Un progetto nato molti anni fa, che è cresciuto a dismisura tra l’affetto del pubblico e la partecipazione dei comici più noti d’Italia: “Riso fa buon sangue”, spettacolo itinerante che punta a trasmettere i valori del dono attraverso l’allegria e il cabaret, oggi non può più assecondare la propria natura, che è girare per le piazze. In attesa di quei momenti, che ritorneranno, abbiamo intervistato Enrico Cibotto, ideatore del format, per ascoltare dalle sue parole il racconto di un’esperienza che oggi coinvolge istituzioni e associazioni di donatori, sempre stimolate a raggiungere nuovi target e utilizzare nuove forme di messaggio.
Enrico Cibotto, raccontaci com’è nata l’idea di creare uno spettacolo itinerante di comici che convogliassero i valori del dono.
Diciamo che il tutto è partito da una notte insonne, cercavo un’idea che riprendesse un progetto legato al cabaret che facevamo dal 1990 dal titolo “Sorridi domani andrà peggio”, d’improvviso, come sempre, mi è apparso il titolo “Riso fa buon sangue”, legarlo alla donazione, è stata una conseguenza molto più facile.
Le serate emozionanti saranno state molte. Vuoi raccontarci qualche momento per te emotivamente importante o la reazione di qualche piazza particolarmente partecipe?
In tutto dal 1990 credo ne abbiamo fatte più di 500, di RFBS circa 320 (qui un elenco di quasi tutte (http://www.risofabuonsangue.it/dove-quando-chi/ N.d.R.) Tantissime sono le date emozionanti, ma la prima serata a Porto Viro (Ro) è stata quella che ricordo di più, con il comico Andrea di Marco, perché avevamo capito che l’idea era buona e si legava bene al sociale.
Il dono del sangue e i personaggi del mondo dello spettacolo: che tipo di sensibilità hai trovato? Si potrebbe fare di più sul dono del sangue, a livello di comunicazione, con testimonial amati dal grande pubblico?
In generale artisti sono persone speciali, quelli comici ancora di più, la disponibilità nei confronti del sociale è massima, (qui https://youtube.com/playlist?list=PLFADA05525BDBDC98 una serie di testimonial legati che promuovono la donazione del sangue N.d.R.). Si può fare sempre di più, da 11 anni, da quando esiste RFBS, è un dogma per me, gli scrittori, artisti, registi, cantanti, youtubers sono una fonte incredibile di collaborazione e comunicazione.
E veniamo al Covid-19. Ovviamente ha tolto a Riso fa buon sangue il suo naturale palcoscenico, ma tu non ti sei fermato e hai creato un format radiofonico. Raccontaci il momento decisivo.
Il COVID-19 ci ha danneggiato, azzerato, ha annullato totalmente, e purtroppo continuerà ad annullare tour, spettacoli, manifestazioni. Ricordo, come fosse oggi, il 23 febbraio 2020, stavamo per partire per lo show durante il carnevale di Ivrea del giorno dopo, il governo bloccò tutte le manifestazioni con assembramenti, da lì il buio…! Fortunatamente un anno prima, 21 Febbraio 2019 è partito in sordina il nuovo format radiofonico Radio Fa Buon Sangue, trasmissione di musica e sensibilizzazione alla donazione del sangue con cadenza settimanale dalla durata di 120 minuti collocata alle 18.00 del venerdì. Durante la trasmissione sono stati inseriti vari interventi di testimonial comici da Riso Fa Buon Sangue, di Presidenti Avis Nazionale e Regionali, di gruppi Avis giovani locali, collegamenti live dalle città dove le Avis locali festeggiano gli anniversari, con ospiti da Musica Fa Buon Sangue (cantanti dei talent TV Amici – XFactor – The voice – Io canto). Ci siamo tuffati nel progetto della radio e ancora siamo qui.
Il futuro di Riso fa buon sangue: dove vedi la tua creatura tra 5 anni?
Futuro di questi tempi è una parola difficile, ma in generale ho sempre visto le cose più in là, e anche stavolta non mi farò prendere dallo sconforto, stiamo già lavorando con Avis per progetti legati al WEB. Non posso dirvi tanto, ma credo che RFBS dovrà coltivare lo spirito con cui è nato, legandolo ai grandi cambiamenti che il volontariato avrà in questo prossimo decennio.
Infine una chiusura sui valori del dono: cos’è per te il dono del sangue e cosa diresti al pubblico per invogliarlo a donare.
Per me il dono è come seminare, non siamo obbligati a farlo, ma a raccogliere quello che abbiamo piantato, sì. Lo dico spesso in radio: “Lascia che sia il medico a vedere se puoi donare o no. Le scelte si fanno in pochi secondi, anche per salvare una vita.