La maternità è fase straordinaria per la vita di una donna. Sia il corpo sia la mente delle future neo mamme vanno incontro a dei cambiamenti.
I tessuti tengono maggiori quantità di liquidi e cresce il tessuto adiposo, generando quel tipico aumento di peso che, per rispettare i giusti parametri, deve assestarsi tra i 9 ed i 12 chilogrammi.
Psicologicamente, invece, per la donna si crea una nuova identità che si deve integrare alla precedente, con alternanza di stress e di grande entusiasmi.
Come si integra questo nuovo quadro psicofisico della maternità con il desiderio delle donne di compiere il gesto più bello e donare sangue? Probabilmente la voglia di donare non verrà mai meno, e anzi, con l’aumento di emotività e consapevolezza di quanto si è importanti per gli altri, potrebbe addirittura crescere.
Ecco allora di cosa è necessario tenere conto per tutte quelle donne che vogliono diventare madri, sono già in gravidanza o hanno appena avuto un figlio.
Iniziamo con una certezza: anche se non esistono vere e proprie controindicazioni scientifiche, a livello precauzionale in Italia non è possibile donare durante la gravidanza e nei 6 mesi successivi durante l’allattamento.
Si tratta di una scelta votata a non correre alcun rischio: anche nelle fasi d’allattamento non ci sarebbe nessuna controindicazione particolare, né evidenze scientifiche che indichino che donare mentre si allatta produca per il corpo conseguenze negative, ma la ratio è di permettere all’organismo già in qualche modo provato, di tornare alla sua condizione migliore, recuperando energia.
Vi è inoltre un discorso legato al ferro. Sappiamo già che esiste una comprovata differenza di livelli di emoglobina e ferro tra donna e uomo che impedisce il dono nel periodo mestruale – sono più bassi nella donna – e dunque è importante indirizzare i depositi di ferro a favore del nascituro, evitando carenze marziali nella madre.
Il questionario di accesso al dono è chiaro sin da subito, con tre domande sulla maternità che consentono l’informativa medica:
Solo per le donatrici
3.1. È attualmente in gravidanza?
3.2. Ha partorito negli ultimi 6 mesi?
3.3. Ha avuto interruzione di gravidanza negli ultimi 6 mesi?
Tuttavia per tutte le donne che vogliono fare qualcosa di bello per il prossimo anche in questa fase della vita così speciale, esiste una possibilità unica e importantissima: donare il proprio cordone ombelicale.
Il cordone ombelicale normalmente viene buttato via, ma è un errore spesso dovuto alla non consapevolezza delle coppie che hanno un figlio. In realtà contiene cellule staminali preziosissime, identiche a quelle che si possono estrare dal midollo osseo, cellule in grado di dar vita a globuli rossi, globuli bianchi e piastrine, ovvero gran parte del patrimonio biologico del sangue.
Donare il cordone ombelicale consente dunque di aiutare moltissimi pazienti affetti da leucemia e linfomi che non trovano facilmente donatori di midollo compatibile
Donare il proprio cordone ombelicale è un’operazione del tutto indolore, che non comporta alcun rischio per mamma e bimbo: il prelievo del sangue avviene infatti quando il cordone è sempre stato reciso, e non vi è alcun tipo di differenza se il parto è stato naturale o cesareo.
Una volta estratto dal cordone, il sangue è conservato in una sacca sterilizzata e inviato alle “Banche del cordone” in Italia, per essere conservato a
a 190° sotto zero, con la possibilità di essere utilizzato per 10 anni.
Nessuna rinuncia a fare del bene dunque nella fase della maternità: anche se per circa 15 mesi sarà impossibile donare in aferesi o sangue intero, le cellule staminali contenute nel cordone ombelicale faranno il bene di tantissime persone. Inoltre, non è da sottovalutare l’effetto passaparola. Raccontando la propria esperienza ad amici e familiari le coppie e le donne donatrici daranno l’esempio a tantissime altre persone.