“Quello che ho cercato di suggerire, anche alla Commissione Europea, è di fare in modo che ci sia un interesse pubblico a sviluppare nuovi farmaci per i pazienti di malattie rare. Questo si potrebbe fare tramite lo stanziamento di un miliardo di euro all’anno, che è una piccola somma per l’Unione Europea, questo miliardo potrebbe essere utilizzato per costituire venti gruppi, ognuno con la propria specialità e ognuno finanziato con 50 milioni di euro all’anno, che sviluppano farmaci per le mattie rare”. Questa è la ricetta del professor Silvio Garattini per fronteggiare la questione degli investimenti sulle malattie rare, un business che, per le case farmaceutiche, non è un business in quanto l’investimento sarebbe maggiore delle spese per sviluppare una terapia. Garattini è una delle voci europee più autorevoli in campo scientifico, fondatore dell’istituto di Ricerche farmacologiche Mario Negri di cui oggi ricopre la carica di presidente.
Sulla questione si è espresso il responsabile dell’Associazione immunodeficienze primitive, Filippo Cristoferi.
“Quanto afferma il professor Garattini è sicuramente rilevante – commenta Cristoferi -. Un contributo di un miliardo di euro da parte della comunità europea per la ricerca sulle malattie rare sono sicuramente soldi in più che sapremmo come spendere in maniera adeguata per una ricerca di qualità”.
Nuovi fondi, ma non solo, Cristoferi auspica l’ottimizzazione delle risorse già esistenti. “Ci sono poi alcuni altri temi che andrebbero approfonditi e analizzati e che non comportano per forza risorse aggiuntive sul tema della ricerca – prosegue -. Sostanzialmente potrebbero esserci dei sistemi che incentivano in particolare le aziende del farmaco a compiere significativi investimenti in attività di ricerca. Se ci fosse un sistema compensativo del payback farmaceutico rispetto a eventuali investimenti in ricerca, oppure se gli investimenti in ricerca venissero defiscalizzati, potrebbero essere soluzioni che incentiverebbero le aziende ad andare in una certa direzione”.
Cristoferi auspica inoltre una maggiore connessione tra pubblico e privato: “Vale ugualmente per le aziende profit, ossia quelle più interessate al campo della ricerca, oppure per le charities, come la fondazione Telethon. Se riuscissero ad avere un migliore utilizzo dei fondi dedicati alle attività di ricerca sulle malattie rare, attraverso sistemi favorenti oppure attraverso sistemi di cofinanziamento del soggetto pubblico. Ad esempio, il privato decide di investire un euro in attività di ricerca, il pubblico raddoppia l’investimento per poter raggiungere l’obiettivo. Altro tema sono le partnership tra istituti di ricerca pubblici e istituti di ricerca privati”.
“Un ultimo aspetto, molto significativo, che incentiverebbe le aziende a investire nel mercato del farmaco orfano, è quello di trovare modalità di finanziamento e di accesso al mercato di queste terapie che siano più dinamiche e innovative, che non prevedano quindi il pagamento del farmaco nell’anno fiscale di acquisto e somministrazione ma che permettano formule finanziarie di pagamento dilazionate”.
Infine, si torna alle parole del professor Garattini: “Si possono quindi trovare, come sostiene Garattini, formule di investimento ulteriori nell’ambito delle malattie rare, si possono trovare anche dinamiche economico – finanziarie che incentivino i soggetti che hanno un interesse specifico a sostenere ulteriormente il mondo della ricerca, in particolare in Italia in cui la ricerca e i ricercatori hanno una qualità e una formazione tali che producono esiti di assoluta rilevanza”.
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