Vicino allo zero il rischio di contrarre Hiv ed epatite
B e C durante le trasfusioni: ecco l’ultima ricerca

2020-03-02T16:04:48+01:00 2 Marzo 2020|Attualità|
terapia sangue di Laura Ghiandoni

Il Centro nazionale sangue ha pubblicato uno studio che dimostra la drastica diminuzione del rischio residuo di trasmissione dell’ Hiv e delle epatiti B e C durante le trasfusioni. La ricerca intitolata “Studio di monitoraggio del rischio residuo di trasmissione trasfusionale delle infezioni da virus dell’immunodeficienza umana e virus dell’epatite B e C (Italia, 2009-2018)” è stata realizzata dall’ente con la collaborazione di esperti dell’Istituto superiore di sanità e dal Dipartimento di scienze biomediche per la salute dell’Università degli studi di Milano.

Per compierla sono stati utilizzati i dati sui donatori positivi ai test per HIV ed epatite B e C che vengono effettuati sul sangue ad ogni donazione tra il 2009 e il 2018. Il direttore del Centro nazionale sangue, Giancarlo Maria Liumbruno introduce il lavoro compiuto insieme all’equipe di esperti.

Qual è il metodo con il quale avete svolto la ricerca?

“Lo studio è stato calcolato con tre diversi metodi: il primo viene maggiormente utilizzato in ambito scientifico, mentre gli altri due – più semplificati – vengono suggeriti dalla European Medicine Agency  e dall’Organizzazione mondiale della sanità”.

Qual è il risultato ottenuto? Esiste ancora un rischio di contrarre questi virus?

“Qualunque metodo si adotti, il rischio residuo di contrarre una infezione per via trasfusionale è drasticamente diminuito nei 10 anni di osservazione (2009-2018): per HCV il rischio è passato da 1 unità su 10 milioni a 1 su 15-45 milioni di donazioni. Per HIV, nello stesso periodo, da 1 unità su 1,2 milioni di donazioni a 1 su 2 – 45 milioni. Per HBV da una unità su 625.000 a 1 su 1,8 – 2,6 milioni. In ambito scientifico una probabilità inferiore a uno su un milione viene considerata trascurabile e i dati sono confermati dal fatto che non registriamo infezioni trasmesse da trasfusioni dal 1995”.

Alla luce degli ottimi risultati come si devono comportare i donatori? 

“È meglio non abbassare mai la guardia. I test a cui viene sottoposto il sangue donato, che non può essere utilizzato prima dell’esito negativo, sono uno dei pilastri che garantiscono la sicurezza, insieme al questionario e al colloquio con il medico, che riducono la possibilità che doni una persona che potrebbe aver avuto un comportamento a rischio, ma la prima garanzia viene dalla scelta etica di utilizzare sangue proveniente solo da donazioni volontarie, anonime, periodiche e non remunerate”.