«L’Italia può fare da esempio per altri paesi». Non capita molto spesso di ascoltare queste parole riferite alla nostra nazione. Eppure siamo capofila in Europa nel cosiddetto Patient blood management. La gestione del sangue prima, durante e dopo gli interventi chirurgici è alla base del premio ricevuto dall’Italia al Global symposium patient blood management che si è appena concluso a Francoforte. Lo comunica con una nota inviata alla stampa l’Istituto superiore di sanità.
«L’Italia è il primo paese in cui il Pbm è supportato ufficialmente dal ministero della Salute e potrebbe fare da esempio per gli altri paesi». Sono queste le parole pronunciate dall’organizzatore del convegno cui hanno partecipato oltre 200 esperti da tutta Europa: Kai Zacharowski dell’ospedale universitario di Francoforte.
Cos’è il Patien blood management? Lo spiega lo stesso Istituto superiore di sanità.
«Il Pbm consiste in una serie di tecniche farmacologiche e non farmacologiche da adottare prima, durante e dopo l’intervento secondo tre ‘pilastri’: ottimizzare la capacità di produrre globuli rossi, ad esempio trattando l’anemia prima dell’operazione; ridurre al minimo il sanguinamento, un risultato ottenibile con tecniche chirurgiche particolari o utilizzando terapie specifiche; ottimizzare la tolleranza verso l’anemia, agendo anche con farmaci sulla capacità dell’organismo di tollerarla. Se ben applicato, oltre ad evitare le complicanze, il Patient blood management può ridurre i tempi di degenza e ridurre sensibilmente i costi legati alle terapie trasfusionali».
Il premio a Francoforte è stato ritirato da Giancarlo Liumbruno, direttore del Centro nazionale sangue, il quale ha avuto anche l’onore di illustrare il sistema italiano di Pbm ai presenti, nel corso di una sessione del simposio.
«La corretta gestione del paziente alla vigilia di un intervento chirurgico – ha detto Liumbruno – è un momento cruciale. Sappiamo che il mancato trattamento dell’anemia pre-operatoria equivale all’erogazione di prestazioni sanitarie sub-ottimali, con un aumento del rischio di complicanze anche gravi».
Secondo alcuni studi, spiega l’Istituto superiore di sanità nel comunicato stampa, affrontare da anemici un intervento di chirurgia maggiore può aumentare il rischio di mortalità dal 3 per cento al 10 per cento. Il problema, secondo alcune stime, può riguardare dal 5 al 20 per cento della popolazione italiana, mentre a livello globale un articolo recentemente pubblicato da Lancet ha stimato che nel 2016 l’anemia da carenza di ferro era al quarto posto tra le patologie per anni vissuti con disabilità in 195 paesi. In Italia sul Pbm sono state avviate diverse iniziative coordinate dal Centro nazionale sangue, per mandato del decreto ministeriale del 2 novembre 2015.
Tra queste la campagna “Only one” con una pagina web dedicata e del materiale informativo tra cui un video sulla «giusta trasfusione». Sono state inoltre pubblicate le linee guida regolatorie sul Pbm per tutti gli ospedali del Sistema sanitario nazionale, e messi a punto degli indicatori per verificarne applicazione.