“Donare sangue fa soprattutto bene a noi stessi”

2020-06-10T16:14:23+02:00 10 Giugno 2020|
Assunta Bistrussu di Assunta Bistrussu

Quando per la prima volta ho donato sangue mi trovavo al mercato San Benedetto di Cagliari. Si chiamava Pedrazzini il volontario che, fuori dall’autoemoteca, invitava le persone a partecipare alla donazione. Mi ha fermato dicendomi: “Questa signora con il bel sorriso perché non viene a donare sangue?” e io sono entrata. Ho rivolto a lui tutti i piccoli dubbi e le curiosità iniziali sulla donazione. Non sapevo se potevo donare oppure no, ma poi l’ho fatto.

Era il 1983, tanto tempo fa. Mio marito Giampaolo già donava da due anni. Lui ha cominciato quando il medico, dopo una diagnosi di ipertensione, gli ha consigliato di provare a regolarizzare la pressione sanguigna attraverso la donazione. Così tutti e due abbiamo fatto quello che a me sembra un dovere di essere umano, nient’altro che un dovere.

E anche nostro figlio Stefano, forse ispirato da noi, ha cominciato presto. Quando era appena maggiorenne e senza nemmeno chiederci nulla, si è rivolto ad un’autoemoteca Avis. Studiava all’istituto nautico ed era al quinto anno del liceo. E’ tornato a casa un giorno dicendo che aveva donato sangue.
Negli anni scorsi abbiamo ricevuto tutti e tre dei riconoscimenti per le numerose donazioni di sangue effettuate: io ho ricevuto la benemerenza, mio marito ha ricevuto la croce d’oro e mio figlio la medaglia d’oro. Sia io che mio marito abbiamo superato le 100 donazioni e mio figlio è arrivato alle 80.
Secondo la mia opinione donare sangue e plasma, aiutare gli altri, fa soprattutto bene a noi stessi e non solo bene al prossimo. Questo è quello che rispondo quando mi ringraziano le persone di cui mi prendo cura all’Oncologico di Cagliari.

Da circa vent’anni vado lì come volontaria ad ascoltare chi ha voglia di parlare della propria malattia, tutti coloro che non vogliono pesare sulla propria famiglia, oppure coloro che una famiglia non ce l’hanno e non possono parlare dei propri problemi. Certe volte preferiscono sfogarsi con gli estranei per alleviare un po’ il proprio dolore. E certe volte ci ringraziano per l’ascolto, oppure per l’aiuto che offriamo anche durante i pasti, per esempio.

A causa dell’epidemia di Covid-19 noi volontari abbiamo dovuto fermare il nostro lavoro, perché avremmo potuto mettere a rischio la salute di tutte le persone immunodepresse.

Quindi speriamo presto di poter tornare. Il volontariato ci manca. Certe volte sento che siamo noi a dover ringraziare i pazienti, perché stare vicino a queste persone ci permette di capire che non ci possiamo lamentare per un mal di testa, perché star loro vicino ci insegna tanto.