni italiane, equamente divisi tra ragazzi e ragazze (con queste ultime in leggero vantaggio numerico). Abbiamo lavorato in un’ottica di rete associativa, unendo il meglio di quanto varie età potevano conferire, usando in modo naturale ed efficace le tecnologie “normali”, come le riunioni in videoconferenza. Quindi questi obiettivi sono già stati conseguiti. Poi ci saranno gli obiettivi di informazione e consapevolezza, ovvero i contenuti delle conferenze online e la necessità di informarsi personalmente, su quelle basi. Infine, gli obiettivi di impatto: da ogni serata ci prenderemo impegni misurabili. Un rischio certo, ma calcolato e anche un po’ temerario. Avis è roba da giovani. Di anagrafe e anche di cuore.
Il ricordo di un importante dirigente avisino del passato come Pietro Varasi, in che modo è stimolante per le nuove generazioni?
Pietro è morto nel 2017, pochi mesi prima di compiere ottant’anni. Sarebbe impossibile che i giovani avisini lo ricordassero personalmente. In queste settimane, via via che entravano nuovi collaboratori, spesso il nome del percorso stimolava la domanda: “Ma chi è Varasi?”. Allora è stato bello narrarne la passione, tenacia, generosità. L’amore per Avis. E la modernità, rapportata ai “suoi tempi”. Noi, grazie a FIODS che è contitolare dell’iniziativa, facciamo diventare il PerCorso Varasi internazionale nel 2021. Lui nel 1971 partecipava alla realizzazione del gemellaggio tra AVIS e ADSB (Amicale des donneurs des Sang Benevoles). Era l’atteggiamento, in Pietro, ad essere giovane. Mai soddisfatto del tran tran, mai adagiato sulle realizzazioni di ieri. Sempre rivolto al futuro. Un coetaneo spirituale dei giovani con cui ho lavorato negli ultimi mesi. Non lo hanno incontrato; spero di averglielo fatto un po’ conoscere io. E ogni volta che qualcuno di loro chiede “Chi è Varasi?” questa cosa avviene di nuovo. Questo PerCorso accoglie ad ogni edizione apporti, stili, esperienze nuove e fresche. Stimolante è dire poco: ho visto brillare negli occhi di queste ragazze e di questi ragazzi, nel lavorare di più e nel fare riunioni online alla sera, un entusiasmo e una gioia che sono la miglior ricompensa e la speranza di una umanità bella e fonte di speranza. Per tutti.