Donare è ricchezza sopratutto per chi lo fa. Il lavoro sul cmpo delle associazioni sul territorio, a aprtire da questa consapevolezza, è uno dei grandi patrimoni della rete solidale italiana.
Nella raccolta sangue, naturalmente, ci sono delle linee guida e degli obiettivi generali che si discutono a livello nazionale, ma poi le differenze territoriali ispirano e guidano le scelte delle singole sezioni. Per conoscere una realtà molto particolate come quella calabrese, abbiamo intervistato Myriam Calipari, donatrice da generazioni che presiede Avis Reggio Calabria.
Leggi la testimonianza di Myriam come donatrice
Myriam Calipari, com’è la situazione della raccolta sangue nella sua città e nella sua regione? I donatori aumentano? Partecipano?
Dopo il primo momento di disorientamento dovuto alla pandemia, abbiamo ripreso il nostro consueto trend donazionale, riuscendo – sull’onda emotiva creata anche da un’opportuna campagna informativa fatta da Avis Nazionale – a “recuperare” un buon numero di donatori non assidui da qualche tempo. A livello regionale è da qualche anno che abbiamo raggiunto l’autosufficienza, anche grazie alla compensazione regionale.
L’estate è un periodo sempre molto difficile per la raccolta sangue, come si muove un’associazione territoriale come quella che lei presiede per cercare donatori in una regione in cui il turismo è una componente importante?
Questa estate per noi è stata molto dura… I dati Nazionali hanno confermato che in tutte le sedi c’è stata un’importante percentuale di calo delle donazioni. Il turista sarebbe comunque un donatore occasionale e l’obiettivo della nostra Associazione, ormai da tanti anni, è quello di riuscire a trovare donatori periodici che garantiscano sicurezza, continuità e qualità del sangue donato ai pazienti del nostro Grande Ospedale Metropolitano.
La sua vicenda personale con il dono è molto bella, e anzi la ringraziamo della sua testimonianza. Che bagaglio interiore si forma in una vita dedicata anche al dono per tradizione familiare?
Donare è ricchezza non solo per chi riceve, ma soprattutto per chi dona. Mi spiego, non abbiamo alcun merito se siamo in salute e possiamo condurre una vita serena. Pertanto, a mio parere, l’unico modo per cercare di “sdebitarci” con la buona sorte è non restare sordi ai bisogni del prossimo, ma condividere i doni che abbiamo ricevuto.
Come si crea il ricambio generazionale in un territorio che magari soffre di difficoltà sociali percepite più urgenti della raccolta sangue? È difficile convincere i giovani a donare?
I giovani hanno sempre risposto benissimo al nostro messaggio di solidarietà. Le nuove generazioni, se ben informate e sensibilizzate, non rimangono sorde ai nostri appelli. Purtroppo, la pandemia da due anni ci impedisce di fare le consuete raccolte nelle Scuole Secondarie di Secondo Grado, che da sempre sono state il più grande bacino da cui noi attingiamo per reperire nuovi donatori. Ciò implicherà che non avremo ricambio generazionale nel prossimo futuro. C’è da aggiungere che molti dei nostri ragazzi scelgono di intraprendere studi universitari in facoltà lontanissime dalla nostra città e, pertanto, riducono la loro attività donazionale al periodo estivo o durante le vacanze natalizie o pasquali.
Cosa farete nei prossimi mesi sul piano della comunicazione?
Continueremo sulla strada da noi intrapresa da tati anni: spot pubblicitari sui maggiori quotidiani e sulle tv locali, partecipazione a tutti gli eventi di riguardo organizzati sul territorio con l’aiuto del nostro gruppo giovani, stipula di convenzioni con le maggiori realtà sportive locali. Anche se rimango convinta che la migliore pubblicità deriva dalla testimonianza diretta. “Porta un amico in Avis e fallo donare con te” è lo slogan che noi da decenni ripetiamo soprattutto alle giovani generazioni e devo dire che funziona sempre.
Chiudiamo sempre con un’esortazione. Con quali parole secondo lei si può convincere un non donatore a rapportarsi a questo meraviglioso mondo?
In un periodo in cui dovremmo avere capito quanto sia precaria la nostra esistenza e come da un giorno all’altro tutto può cambiare, credo che sia di fondamentale importanza non sentirsi soli ed essere tutelati da un sistema sanitario che sia all’altezza della situazione che stiamo vivendo. Purtroppo il sangue non può essere riprodotto in laboratorio e solo se ci sono persone di buona volontà che accettano di donare in maniera volontaria, anonima e gratuita si potrà continuare a garantire i Livelli Essenziali di Assistenza a chi è meno fortunato di noi. Tutto è fare il primo passo e sconfiggere i fantasmi della paura, della reticenza e dell’egoismo; poi si scoprirà la gioia del donare e non se ne potrà più fare a meno!