Lazio lontano dall’autosufficienza. Lo scorso anno il bilancio tra produzione e consumo di sangue ha registrato un saldo negativo di 25.652 emazie. Nel particolare, la produzione è stata di 177.449 emazie con una acquisizione aggiuntiva dall’ospedale pediatrico Bambino Gesù (4.470) e dalle altre regioni (25.309) che ha portato a una raccolta totale di 195.604 emazie a fronte di un consumo totale di 203.101 al netto delle quelle eliminate per problemi tecnici o di sicurezza. Eppure l’Avis del Lazio può contare su un esercito di donatori che hanno prodotto lo scorso anno 75.048 unità di sangue intero e 3.622 di donazioni aferesi. La situazione del 2018 continua verso un trend negativo. Nel primo trimestre, rispetto allo stesso periodo del 2017, c’è stata una produzione di circa 2.700 emazie in meno.
Questi dati sono stati ribaditi oggi nel corso del convegno Religione e laicità del dono, organizzato dall’Avis comunale di Roma, l’intercomunale San Pietro, la sezione comunale di Venezia. Alla manifestazione, prevista nell’ambito della giornata mondiale del donatore di sangue che si celebra oggi, è stato concesso il patrocinio del Comune di Roma, della Regione Lazio e dell’Avis regionale del Lazio. L’incontro si è svolto nella sala della Protomoteca del Campidoglio.
La burocrazia e le donazioni
C’è una crisi della donazione ma anche tanta, troppa burocrazia. Manca anche una buona organizzazione che crea la conseguente crisi. Due denunce emerse dagli interventi che hanno arricchito il convegno con una tavola rotonda. Al confronto hanno partecipato Anna Maria Foddai (Simt-Ifo), Carla Gargiulo (Simt Frosinone), Francesco Equitani (Officine trasfusionali di Latina), Fulvio Viceré (Avis San Pietro), Maurizio Infantino (Avis Roma), Pierluigi Bartoletti (Fimmg, Federazione dei medici di medicina generale) e Riccardo Serafini (Qcb ospedale Sandro Pertini Roma). “La situazione del Lazio riflette quella nazionale – ha detto Anna Maria Foddai – e nonostante il tanto impegno profuso non riusciamo a trovare un equilibrio tra produzione e esigenze sanitarie. La situazione della Lazio si trascina da anni e non riusciamo a emergere dalla crisi. I servizi trasfusionali, secondo la mia sensazione, non vengono supportati dagli organi regionali con campagne serie di informazione”. Dito puntato contro la Regione anche da parte di Francesco Equitani: “I servizi trasfusionali ospedalieri sono troppi e andrebbero razionalizzati. Sarebbe opportuno semplificare la burocrazia con un grande progetto di riforma del sistema sangue. Servirebbe un sistema estrapolato dalle aziende sanitarie, con una visione strategica che in questi anni è mancata. Infine bisogna preoccuparsi di coinvolgere di più le associazioni che dovrebbero far parte del sistema”. “E’ vero la burocrazia è un problema grave ma la colpa è anche mia – ha detto con ironia Riccardo Serafini – che non riesco a esprimere il mio disagio su una serie di scelte organizzative che hanno penalizzato la donazione”.
Infantino: un aiuto dai medici di famiglia
Maurizio Infantino ha spiegato le sue difficoltà nel confronto quotidiano con i servizi trasfusionali ospedalieri: “Siamo costretti a gestire procedure diverse perché ognuno ha sistemi diversi. In questo modo si perdono risorse economiche e umane. Il Lazio è uno strano territorio. Quanto c’è un’emergenza, il romano dona il sangue ma poi non siamo capaci a dare regolarità e continuità alla donazione. Noi siamo l’ultima parte di un processo ma siamo primi nella cultura del dono. Il dono è anche incontro, formazione e servirebbe anche l’aiuto dei medici di base per fare informazione nei propri studi”. La proposta è stata accolta da Pierluigi Bartoletti: “Parliamone”.
Sotto la lente delle responsabilità c’è la politica e in particolare la macchina regionale. “Manca pianificazione, un confronto organizzativo con la Regione. La donazione è il campo principale dove operano le associazioni ma serve una collaborazione sempre più stretta governata e pianificata”, ha spiegato Carla Gargiulo. Un mare di carte, regolamenti, delibere e sistemi informatici non adeguati. “Manca anche la responsabilità politica nella gestione del sistema sangue – ha aggiunto Pierluigi Bartoletti -. Il donatore di oggi non è quello di venti anni fa e anche l’informazione deve essere più rapida e social per arrivare ai giovani che saranno il futuro delle emoteche”. “Sono 35 anni che dico le stesse cose, i problemi sono sempre gli stessi e ho l’impressione che mi spiego male o qualcuno è sordo alle mie parole – si è sfogato Fulvio Vicerè -. Ancora oggi c’è bisogno di sangue, serve gente informata e consapevole che ponga in primo piano la scelta personale. La carenza di donazioni è però anche la conseguenza di una scelta organizzativa politica e dico che alcune scelte non sono state oculate. Il problema serio del Lazio è la città di Roma che ha una carenza ormai cronica di 48mila emazie ogni anno. Le associazioni sono un pezzo della filiera dove la Regione interviene con quelle scelte organizzative necessarie a far marciare i servizi trasfusionali. Se funzionano le indicazioni della politica, funziona anche l’associazionismo”. “La solidarietà deve essere condivisa. Come Avis dobbiamo lavorare in condizioni difficilissime di organizzazione ma nonostante questo portiamo ogni anno 340mila nuovi donatori. Dobbiamo però lavorare ancora meglio sull’informazione e la raccolta”, ha detto Alberto Argentoni, presidente nazionale dell’Avis.
Religione e laicità: la donazione nella storia
“Il sangue è vita, la vita è un dono da donare”. Parola di Lino Fumagalli, Vescovo della Diocesi di Viterbo, che è intervenuto nella sala della Protomoteca del Campidoglio, al convegno Religione e laicità del dono. Monsignor Fumagalli ha insistito sulla cultura della solidarietà. “E’ sinonimo e introduzione alla giustizia nel significato più importante della sua visione. La solidarietà è una malattia contagiosa e mi permetto di aggiungere che rappresenta il termometro della civiltà di un popolo. Mi auguro che ci sia sempre la luce della solidarietà nel nostro cuore e la donazione del sangue va in questo senso. Il sangue simboleggia la vita e crea un vincolo tra chi dona e chi riceve, tra Dio e il popolo che si aspetta la restituzione del suo amore. La donazione diventa un vincolo fortissimo tra gli uomini. La vita è accettabile solo in un contesto solidale, il sangue in questa ottica è simbolo di vita”.
Il tema della solidarietà è stato toccato anche dalla professoressa di filosofia Maria Teresa Russo. Che ha ricordato il rapporto tra amore e giustizia definendo la disponibilità delle associazioni e dei donatori una sorta di apostolato sociale. “Già dall’antichità c’era il dono verso le divinità nella speranza di ricevere da esse altri doni. La moderna sensibilità sociale ci porta non più a parlare di beni comuni ma di beni in comune. Sul dono del sangue si sono confrontati tanti pensieri ma è fondamentale l’idea della solidarietà e la presenza del volontariato”. “L’uomo solidale del passato si è trasformato. Ora cerca anche un’organizzazione che lo aiuti nei suoi gesti”, ha spiegato lo storico Claudio Canonici.