Fate la scelta giusta, la best choice. Quando parliamo di dono del sangue, sono pochi i temi più importanti della formazione delle future generazioni di donatori, e nelle associazioni questo lo sanno. Ecco perché ogni anno, Avis, Fidas e Fratres investono impegno e risorse sui giovani. In tal senso, Best Choice (Best sta per “Benessere, educazione e salute nel territorio) di Avis è uno dei progetti più vasti e ambiziosi degli ultimi anni, sia per i numeri – punta ad arrivare a migliaia di studenti, sia per il campo d’azione nei contenuti, perché il tema di fondo, legato imprescindibilmente al gesto del dono, è quello degli stili di vita corretti. Per sapere tutto su Best Choice abbiamo intervistato Giorgio Brunello, presidente di Avis Veneto, regione capofila per la gestione del progetto. Ecco cosa ci ha raccontato.
Presidente Brunello, Best Choice è un progetto ambizioso che punta comunicare direttamente con i giovani. Com’è nata quest’idea di coinvolgere tantissimi studenti, e che obiettivi si propone? Ci raccontate nel dettaglio l’iniziativa?
Obiettivo del progetto Best Choice è quello di promuovere uno stile di vita sano, educare a corretti stili di vita e disincentivare i giovani alla messa in atto di comportamenti a rischio, coinvolgendoli in un progetto che li rende protagonisti attivi. L’idea di coinvolgere i giovani in un progetto di comunicazione e educazione alla salute dove loro sono protagonisti nasce dalla necessità si riuscire ad avvicinare le nuove generazioni in modo efficace. Il progetto risponde quindi all’esigenza di coinvolgere i giovani nella costruzione di percorsi di educazione a stili di vita salutari e alla prevenzione.
Come sono stati scelti i temi che affrontate?
Il processo di individuazione dei temi è avvenuto tra alimentazione, attività fisica, consumo di alcolici, consumo di tabacco, consumo di cannabis, comportamenti sessuali, bullismo e cyberbullismo. Questa varietà su cui si si sono sviluppate le azioni di progetto, è stata reso possibile da un principio innovativo, ossia la raccolta delle percezioni dei giovani all’interno dei relativi istituti scolastici e secondo gli obiettivi preposti dal piano progettuale, sostituendo programmi stabiliti dall’alto secondo logiche di tipo top down. Questo ha reso i ragazzi il fulcro del progetto in essere, garantendo loro ampio spazio di espressione, rendendoli partecipi delle problematiche e ideatori loro stessi di percorsi di promozione della salute e di prevenzione, accompagnandoli, inoltre, in percorsi di conoscenza più approfondita dei temi scelti dal loro istituto.
Come sarà articolato Best Choice?
Il Progetto Best Choice si sviluppa in 3 macro-azioni. “Azione 1: analisi di contesto e definizione di indicatori”, ovvero quella prima fase ha riguardato l’analisi delle varie politiche pubbliche locali, nonché degli interventi già attualmente attivi sui territori regionali volti a contrastare i fattori di rischio legati agli stili di vita errati. Poi “Azione 2: attività nelle scuole e contest nazionale”, con la presentazione del progetto ai giovani degli istituti selezionati e compilazione del questionario on line per avere un quadro preciso delle percezioni degli studenti, con incontri nelle classi e con gruppi di studenti e la partecipazione al Contest nazionale, uno strumento per stimolare i ragazzi a mettersi in gioco mettendo al centro il loro punto di vista. E infine “Azione 3: formazione del personale e dei volontari”, ovvero una fase dedicata alla formazione del personale che entra nelle scuole per la realizzazione delle attività e dei volontari che seguono tutte le azioni del progetto.
Le scuole hanno aderito con piacere? C’è stata la partecipazione che vi aspettavate?
Le scuole hanno apprezzato molto l’idea progettuale ed hanno aderito al progetto con entusiasmo. È stata quindi una piacevole sorpresa vedere una reazione di questo tipo, in quanto temevamo che la complessità del progetto potesse “spaventare” alcuni Istituti. Naturalmente il blocco dello scorso anno, dovuto alla pandemia e l’attuale ripresa del progetto, hanno creato problemi in alcuni Istituti scolastici. Ma onestamente siamo molto sorpresi (e soddisfatti) di come le scuole si siano rese disponibili a ripartire con il progetto, mostrando anche molto interesse per la sua nuova veste “online”, dove la maggior parte delle attività saranno fatte a distanza con i ragazzi, utilizzando metodologie e strumenti innovativi (per i quali è stato previsto anche un percorso formativo ad hoc degli operatori e dei volontari che lavorano con i ragazzi).
E le famiglie? Sono poi coinvolte dai ragazzi stessi?
Le famiglie sono inizialmente informate dalla scuola della partecipazione dei ragazzi al progetto e successivamente coinvolte nella fase di promozione del progetto con cui i ragazzi partecipano al contest. Le famiglie e la cerchia di amici, saranno invitati dai ragazzi a votare il proprio progetto, in questo modo i ragazzi dovranno esserne i principali promotori.
A che età conviene parlare di dono del sangue ai ragazzi, visto che prima dei 18 anni non potranno donare?
Avis avvicina i giovani al tema della donazione sin dalla scuola primaria, in quanto la scelta del dono è il risultato di un percorso di presa di coscienza che nasce fin da piccoli attraverso la sensibilizzazione e l’apprendimento di tutti quei valori che stanno alla base della scelta di donare: altruismo, solidarietà, responsabilità sociale e cittadinanza attiva. Il motto è “educhiamo sin da piccoli al dono” e sensibilizziamo così anche i genitori.
Non si rischia di dover affrontare il loro lato più naturalmente ribelle?
Il lato “ribelle” che caratterizza il periodo preadolescenziale ed adolescenziale è quello in cui ci “inseriamo” attraverso attività educative che proponiamo da sempre alle scuole. Quando incontriamo i ragazzi delle scuole secondarie di I e II grado cerchiamo di parlare dei temi del dono e della solidarietà partendo dal loro linguaggio e dai loro vissuti. Attraverso metodologie comunicative coinvolgenti – per esempio giochi, attività di teatro sociale – riusciamo a comunicare anche con chi usa la “provocazione” per interagire e da questa, rielaborandola in maniera creativa grazie anche al fatto che nelle scuole mandiamo operatori formati, partiamo con una riflessione condivisa che sempre riesce ad arrivare ad un punto di incontro: il valore del sapere donare! A volte sono proprie le classi più “ribelli” quelle con cui si riesce ad arrivare al cuore dei temi che andiamo a trasmettere ai ragazzi nelle scuole: il valore del dono, della solidarietà, della responsabilità sociale e della partecipazione (temi importanti a quest’età).
Il ruolo dello sport è importante?
Praticare sport aiuta a restare in salute; mantenere stili di vita sani è poi indispensabile se si pratica sport a livello agonistico. Direi quindi concludendo che sport, stili di vita sani e donazione del sangue sono tra di loro interconnesse e uno aiuta l’altro.
Dono del sangue e stili di vita positivi: in che modo una pratica aiuta l’altra?
Donare sangue implica un rispetto per la propria salute, non si può donare se non si tengono comportamenti sani. Le due cose sono inscindibili, un valore tira l’altro.