Parlare dell’ultimo anno della raccolta sangue in Italia significa raccontare un periodo che non ha eguali nel passato del mondo trasfusionale. Prima di tutto perché l’ambiente della donazione – a causa dell’epidemia – ha dovuto reinventare i propri metodi adattandosi a regole di sicurezza nuove, secondo perché con il fermo degli interventi chirurgici si è ridotta la richiesta di globuli rossi negli ospedali, e alle associazioni è stato chiesto di rallentare la raccolta in previsione di un’accelerata futura.
In attesa del ritorno a pieno ritmo delle attività chirurgiche, Pierina Frezza, presidente dell’associazione Ema Amici di Nino Manfredi, racconta cosa sta accadendo oggi e perché vale la pena soffermarsi a valorizzare i tanti usi degli emocomponenti, tra cui la produzione dei gel piastrinici.
Com’è nata l’idea di avviare un’associazione?
Lavorando come tecnico di laboratorio nel reparto trasfusionale dell’ospedale Fabrizio Spaziani di Frosinone dal 2002 al 2007, mi sono trovata alcune volte nella situazione di dover dire ai pazienti e ai loro parenti che non era possibile compiere l’intervento o la trasfusione per mancanza di sangue. Abbiamo quindi deciso di fare qualcosa per risolvere il problema.
Ti è rimasto impresso qualche caso di paziente che non ha ricevuto la sacca?
Ricordo come fosse oggi un bambino di otto anni affetto di leucemia arrivato in ospedale per ricevere la trasfusione. Ha allungato le piccole braccia sul tavolo per il prelievo. Dai risultati delle analisi è emerso il bisogno di piastrine, ma quel giorno non le avevamo ed è stato rimandato a casa.
Come ti sei sentita?
Ancora oggi quando facciamo sensibilizzazione e qualcuno mi confida di aver paura degli aghi, penso al braccio martoriato di quel povero bambino.
Ma siete riusciti a trovare il sangue?
Sì, nei giorni successivi è stato richiamato perché è arrivata la sacca da un altro ospedale.
Cosa è accaduto dopo?
Per provare a rimediare a queste situazioni nel 2004 abbiamo avviato l’associazione in provincia di Frosinone dedicandola a Nino Manfredi, artista tipicamente ciociaro deceduto in quel periodo. Ci siamo uniti a Fidas Lazio contattando il caro Aldo Ozino Caligaris, oggi deceduto anche lui.
Per volontà del dottor Serafini, oggi primario del trasfusionale del Sandro Pertini a Roma, con il supporto della dottoressa Maria Di Carlo, direttore sanitario dell’associazione, e quello della dottoressa Carla Gargiulo, primario del trasfusionale, abbiamo creato due punti raccolta sul territorio. Uno ad Alatri e uno a Isola del Liri. I donatori iscritti e attivi oggi sono 1200.
Cosa accade oggi all’interno degli ospedali?
La situazione oggi è calma, attendiamo la ripresa degli interventi chirurgici d’elezione. Quando ricominceranno saremo pronti a chiedere nuovamente la partecipazione dei donatori.
In cosa consiste la programmazione in questo periodo di epidemia?
Durante la raccolta sangue – ne abbiamo organizzata una per domenica 28 febbraio – non dobbiamo superare le venti sacche raccolte. Questo tipo di programmazione è utile per evitare esuberi e sprechi dato che il sangue si mantiene quaranta giorni.
Negli anni passati si è mai presentata una situazione simile?
No, in Lazio la raccolta a volte veniva compensata dall’esubero del sangue dall’Emilia Romagna e dal Trentino Alto Adige, regioni nelle quali la cultura della donazione è più radicata. Oggi siamo autosufficienti.
L’epidemia come ha cambiato la vostra quotidianità?
Adesso c’è più impegno dietro ad ogni singola raccolta a causa delle misure di sicurezza anti-contagio, della programmazione, del rispetto delle norme anti-Covid-19. È più impegnativo.
Qualche nuovo motivo di soddisfazione?
I donatori! Hanno risposto bene nell’ultimo anno, siamo soddisfatti perché ci hanno dato e continuano a darci fiducia. Li ringrazio tutti: la nostra è una bella famiglia. Un’altra soddisfazione è quella di non aver avuto nemmeno un caso positivo di Covid-19 nei nostri punti raccolta.
Lavorando come tecnico nel laboratorio del trasfusionale di Frosinone la filiera del sangue è il tuo pane quotidiano…
Sì, sono moltissimi gli utilizzi degli emocomponenti donati. Tra i tanti usi in passato in laboratorio preparavamo i gel piastrinici…
Che cosa sono?
Sono dei gel a base di piastrine. Si producono estraendo le piastrine da una donazione omologa o dal sangue donato. Una volta inoculati agiscono rigenerando il tessuto. Il costo della materia prima è zero perché per prepararli vengono utilizzate le piastrine in esubero.
Qual è il loro uso?
Sono efficaci nella cura per i dolori muscolari e delle piaghe da decubito. Quest’ultimo è un grave problema per i pazienti nei reparti di rianimazione e di medicina. Con l’applicazione dei gel piastrinici si riproduce la cute mancante e in certi casi si rigenera addirittura un tendine.
Oggi non vengono prodotti?
No, oggi viene chiesto ai pazienti di comprare degli spray molto costosi…
Qual è il tuo auspicio per il futuro?
Tra tutti gli utilizzi degli emocomponenti mi auguro per il bene dei pazienti che si tornino a produrre i gel piastrinici…