Ricambio generazionale, impatto Covid sulla bilancia delle donazioni, il ruolo dei giovani e i progetti futuri.
Claudio Zecchi, 65 anni e 139 donazioni (fin quando ha potuto), è il presidente di Fratres Toscana, una splendida realtà del terzo settore che vede, nella sola terra di Dante, 285 sedi comunali.
“Il sangue manca ovunque – esordisce Zecchi – nel 2020 abbiamo subito un periodo di assestamento, a causa degli strascichi della pandemia. I dati del 2021 indicano un timido segno “più” ma contiamo di rafforzarlo”.
Il post della fase più dura della pandemia ha coinciso con la ripresa delle attività ospedaliere che hanno assorbito buona parte delle risorse. “Purtroppo mancano medici e infermieri – spiega il presidente -. Hub vaccinali e nosocomi impiegano tante figure necessarie alla donazione di sangue, secondo il legislatore non possono occuparsi di donazioni i medici iscritti alle scuole di specializzazione, stiamo cercando di superare questo imbuto confrontandoci con enti e università”.
Gli studenti rappresentano il futuro (anche) del sistema sangue, però in questo periodo non è facile entrare nelle scuole: “Abbiamo sviluppato e prodotto nuovo materiale per sensibilizzare i giovani al dono, stiamo cercando di riprendere questa importantissima attività ma in questo momento siamo bloccati. Quando ci sarà il nulla osta, noi siamo pronti. Intanto, siamo presenti nelle piazze delle varie città con banchi e gazebo, inoltre portiamo avanti le nostre campagne sui social”.
Il ricambio generazionale è un cruccio per Zecchi, ma, a sorpresa, non quello che riguarda i donatori: “Nutro grandi speranze nelle nuove generazioni, quando le incontriamo, quando interagiamo con loro, riusciamo a toccare le loro anime. Il problema è semmai il graduale invecchiamento della direzioni Fratres, il ricambio generazionale manca per una serie di motivi. Il più importante è sicuramente figlio dei tempi e delle attuali condizioni sociali. Il volontariato, per energie e tempo che richiede, è anche un lavoro e i più giovani sono già abbastanza impegnati a cercare e a tenersi un impiego. Così l’età media delle dirigenze sale, il corollario è che più grandi si è e più diventa difficile parlare ai giovani, comprendere e interagire con il loro linguaggio”.