Gli anticorpi (o immunoglobuline nel caso fossero su un linfocita B vergine) sono una classe di glicoproteine del siero presenti nei vertebrati, il cui ruolo nella risposta immunitaria specifica è di enorme importanza. Difatti la loro produzione, garantita dal processo di maturazione dei linfociti B (che genera le plasmacellule) costituisce una delle funzioni principali del sistema immunitario umorale (umorale perché il sangue è definito dai vecchi anatomisti un “umore”).
Insieme ai TCR (T-Cell Receptors; Recettori dei Linfociti T) costituiscono l’unica classe di molecole in grado di rispondere specificamente ad un agente estraneo presente nell’ospite. Nello specifico il “non-self” è costituito da un determinante antigenicoo epitopo mostrato sulla superficie cellulare di un patogeno (es. batterio o virus) ed il “self” è costituito da un particolare idiotipodenominato paratopo.
Gli anticorpi posseggono una peculiare struttura quaternaria che le conferisce una forma a “Y”: è proprio grazie a questa struttura che avviene il riconoscimento degli epitopi. In maniera schematica e semplificata si può dire che ciò avviene perché al termine dei bracci della “Y” vi è una struttura in grado di “chiudere” i segmenti del corpo estraneo da riconoscere. Ogni chiusura ha una chiave diversa, costituita dal proprio determinante antigenico; quando la “chiave” (l’antigene) è inserita, l’anticorpo si attiva.
Le coagulopatie sono delle malattie ematologiche caratterizzate da alterazione del meccanismo di coagulazione del sangue.
Il processo di coagulazione del sangue richiede l’intervento di diverse proteine il cui effetto è arrestare il sanguinamento. La mancanza totale o parziale di una di queste proteine può provocare la comparsa di sanguinamenti che possono variare da lievi (sanguinamenti dal naso, del cavo orale e dopo chirurgia, sangue nelle urine) a gravi (emorragie pericolose per la vita come le emorragie del sistema nervoso centrale, del tratto gastrointestinale o del cordone ombelicale ed emorragie potenzialmente disabilitanti come ematomi ed emartri).
Un emocomponente è un prodotto che viene ricavato dal sangue intero mediante frazionamento semplice o aferesi, mentre un emoderivato è una specialità medicinale che si ottiene dall’emocomponente tramite processazione industriale. Sono utilizzati nel trattamento trasfusionale per scopi terapeutici specifici.
Nelle trasfusioni, infatti, non si utilizza solamente il sangue intero (questa pratica non viene più utilizzata nella terapia di routine), ma possono essere usate anche le sue componenti consentendo così di infondere al paziente solo ciò di cui necessita, risparmiando ciò che non serve per altri casi e riducendo rischi causati dai globuli bianchi presenti nel sangue intero. Tra i casi in cui viene trasfuso il sangue intero vi sono le emorragie acute massive.
L’emocromo, abbreviazione comunemente usata per “esame emocromocitometrico” (termine composto sulle parole greche haima: sangue, khroma: colore, kytos: cellula, e metron: misura, etimologicamente riferite al colore e alla quantità delle cellule del sangue), è un esame di laboratorio completo del sangue, che determina la quantità dei globuli (leucociti o globuli bianchi, eritrociti o globuli rossi, e trombociti o piastrine), i livelli dell’ematocrito (HCT), e dell’emoglobina (Hb), nonché diversi altri parametri del sangue. È anche detto emogramma.
In inglese l’esame è detto complete blood count (CBC): “conta completa del sangue”, in francese hémogramme e in spagnolo hemograma o biometría hemática (“biometria ematica”).
L’emofilia è una malattia ereditaria recessiva comportante una grave insufficienza nella coagulazione del sangue dovuta alla mancanza, totale o parziale, del “fattore VIII” (emofilia A), o del “fattore IX” (emofilia B o malattia di Christmas, dal cognome del malato in cui fu identificata per la prima volta). Più rara è l’emofilia C, data dalla mancanza totale o parziale del “fattore XI”.
L’emoglobina (indicata con il simbolo Hb) è una proteina globulare la cui struttura quaternaria consta di quattro subunità. È solubile, di colore rosso (è una cromoproteina) ed è presente nei globuli rossi del sangue dei vertebrati, esclusi alcuni pesci antartici.
È responsabile del trasporto dell’ossigeno molecolare da un compartimento ad alta concentrazione di O2 ai tessuti che ne hanno bisogno. Ognuna delle sue 4 catene polipeptidiche è legata covalentemente ad un gruppo prostetico detto eme; esso è costituito da una molecola di protoporfirina che coordina uno ione ferro Fe2+, il quale sporge leggermente dal piano della molecola. L’emoglobina è inoltre una proteina allosterica.
L’emoglobina viene sintetizzata inizialmente a livello dei proeritroblasti policromatofili (precursori dei globuli rossi), rimanendo poi in alte concentrazioni all’interno dell’eritrocita maturo. Le alterazioni di origine genetica della struttura primaria della molecola, che ne alterano la funzione, o della sua espressione, che ne alterano la quantità in circolo, vanno sotto il nome di emoglobinopatie (esempi sono l’anemia falciforme e la talassemia).
Gli eritrociti o emazie o globuli rossi sono cellule del sangue. La funzione principale dei globuli rossi è il trasporto dell’ossigeno dai polmoni verso i tessuti e di una parte dell’anidride carbonica dai tessuti ai polmoni, che provvedono all’espulsione del gas all’esterno del corpo. Fanno parte degli elementi figurati del sangue insieme ai leucociti e alle piastrine. Nei mammiferi sono privi di nucleo, mentre nei restanti vertebrati (come gli uccelli) ne sono provvisti.
Il gruppo sanguigno è una delle numerose caratteristiche di un individuo e viene classificato tramite la presenza o l’assenza di antigeni sulla superficie dei globuli rossi. Questi antigeni possono essere proteine, carboidrati, glicoproteine o glicolipidi dipendenti dal sistema di classificazione usato e alcuni di essi sono presenti anche sulla superficie di altri tipi di cellule di vari tessuti (praticamente in tutte eccetto che in quelle nervose, tanto che il termine “gruppo sanguigno” viene usato solo perché è nelle cellule del sangue che questi antigeni sono stati scoperti).
Il gruppo sanguigno è geneticamente determinato/ereditato alla nascita e presenta contributi da entrambi i genitori.
Un insieme di diversi antigeni superficiali, che derivano da un allele e da geni strettamente correlati, formano collettivamente un sistema di gruppi sanguigni. Fino al 1901 si ignorava l’esistenza dei gruppi sanguigni. Gli studi di Karl Landsteiner portarono dapprima alla suddivisione del sangue nei vari gruppi sanguigni del sistema AB0, e successivamente alla scoperta di altri fattori che distinguono i diversi tipi di sangue, quale ad esempio il fattore Rhesus.
I leucociti o globuli bianchi o WBC (dall’inglese White Blood Cells), sono cellule mature della porzione corpuscolata del sangue. Essi sono presenti nella maggior parte dei distretti tissutali del corpo e viaggiano attraverso vasi linfatici e sanguigni.
La funzione principale dei leucociti è quella di preservare l’integrità biologica dell’organismo tramite l’attuazione dell’immunità cellulare. In particolare, una volta oltrepassate le barriere anatomiche dell’immunità innata (costituite principalmente dalla cute e dalle mucose) i microrganismi patogeni (virus, batteri, miceti, parassiti) e i corpi estranei penetrati nell’organismo sono riconosciuti e processati dai leucociti.
I meccanismi di immunità innata (naturale, aspecifica) sono garantiti dai granulociti e monociti;
I meccanismi di immunità acquisita (adattativa, specifica) sono garantiti dai linfociti.
In oncologia essi rappresentano un fattore prognostico importante andando a costituire parte dei TILs (Linfociti infiltranti il tumore).
Le piastrine (dette anche trombociti) fanno parte degli elementi figurati del sangue e la loro funzione è mediare il processo di emostasi e di coagulazione delle ferite. Come anche gli altri elementi figurati del sangue, le piastrine vengono prodotte dal midollo rosso delle ossa, hanno una vita media limitata e poi verranno distrutte nella milza. Un millimetro cubo di sangue ne contiene in media 300.000. La piastrine, come anche i globuli rossi, sono dei corpuscoli “usa e getta” perché si logorano molto in fretta e, terminato il loro compito, vengono distrutti.
La piastrinoaferesi è una tecnica di separazione delle piastrine dagli altri elementi del sangue mediante centrifugazione, usata a scopi prevalentemente chirurgici, per ottenere un gel di piastrine da utilizzare come fattore di crescita autologa (da riutilizzare sullo stesso paziente). Si può utilizzare per velocizzare i tempi di cicatrizzazione delle ferite o la ricrescita di materia ossea/cutanea durante impianto protesico o autotrapianto di cute/grasso.
Le piastrine sono ottenute da donatori, con una tecnica analoga a quella con cui si ottiene il plasma. La durata della donazione è di 50-60 minuti, se si parte da donatori con piastrinemia elevata, altrimenti i tempi si possono allungare di qualche minuto. Normalmente nella donazione di piastrine si ottiene anche una sacca di plasma.
La plasmaferesi è una tecnica di separazione del plasma sanguigno dagli elementi corpuscolati del sangue ottenuta mediante centrifugazione. Il metodo è utilizzato sia a scopi emotrasfusionali, sia a scopi terapeutici.
Il termine è formato dalla composizione dei due termini derivati dal greco antico πλάσμα, plasma, con cui si indica nel significato odierno la parte liquida del sangue, e ἀϕαίρεσις, rimozione.
Il giorno della donazione è consigliabile aver fatto una colazione leggera a base di frutta fresca o spremute, tè o caffè poco zuccherati, pane non condito o altri carboidrati semplici. È necessario aver introdotto una sufficiente quantità di liquidi onde non essere disidratati.
Prima del prelievo viene compilato un questionario anamnestico riguardo alla storia clinica remota e recente dall’ultima donazione, o comunque gli ultimi 4 mesi, dopodiché il donatore viene sottoposto alla quantificazione dell’emoglobina tramite punzione di un dito della mano ed esame spettrofotometrico della goccia di sangue fuoriuscita.
Segue poi un colloquio con un medico della sezione con cui viene commentato il questionario, viene misurata la pressione arteriosa ed auscultati il cuore ed i polmoni, dopodiché si può accedere alla sala prelievi.
Una donazione di sangue intero dura circa 15 minuti; una di plasma ne dura circa 45 ed una di piastrine poco di più. La durata della donazione di plasma è maggiore di quella del sangue intero a causa del procedimento di estrazione del plasma dal sangue: la cannula (l’ago che viene inserito in vena) è collegata ad un separatore cellulare in cui una centrifuga separa la parte più liquida, il plasma appunto, dai globuli rossi. Tale macchina esegue normalmente tre cicli di prelievo-separazione-reinfusione; in ciascuno sono processati circa 450 ml di sangue. Il plasma viene immesso in una sacca, la restante parte processata (globuli rossi concentrati e il plasma non separato) viene reintrodotta nell’apparato circolatorio nel donatore attraverso la stessa cannula. Per la donazione di plasma è incoraggiato lo stringere ritmicamente con la mano una pallina di gommapiuma per favorire il ritorno venoso garantendo un regolare funzionamento del separatore cellulare; è comunque presente un avviso sonoro quando il flusso di sangue si riduce sotto determinati valori.
Tramite una gestione con codici a barre, viene tracciata la singola donazione, identificando la sacca di sangue, l’apparecchio di emotrasfusione impiegato, il tesserino dell’infermiere e del donatore.
In questo modo, è informatizzata la registrazione del gruppo sanguigno e della data di donazione, che permettono di controllare: l’impiego di sangue di un gruppo compatibile col ricevente; non oltre il tempo massimo utile per la conservazione delle sacche e la trasfusione; il rispetto del tempo minimo di 3 mesi, previsto per legge, tra una donazione e la successiva; la disponibilità in tempo reale di sangue presso ogni centro, per ottimizzare la raccolta e l’impiego in base alla domanda.
Al termine del processo, per compensare la parte liquida tolta, potrebbe essere infusa nel donatore della soluzione salina, ma nella pratica si consiglia semplicemente di bere dei liquidi. Non prelevando componenti cellulari, la donazione di plasma risulta di impatto praticamente nullo sull’efficienza fisica del donatore; può pertanto essere eseguita ad intervalli ridotti (anche soli 14 giorni) ed è particolarmente indicata a donne in età fertile, in quanto non riduce il contenuto di ferro del sangue.
La richiesta di questo emoderivato è molto maggiore rispetto al sangue intero poiché il suo campo di applicazione è molto vasto.
Le donazioni sono in genere indolori e prevedono un ristoro finale. Ai lavoratori dipendenti, inoltre, viene riconosciuta in Italia per legge una giornata di riposo retribuita.
Viene convenzionalmente chiamata pressione del sangue la differenza tra la pressione esercitata dal sangue sulle pareti dei vasi (forza per unità di area in direzione perpendicolare alle pareti) e la pressione atmosferica. È la pressione indicata dagli appositi strumenti medici di misura (sfigmomanometri). Se, per esempio, la pressione atmosferica è 760 mmHg (= 1 atmosfera, poco più di un kilogrammo peso a centimetro quadrato) e lo sfigmomanometro segna 120, il sangue esercita sulle pareti dei vasi una pressione di (120+760) mmHg (= 1,16 atm). Varia a seconda dei vari distretti vascolari.
A livello arterioso sistemico si misura quella che più comunemente, ma erroneamente, è conosciuta come “pressione sanguigna”: questa diminuisce leggermente dal cuore verso le arteriole, a livello delle quali è ancora possibile valutare la pulsazione.
Da queste all’atrio destro del cuore la pressione cade velocemente fin quasi allo zero. Il sangue ritorna al cuore grazie alla pompa muscolare e alla pompa toracica: durante l’inspirazione, infatti, viene a svilupparsi nel torace una pressione negativa che facilita l’aspirazione di sangue da parte dell’atrio destro.
Nella circolazione polmonare il meccanismo è simile ma a resistenze e pressioni minori.
I valori normali di pressione son stati definiti sulla base dei valori compresi tra due deviazioni standard relative alla media delle pressioni rilevate in una popolazionenumericamente consistente. I valori variano in base all’età, al sesso e al gruppo sociorazziale dell’individuo.
Il sangue è un tessuto connettivo fluido (allo stato di aggregazione liquido e dal comportamento non newtoniano). Circola nei vasi sanguigni di alcuni taxa animali, incluso l’uomo. Esso garantisce le funzioni di ematosi e di respirazione secondaria nei vertebrati, molluschi e crostacei.
Esso si distingue da altri tessuti analogamente funzionanti: un esempio è dato dall’emolinfa degli insetti, come i ditteri chironomidi. Essi trasportano l’ossigeno dall’ambiente esterno alle cellule per mezzo di trachee e per mezzo di pigmenti respiratori disciolti nella loro emolinfa.
Le transaminasi (o aminotransferasi) sono una sotto-sottoclasse di enzimi (appartenenti alla classe delle transferasi e aventi numero EC 2.6.1) predisposti a catalizzare la reazione di transaminazione, ovvero il trasferimento del gruppo amminico α da un amminoacido a un α-chetoacido.
La scoperta delle transaminasi avvenne all’Università di Napoli nel 1955 grazie alle ricerche di Fernando De Ritis, Mario Coltorti e Giuseppe Giusti.
La trasfusione è la trasmissione di sangue da un organismo detto donatore ad un altro che lo riceve. Il donatore può essere della stessa specie del ricevente (trasfusione omologa) o di specie diversa (trasfusione eterologa). Se invece il donatore ed il ricevente sono lo stesso soggetto, cioè se il sangue viene prelevato e reinfuso nella stessa persona, si parla di autotrasfusione (trasfusione autologa). Deve essere considerata una terapia atta a sostituire il sangue perduto in toto o in alcune sue componenti in attesa che venga risolta la situazione patologica che ha portato alla perdita. Sotto certi aspetti può essere considerata come un trapianto e come tale può dare fenomeni gravi di incompatibilità conosciuti come reazioni trasfusionali.
Fonte: Wikipedia