Un comune disturbo cardiaco destinato a crescere di pari passo con l’invecchiamento generale della popolazione. Parliamo della fibrillazione atriale, un problema che in Italia, negli ultimi vent’anni, ha fatto registrare un aumento del 66% dei ricoveri per questo tipo di patologia.
I dati presentati in occasione dell’ultimo congresso dell’Acc (American college of cardiology), frutto del progetto Augustus pubblicato anche sulla rivista New England Journal of Medicine, vedono tra i 700mila e gli 800mila italiani colpiti da questo disturbo, con conseguenti ripercussioni sulle spese sostenute dall’intero Ssn (Servizio sanitario nazionale), pari a oltre 3mila euro a paziente.
Questo progetto è stato condotto su 4.614 persone valutando i regimi antitrombotici in pazienti con fibrillazione atriale non valvolare e nei quali è stata diagnosticata una sindrome coronarica acuta o che si sono sottoposti a interventi di angioplastica. Oltre essere un disturbo altamente diffuso, la fibrillazione atriale può comportare addirittura un raddoppio delle possibilità di morte e un aumento di cinque volte della probabilità che insorga un ictus.
Nel nostro Paese i casi di ictus nell’ultimo anno sono stati circa 200mila, un terzo dei quali in pazienti over 80 e riconducibile alla fibrillazione atriale. Il disturbo è difficile da diagnosticare perché, quando il battito cardiaco è irregolare, o semplicemente accelerato, risulta difficile evidenziarne i sintomi. Ecco perché, così come per altre patologie, è sempre bene sottoporsi a controlli ciclici, in particolare per coloro considerati a rischio.