Plasmaderivati italiani sempre in viaggio

2018-08-24T11:41:55+02:00 19 Agosto 2018|Mondo|
di Tiziana Barrucci

Dal 2013 i donatori italiani hanno un incentivo in più: il loro sangue è diventato un aiuto concreto per tanti pazienti, soprattutto bambini, affetti da emofilia anche fuori dall’Italia.

La data di svolta è il 7 febbraio 2013: data dell’Accordo Stato-Regioni che promuove la collaborazione per l’esportazione del surplus di medicinali plasmaderivati (prodotti in conto lavoro) a fini umanitari e lo sviluppo delle reti assistenziali nei paesi stranieri.

Da allora uomini, donne e soprattutto bambini che vivono in realtà che non permettono loro di ricevere  un trattamento adeguato lo ricevono grazie allo Stato italiano che manda loro gratuitamente i farmaci non usati nel nostro paese.

In questi quattro anni, quasi 27 milioni di unità internazionali di fattori della coagulazione (fattore ottavo e nono) sono stati esportati. A beneficiarne, con modalità differenti: Afghanistan, Albania, Armenia (nella foto di home page l’autorità competente del sistema sangue armeno, rappresentata dal professor Smbat Daghbashyan, accolta dallo staff medico del Cns), Egitto, India e Serbia. Mentre sono ai loro primi passi progetti articolati anche in Palestina ed El Salvador.

NON SOLO DONAZIONE

La genesi e l’organizzazione di questa cooperazione è particolare e la racconta a Donatorih24 Gabriele Calizzani, responsabile del settore plasma e medicinali plasmaderivati del Centro nazionale sangue (Cns), di ritorno da un viaggio in Albania per proprio uno dei progetti in essere: «All’inizio abbiamo pensato che inserire le donazioni dei prodotti delle regioni italiane all’interno di protocolli di studio o trial fosse la modalità migliore per garantire un più stretto controllo dell’erogazione e dispensazione di questi prodotti, che costituiscono un bene di alto valore etico ed economico.

E’ nata cosi nel 2013 la collaborazione scientifica con la Fondazione IRCCS Ca’ Granda di Milano ed il Prof Mannucci, punto di eccellenza per la ricerca nell’emofilia (e non solo) a livello mondiale. Poi le esperienze in India ed Egitto ci hanno fatto capire che le regolamentazioni, spesso mutevoli, per la conduzione degli studi in questi Paesi potevano divenire un vincolo, anche dal punto di vista economico, se non un ostacolo all’accesso ai trattamenti per i pazienti in stato di bisogno. Abbiamo quindi deciso di puntare a progetti sempre a carattere umanitario, ma in cui la componente scientifica e di ricerca sia marginale o solo funzionale alla crescita delle competenze dei Centri di trattamento.  

Un esempio concreto è quello egiziano: era partito già prima del 2013 uno studio da parte dell’IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano  con il professor Mannucci, Direttore scientifico della Fondazione IRCCS. Il monitoraggio dei pazienti trattati per l’emofilia di tipo A con plasmaderivati, mostrava che alcuni di loro sviluppavano l’inibitore, complicanza classica di tale patologia. Lo sviluppo di quell’anticorpo rende inefficace il trattamento: questi pazienti, per lo più bambini, dovevano quindi uscire dallo studio perché bisognava trattarli in modo da eradicare l’inibitore. Però le procedure, data la regolamentazione interna del paese, erano costose, lunghe e complicate. Con il tempo le procedure di cooperazione si sono quindi affinate.

LA PROMESSA DI ANDARE AVANTI CON LE PROPRIE GAMBE

I progetti di donazione di farmaci sono collegati ad accordi che prevedono in primo luogo l‘uso non profit dei prodotti «il nostro monitoraggio è in primis volto a verificare che i prodotti arrivino e siano forniti gratuitamente ai pazienti in difficoltà, e non finiscano in altri canali non regolamentati », dice Calizzani. Inoltre, a fronte del supporto logistico, del know how e della formazione al personale locale che l’Italia fornisce, si chiede l’impegno da parte del paese a sviluppare una rete adeguata, centri di erogazione e trattamento che funzionino al meglio in modo che i progetti di cura dei pazienti possano diventare con il tempo sostenibili.

 

TUTTI GLI ATTORI DELLA COOPERAZIONE

Il forte impegno italiano di questi anni è stato equamente distribuito tra gli attori sul palco:  «Come Cns abbiamo coordinato ma siamo stati sempre sostenuti dalle Regioni e dalla Kedrion, la realtà farmaceutica che in questi anni ha avuto il monopolio della produzione in conto terzi dei plasmaderivati», prosegue Calizzani. E aggiunge: «Kedrion si è sempre dimostrata estremamente disponibile a cooperare nei progetti. Ha infatti sempre fornito tutta la logistica necessaria e supporto a livello regolatorio per l’esportazione ed importazione di questi prodotti delle Regioni.».

La nuova regolamentazione sulla fornitura di plasmaderivati alle Regioni oggi vede anche altre società affacciarsi alla produzione di plasmaderivati per conto dello Stato visto che società diverse hanno vinto recentemente le gare d’appalto in Veneto, Emilia Romagna, Toscana,  quindi ora «vedremo come si comporteranno i nuovi attori. Veneto, Emilia Romagna  e Toscana hanno inserito tra i criteri di valutazione dei capitolati di gara la richiesta che le società si occupino di sostenere le Regioni nella gestione dei surplus di plasmaderivati. Quindi dobbiamo ancora aspettare per sapere se anche le altre aziende, seguiranno il modello di Kedrion facendosi partner attivi e propositivi in questo ambito».

L’INTEGRAZIONE DELLE COMUNITA’ STRANIERE 

E bisognerà aspettare anche per sapere se questi progetti di cooperazione umanitaria porteranno un altro risultato sperato, stavolta per l’Italia: «l’idea di fondo di queste progettualità è anche la possibilità di una maggiore integrazione su suolo italiano delle comunità provenienti dai paesi che usufruiscono degli accordi di cooperazione», dice Calizzani. Il calcolo è semplice: se con il plasma italiano si possono aiutare bambini, uomini e donne di paesi esteri, chi oggi proviene da quei paesi e vive in Italia sa che donando sangue non aiuterà solo cittadini italiani ma anche le popolazioni del suo paese d’origine. «Per aiutare un bimbo emofilico in Albania, ad esempio – conclude Calizzani – nessuno dovrà prendere un aereo e andare a Tirana: il suo gesto di generosità avrà ripercussioni anche al di là dell’Adriatico. Ovviamente si tratta di processi lunghi, ma siamo fiduciosi».