Si dice che donare il sangue salvi due vite: quella di chi riceve e, più spesso di quanto non si pensi, quella di chi dà. Lo sanno bene Edoardo e Virginia, che per motivi differenti oggi possono dirsi salvi proprio perché hanno donato di sangue. Le loro storie di speranza e solidarietà, raccontate a Donatorih24.
EDOARDO MERIDIANI: «ERO POSITIVO AL WEST NILE, L’HO SCOPERTO DONANDO IL SANGUE»
«Il dono mi ha salvato la vita. Non vedo l’ora di essere negativo al West Nile Virus per tornare a donare sangue a chi ne ha bisogno», dice Edoardo Meridiani, primo caso di contagio da Virus del Nilo a Milano, a cui è stata diagnosticata la patologia grazie a una donazione di sangue effettuata il 17 agosto scorso.
Si trattava della prima volta per Edoardo: «Era tanto tempo che volevo donare il sangue, ma mi mancava lo stimolo giusto per farlo. Un giorno ho conosciuto la moglie di uno degli iscritti alla mia associazione, responsabile al centro trasfusionale del Policlinico di Milano e dopo aver parlato con lei mi sono deciso».
Edoardo è stato sottoposto a controlli molto scrupolosi per verificare la sua idoneità alla donazione. Ma dopo che il prelievo era andato a buon fine, a distanza di appena un giorno ha accusato i primi sintomi sospetti: «Avevo uno sfogo sulla pelle, sembrava morbillo – spiega – Mi sentivo fiacco, spossato e per me questo era strano dato che sono una persona molto attiva. Insomma non ero più io».
Inizialmente aveva attribuito il malessere a un’intossicazione alimentare e si era rivolto al suo medico di base: «Mi aveva prescritto un antistaminico e il cortisone, nemmeno lui poteva immaginare fosse West Nile Virus – continua – Devo ringraziare il centro trasfusionale e il personale medico dell’Ast di via Padova, mi sono stati vicino e hanno capito lo smarrimento che ho provato. Ma se non avessi donato il sangue non avrei mai saputo di essere positivo».
Dopo pochi giorni il rossore è scomparso ed Edoardo è riuscito a partire per le ferie tanto agognate in Corsica, ma il suo pensiero è già rivolto al ritorno e a una promessa fatta a se stesso: «Ritornerò il 23 settembre, e il 24 farò il test del West Nile Virus. A maggior ragione dopo la mia esperienza, non aspetto altro che tornare a star bene per donare».
VIRGINIA ROMITI: «SALVA PER UN SOFFIO GRAZIE ALLA DONAZIONE PERIODICA»
«Senza la donazione a quest’ora sarei morta» dice Virginia Romiti con commozione, mentre ripercorre la giornata di fine marzo scorso in cui ha scoperto di avere un aneurisma di grado severo all’aorta grazie alla consueta donazione periodica di sangue, che faceva in quanto volontaria della Fratres di Filattiera (Massa-Carrara) da sette anni.
Nelle settimane precedenti alla donazione Virginia non aveva dato peso ad alcuni segnali di affaticamento fisico: «Mi svegliavo di notte senza fiato – racconta – Pensavo derivasse da uno stato d’ansia. Non avrei mai pensato a qualcosa di grave e di certo non avevo in programma di farmi visitare».
Dopo il prelievo al centro trasfusionale di Pontremoli i medici l’avevano trattenuta: «Si erano accorti subito che qualcosa non andava dopo le analisi e la settimana successiva mi hanno operato d’urgenza a Massa Carrara. È stata un’operazione lunga e il decorso è stato difficile».
I medici le avevano riferito che si trovava in condizioni molto gravi. Dato lo stato avanzato dell’aneurisma, anche il minimo sforzo le sarebbe potuto essere fatale: «E pensare che fino al giorno prima avevo falciato il prato di casa mia e lavorato nell’orto», commenta ancora incredula.
Sono trascorsi quasi sei mesi dall’intervento e ora Virginia è tornata perfettamente in salute. Non nasconde la voglia, se fosse ancora possibile, di tornare a donare: «Passati i canonici sei mesi di stop post anestesia voglio donare ancora. Spero avere nuovamente i requisiti giusti per farlo».
Non stupisce tanto entusiasmo, considerato che la sua storia personale e familiare è legata a doppio filo con il dono: «Devo tutto alla donazione, fa parte del mio retaggio – dice Virginia – Mio marito donava e anche mia figlia ha scelto lo stesso percorso. Siamo iscritte all’Aido e all’Admo perché crediamo profondamente nei valori del dono. Spero che la mia esperienza lasci un segno e smuova qualcuno ancora indeciso, è qualcosa che riguarda tutti: chi dona e chi riceve».
È dello stesso parere Ilenia Zoppi, presidente di Fratres Filattiera (Massa Carrara), che non ha dubbi sull’argomento: «La donazione viene esaltata soprattutto come gesto di solidarietà verso il prossimo, ma lo è anche verso se stessi. Chi dona il sangue può tutelare meglio la propria salute e, in alcuni casi, salvarsi la vita. La storia di Virginia lo dimostra».
Virginia ha voluto raccontarsi per diffondere un messaggio importante e ben preciso, come sottolinea Ilenia: «Venite e, soprattutto, tornate a donare. Mi rivolgo a chi si è allontanato dalla donazione negli ultimi anni, anche a causa dei tagli alla sanità che hanno creato impedimenti e ostacoli alla raccolta sangue. È un’opportunità importante per godere di una prevenzione a 360 gradi».
La Fratres di Filattiera conta 250 donatori su circa 2.300 abitanti. Questi numeri dimostrano come le sinergie tra associazioni, sanità e donatori, se ben collaudate, possono fare la differenza nell’organizzazione del sistema trasfusionale a livello locale: «Abbiamo una cultura del dono molto radicata a Filattiera – spiega Ilenia – Il controllo accurato del centro trasfusionale di Pontremoli si è sposato perfettamente con il nostro lavoro di volontari. Far rispettare le tempistiche ai donatori periodici, mettendo al centro la continuità della raccolta fa sì che tutta la macchina trasfusionale lavori come deve».
La presidente spera in un ricambio generazionale. L’obiettivo è coinvolgere i ragazzi in futuro: «Abbiamo bisogno di passare il testimone alle nuove generazioni. Bisogna trasmettere il messaggio che donare sangue è importante perché è una necessità che riguarda tutti, proprio perché chiunque può averne bisogno».
Le storie di Virginia e di Edoardo non solo confermano non solo quanto la donazione sia importante anche per la propria salute, ma testimoniano l’eccellenza del sistema trasfusionale italiano, che garantisce la qualità in tutto il processo di selezione e controllo sui donatori.