“Abbiamo in pipeline almeno duecento terapie avanzate che arriveranno sul mercato nei prossimi 5 – 7 anni, i farmaci orfani nel 2014 erano 53, nel 2023 sono passati a 135. Le sperimentazioni sono passate da 117 nel 2014 a 187 nel 2023. Ma non è mai abbastanza”. Annalisa Scopinaro, milanese adottata dalla Toscana, è madre di tre figli di cui uno affetto da sindrome di Williams. Laureata in Economia e Commercio, è da sempre attiva nel volontariato, oggi è la presidente di Uniamo, la Federazione italiana malattie rare che affilia oltre 200 associazioni e circa due milioni di persone.
Dottoressa Scopinaro, come procede a livello europeo la ricerca sulle malattie rare?
“A oggi abbiamo terapie per circa il 5% delle patologie rare che sono circa 8mila. E’ anche vero che nel 5% rientrano le patologie rare più diffuse come emofilia, talassemia, immunodeficienze primitive, quindi in realtà la popolazione coperta è molto più elevata rispetto al raffronto con questo 5%. Di fatto, quello che c’è in discussione, è una revisione sul regolamento europeo sui farmaci orfani che dovrebbe servire a garantire una maggiore equità all’interno degli stati membri perché siamo al paradosso in cui vengono sviluppati dei trattamenti, vengono autorizzati da Ema ma messi in commercio soltanto in alcuni stati perché in altri non è conveniente all’industria farmaceutica”.
Regimi diversi nella stessa Europa unita?
“Sì, un farmaco può essere presente in Italia ma non in Romania. Quindi i cambiamenti del regolamento europeo vanno nell’ottica di cercare di creare maggiore equità, spingendo con incentivi le aziende ad andare un po’ su tutti i paesi. E’ anche vero che, per alcune patologie ultra rare, per le quali non c’è mercato a sufficienza per garantire una redditività, bisogna capire cosa possiamo fare per incentivare le aziende per continuare a investire. Infatti, il nuovo regolamento stimola a dare maggiori incentivi a chi studia le ultra rare. Ma sono due aspetti diversi, un conto sono le ultra rare, che hanno in media cinque casi in Europa, per le quali non c’è mercato, un altro conto è il mercato dei farmaci orfani per le malattie rare in generale che hanno costi elevati a paziente e che quindi garantiscono una redditività per le aziende”.
Il 28 giugno è la giornata internazionale delle screening neonatale
“Lo screening neonatale è stata una conquista epocale. Ricordo che non se ne parlava proprio in Italia fino a quando non ci sono state le associazioni che si sono mosse. L’Italia ha oggi 49 patologie screenate in totale, molte hanno trattamenti che sono semplici diete e che garantiscono di avere una vita normale. Circa 400 – 500 bambini ogni anno che erano destinati a essere gravemente disabili o morire e che hanno potuto avere una speranza di vita completamente in salute, salvo ovviamente la dieta che devono seguire, ma questo è il meno”.
Anche in questo caso, però l’Europa procede a due velocità
“Ci stiamo battendo affinché questo diritto di salute sia esteso a tutti gli stati europei perché negli altri paesi il numero massimo di patologie monitorate credo che siano 16 in Francia e 9 Germania, numeri molto bassi rispetto a quello che potrebbe essere. La nostra ulteriore speranza, ed è tra le cose per cui ci stiamo battendo, è che siano inserite ulteriori patologie nello screening e che siano inserite nei Lea, quindi diventino operative in tutte le regioni italiane dove non è uniformata la situazione. Alcune regioni, ad esempio, offrono screening anche extra Lea perché i loro bilanci lo permettono, altre non possono permetterselo”.