Dietro al gesto della donazione c’è un mondo che deve operare in sicurezza. Un mondo che chi si reca in un centro trasfusionale o in un’autoemoteca mobile percepisce in maniera superficiale, perché non coinvolto in tutto l’iter che precede e segue il prelievo.
Per regolamentare maggiormente tutto ciò che accade nelle strutture che raccolgono sangue ed emocomponenti, è assicurare ai donatori trasfusioni sicure, è stato recentemente prodotto un documento, “Buone pratiche multidisciplinari nel processo trasfusionale – La sicurezza come obiettivo di sistema”, realizzato da diversi specialisti in varie discipline, che ha come scopo quello di accompagnare operatori sanitari, donatori e riceventi in quello che è il complesso processo trasfusionale.
Una raccolta dettagliata di best practice che vanno dalla conoscenza del processo all’identificazione di nuove tecnologie, fino alla tracciabilità delle attività e alla sicurezza degli emocomponenti. Ruolo importante, nella stesura del documento (consultabile a questo link), lo ha ricoperto l’Avis Nazionale, tramite il suo presidente Gianpietro Briola: “Aver indicato le criticità e i rischi che si celano dietro il sistema di raccolta è fondamentale – ha spiegato il primario del pronto soccorso ospedaliero di Manerbio – il fattore umano è centrale nell’intero processo, fin dalla selezione del donatore. Questo testo sarà utile a tutti, in particolare nelle fasi di emergenza che più volte ci siamo trovati ad affrontare nel corso della pandemia. Conoscere la filiera del nostro settore trasfusionale è indispensabile“.
E a garantire la qualità del processo, come ha sottolineato sempre Briola, è la tracciabilità costante che si può applicare con i donatori periodici “mentre quelli occasionali sono meno portati al dono come scelta di vita. Attualmente non andiamo incontro ad alcun rischio grazie agli esami che vengono effettuati: da anni non registriamo più casi di malattie virali trasmesse per via trasfusionale. Tutto questo perché il percorso è tracciato e seguito in via informatizzata, una prassi che rende il nostro sistema, già di per sé, garanzia di sicurezza e affidabilità. Per tutti“.
“L’auspicio del team di lavoro – si legge nelle conclusioni del documento – è che le considerazioni espresse possano entrare a far parte della cultura della trasfusione nel nostro Paese, andando ad alimentare un orientamento continuo verso una sempre maggior qualità dei servizi sanitari e contemporaneamente a rafforzare quel clima di reciproca fiducia-stima tra operatori e cittadini che è piattaforma indispensabile per il continuo miglioramento del sistema sanitario nazionale“.
Oltre al presidente nazionale di Avis, a firmare il documento sono stati anche il direttore del Laboratorio Controlli Qualità Microbioligici delle cellule staminali e terapie cellulari del San Camillo-Forlanini Claudio Lavorino, la pediatra neonatologia dell’azienda ospedaliera universitaria di Udine Isabella Mauro, la collaboratrice sanitaria senior dell’Ausl Toscana Centro Lucilla Nozzoli, il professore ordinario del dipartimento di Scienze Mediche Orali e Biotecnologie della “Gabriele D’Annunzio” di Chieti-Pescara Flavia Petrini, la coordinatrice infermieristica dell’Asl di Pescara Irene Rosini e il dirigente medico responsabile di Rischio Clinico dell’azienda sanitaria di Firenze Francesco Venneri.