«Aveva solo 12 anni, veniva dall’Albania e ce lo siamo trovati nel nostro centro che pesava 20 chili. Sanguinava. Sempre, in ogni momento». Emanuela Marchesini (nella foto) è ematologa, responsabile del centro emofilia di Perugia e ricorda come sono nati i progetti di cooperazione del nostro governo con Albania prima e Palestina dopo e di cui lei fa parte in duplice veste, come responsabile per l’Umbria e come rappresentante della Fondazione Emo.
C’ERA BISOGNO DI FORMAZIONE
Quel bambino che Marchesini ricorda e che noi chiameremo Aden, era malato di emofilia con gli inibitori, una forma di emofilia particolarmente grave, era stato portato in Italia per essere curato e tornare poi nel suo paese.
«Lo abbiamo curato con i plasmaderivati. Dopo sei mesi si stava riprendendo, era tornato a pesare 35 chili, migliorava ogni giorno che passava», ricorda la dottoressa. Insomma Aden, un po’ il simbolo di tutti i bambini emofilici albanesi, dopo un lungo periodo in Italia poteva in teoria tornare a casa dalla sua mamma. In teoria, perché in pratica le cose erano più complicate: «in Albania avevano il medicinale che serviva, ma ci siamo accorti subito che nessuno lo sapeva usare in maniera adeguata. Ad esempio veniva somministrato in alcuni centri, ma non distribuito per la profilassi a casa. Abbiamo quindi capito che dovevamo fare di più. Oltre a donare i medicinali, dovevamo pensare a un progetto di formazione».
GLI ATTORI IN GIOCO
Così sono iniziati i progetti di cooperazione con l’Albania. Marchesini infatti è nel comitato scientifico della Fondazione Emo, un’ associazione onlus aderente alla Federazione delle associazioni emofilici (FedEmo), che promuove la salute e la qualità di vita dei pazienti affetti da emofilia e altre malattie emorragiche congenite in Umbria e Marche. Tra gli obiettivi costitutivi della Fondazione, anche il supporto tecnico-scientifico ed operativo alle Regioni e istituzioni italiane nell’implementazione di progetti di cooperazione internazionale nel campo delle malattie emorragiche congenite.
Emo e FedRed, altra associazione onlus appartenente a FedEmo ed operante in Emilia Romagna, hanno organizzato per domani 30 ottobre in Senato la tavola rotonda “I progetti di cooperazione internazionale nell’ambito delle malattie ematologiche congenite” . Marchesini sarà alla tavola rotonda ed è stata anche nella delegazione italiana che il 29 ottobre, sempre a Roma, ha incontrato i rappresentanti albanesi e palestinesi: alle 11.30 il ministro della Salute di Tirana Ogerta Manastirliu, alle 14.30 il vice ministro della Salute Asad Ramlawi.
Coinvolti negli accordi il nostro ministero della Salute attraverso il centro nazionale sangue, in collaborazione con le Regioni e Province Autonome interessate, con l’ausilio tecnico-scientifico di esperti.
DALLA WEST BANK A GAZA
«Tra il 2016 e 2017 abbiamo quindi implementato il progetto in Albania. E nel 2017 abbiamo iniziato a lavorare con la Palestina», ricorda Marchesini.
Qualche mese fa la visita dei rappresentanti italiani per capire dove poter costruire i centri: quattro in Cisgiordania (nelle foto) e uno a Gaza.
Scopo, potenziare i centri clinici per la diagnosi e cura delle malattie emorragiche congenite e delle emoglobinopatie: le quantità dei plasmaderivati per la coagulazione oggi disponibili in Palestina sono sufficienti a garantire solo il trattamento “a domanda” dei pazienti, vale a dire il trattamento acuto dell’episodio emorragico. Le Regioni italiane si sono impegnate ad almeno raddoppiare tale quantità a titolo gratuito nel prossimo triennio. I centri che verranno sostenuti si occuperanno anche di talassemia. Dal 2013 in Palestina sono vietate le nascite di bimbi talassemici e gli stessi matrimoni tra coppie di portatori, «però ci sono ancora molti pazienti talassemici che vogliamo curare».
NON SOLO MEDICINALI
Il progetto, inserito nella programmazione annuale 2018 dell’agenzia italiana di cooperazione allo sviluppo, attualmente in fase di valutazione, prevede oltre all’esportazione gratuita di medicinali e alla formazione dei professionisti locali, il supporto tecnico e di capacity building finalizzati all’implementazione di una cartella clinica elettronica per la gestione clinica di queste patologie e l’istituzione di un registro nazionale delle malattie ematologiche congenite, la fornitura della strumentazione necessaria per l’allestimento dei laboratori dei centri ematologici, la definizione e implementazione dei protocolli e dei percorsi diagnostico-terapeutici dei pazienti, l’implementazione e la formalizzazione della rete dei centri e infine l’empowerment dei pazienti.
«Un ringraziamento particolare per tutto il lavoro fatto devo rivolgerlo alla società farmaceutica Kedrion – conclude Marchesini – è stata sempre e comunque al nostro fianco sostenendoci in tutto, dalle forniture, all’ organizzazione passando per la logistica».
LA COOPERAZIONE ITALIANA
Kedrion ha anche sostenuto le realtà istituzionali in questi progetti. Dal 2013 ad oggi, sono stati donati dalle Regioni italiane circa 30 milioni di unità internazionali (UI) di concentrati di Fattore ottavo (FVIII) e di Fattore nono (FIX) della coagulazione a Paesi tra cui: Afghanistan, Albania, Armenia, El Salvador, India, Serbia. Gli accordi prevedono la cessione a titolo gratuito dei medicinali emoderivati o dei prodotti intermedi di lavorazione del plasma eccedenti il fabbisogno nazionale, il supporto all’organizzazione dei sistemi trasfusionali locali, la formazione e l’addestramento delle risorse umane, nonché il supporto alla progettazione ed implementazione di reti assistenziali per i pazienti.