Unità di sangue intero e di plasma in crescita
È il modello Romagna: raggiunta l’autosufficienza

2019-02-04T18:19:04+01:00 4 Febbraio 2019|Primo Piano|
di Marta Perroni

Oltre 54mila unità di sangue intero e quasi 20mila di plasma da plasmaferesi. Sono solo alcuni dei numeri con cui la Romagna si è confermata ancora una volta autosufficiente.

«La situazione – afferma la dottoressa Vanessa Agostini, Coordinatore Sistema Sangue e Plasma dell’Ausl della Romagna – è complessivamente stabile. Il sistema sangue dell’Azienda Usl della Romagna, proprio grazie alla preziosa collaborazione tra Servizi Trasfusionali e Associazioni e Federazioni di volontariato del territorio, alla sensibilità dei donatori e all’importante lavoro dei clinici, riesce a garantire l’autosufficienza romagnola».

Anche nel 2018, infatti, per gli emocomponenti si è raggiunta in Romagna l’autosufficienza, grazie alla costante e preziosa collaborazione dei donatori e delle Associazioni di volontariato e a un uso appropriato del sangue donato da parte dei clinici.

«Avis in particolare è il cuore del sistema di sensibilizzazione e reclutamento dei donatori sul nostro territorio» aggiunge a DonatoriH24 Tiziana Rambelli, dirigente della piattaforma amministrativa dell’Ausl Romagna di Forlì.

Per l’anno appena trascorso, sul territorio romagnolo, il numero complessivo di donazioni di sangue intero è stato precisamente di 54.820 unità, quelle di plasma da plasmaferesi di 16.233 unità. Record per il territorio di Ravenna in cui sono state raccolte 21.547 unità di sangue intero e 8.062 unità di plasma da plasmaferesi.

Nelle altre città romagnole sono state raccolte: a Forlì 7.966 unità di sangue intero e 3.010 unità di plasma plasmaferesi, a Cesena 10.426 e 3.040 e a Rimini 14.881 e 2.121.

Negli ospedali romagnoli, per migliorare l’appropriatezza della gestione e dell’impiego della risorsa sangue, sono stati attivati, in collaborazione con le unità cliniche, specifici programmi multiprofessionali e multidisciplinari di “patient blood management” (PBM). Si tratta di una serie di tecniche farmacologiche e non farmacologiche da adottare prima, durante e dopo un intervento chirurgico secondo tre ‘pilastri’: ottimizzare la capacità di produrre globuli rossi, ad esempio trattando l’anemia prima dell’operazione; ridurre al minimo il sanguinamento, un risultato ottenibile con tecniche chirurgiche particolari o utilizzando terapie specifiche; ottimizzare la tolleranza verso l’anemia, agendo anche con farmaci sulla capacità dell’organismo di tollerarla.

Per queste procedure, a livello nazionale, l’Italia è stata premiata dall’Unione Europea (Leggi anche Patient blood management, Italia premiata dall’Ue di DonatoriH24).

Nel corso del 2018, in totale, sono state effettuate 46.083 trasfusioni di globuli rossi e 1.670 di plasma. Sono state inoltre distribuite al Centro Regionale Sangue 7.135 unità di globuli rossi.

«Per mantenere questa condizione – aggiunge la dottoressa Agostini – è necessaria comunque la continua disponibilità dei donatori, il lavoro costante delle Associazioni di volontariato e una continua opera di monitoraggio e raccolta dati: l’obiettivo è quello di continuare a garantire l’autosufficienza territoriale e concorrere all’autosufficienza regionale”.