Negli stessi giorni in cui nel Paese si svolge il test di medicina 2020 per l’accesso alle facoltà universitarie (e che verosimilmente porterà solo una parte degli iscritti al test a lavorare effettivamente negli ospedali), in Sardegna si aggiunge alla carenza sangue l’allarme per la carenza di medici trasfusionisti specializzati. Già un anno fa il Centro nazionale sangue aveva indicato il problema come una delle prime criticità da affrontare per il sistema sangue, sia sul piano della donazione – per la mancanza di medici che possano coprire i turni di raccolta negli ospedali-, sia nei reparti dove i pazienti sperano di ricevere regolarmente le terapie salvavita.
All’allarme, che rischia di influire sulla qualità del servizio che viene offerto ai pazienti, ha provato a dare risposta Agi, con un’inchiesta condotta a marzo volta ad approfondire il tema dell’accesso dei medici alla specializzazione. Su Donatorih24, abbiamo affrontato il tema con il presidente del Simti (Società Italiana di Medicina Trasfusionale e Immunoematologia), Pierluigi Berti, e con Antonella Spano, referente di Thalassazione di Olbia, che dalla parte del ricevente ha spiegato cosa significa per i pazienti la mancanza di medici nei centri.
La situazione della carenza di personale medico secondo il Simti
“La situazione dei trasfusionali è condizionata dalla carenza dei medici specialistici” Pierluigi Berti, presidente della Società Italiana Medicina Trasfusionale e Immunoematologia, introduce la problematica che da anni rallenta il mondo del sangue italiano. Secondo il presidente del Simti il problema ha un’origine chiara: “La nostra disciplina non ha una scuola di specializzazione specifica per la medicina trasfusionale” e questo porta ad un risultato non facile da digerire: “I concorsi recentemente banditi hanno visto una partecipazione di medici ridotta.
Addirittura a volte non si riesce a coprire il numero dei posti disponibili perché non ci sono medici specializzati. Il problema è noto e noi, come società scientifica, stiamo denunciando da molti anni la questione”. Berti aggiunge: “Oggi si vedono gli effetti di una situazione che era stata prevista, ma che non è risolvibile velocemente. La carenza infatti è attuale, mentre sono necessari alcuni anni per vedere i frutti di un cambiamento nell’accesso alla specializzazione”.
E riguardo agli ultimi tentativi di risanamento commenta: “Anche dopo aver introdotto per gli specializzandi dell’ultimo anno la possibilità di partecipare ai concorsi, la situazione non è migliorata. Quindi la proposta che da tempo avanziamo è quella di rivedere i criteri di accesso alla medicina trasfusionale– infatti- il problema è di tutto il sistema sanitario e richiede un’energica risposta strutturale”.
Sardegna: se all’emergenza sangue si aggiunge la carenza personale
Antonella Spano, referente di Olbia per Thalassazione, come molti pazienti talassemici sardi, prima si è vista dimezzare le cure, poi allontanare gli appuntamenti per ricevere le terapie salvavita a causa della mancanza di personale in ospedale. “Siamo 65 pazienti talassemici seguiti dal centro trasfusionale di Olbia per le nostre terapie di cura. Prima potevamo accedere alle cure 5 giorni alla settimana, ma adesso le giornate di apertura settimanale sono 3. Poiché i letti disponibili sono 9 il centro trasfusionale oggi riesce a seguire 27 pazienti”.
E continua: “Nella nostra regione siamo in carenza sangue e già riceviamo le cure razionate. Per esempio un ragazzo al quale dovrebbe essere somministrata una terapia che prevede due sacche di sangue ogni due settimane, ne riceve prima una sola, poi dovrebbe tornare per riceverne un’altra nell’arco di una settimana o di 10 giorni. Invece non c’è personale disponibile e l’appuntamento gli viene dato dopo due settimane. I medici, sottoposti ad uno stile di vita stressante, come tutti necessitano di vacanze, riposo e vanno in maternità. Quindi ora nel nostro ospedale non è possibile ricevere le cure quando necessarie. Questo comporta l’abbassamento dell’emoglobina che mina fortemente la qualità della vita di noi pazienti”.
Antonella racconta dell’ultima sua esperienza: “Quando sono andata a trasfondere sabato 29 agosto c’era un’altra paziente di cui conosco la storia con i valori dell’emoglobina estremamente bassi. Per arrivare a dei livelli di emoglobina di 7.7 significa che l’attesa per ricevere la trasfusione di sangue salvavita è stata eccessiva. Le trasfusioni di sangue intero nella nostra patologia sono necessarie per condurre una vita accettabile e per non vivere in una condizione di debolezza fisica e psicologica. Infatti siamo tutte persone che hanno un lavoro, io come professioni compio escursioni con la barca e la mia amica è impiegata come commessa”.
E conclude: “Ad Olbia oggi non è più possibile ricevere tutta la terapia nella stessa settimana e quindi calano i valori dell’emoglobina, e noi accusiamo numerosi problemi. Quando non veniamo seguiti da un medico c’è un malessere fisico e mentale. Quando invece riusciamo a ricevere la terapia nel momento giusto sappiamo che non avremo problemi nell’affrontare il lavoro e la vita di tutti i giorni. Domenica, dopo aver ricevuto la trasfusione sabato, sono riuscita a lavorare tutto il giorno sulla barca, ho dormito bene ed è ripresa la mia vita”.