Etica e donazione di sangue sono un’idea e un’azione legate in modo indissolubile, e per approfondire questo aspetto in procinto di arrivare agli eventi del 14 e 15 giugno quando andrà in scena il World blood donor day 2021, qualche giorno fa si è svolto un webinar molto interessante che ha coinvolto vari esponenti importanti del sistema sangue collegati insieme per esprimere il loro pensiero.
Per ribadire questo legame profondo, dopo i saluti del direttore del Centro nazionale sangue Vincenzo De Angelis che ha sottolineato come essere donatori significhi restituire il diritto alla salute con un dovere, è intervenuto Lorenzo Montrasio del Council of Europe.
Com’è fatto un sistema che si basa su una donazione etica, che garantisce la disponibilità di trattamenti che dipendono dal dono di materiale biologico che viene dall’uomo affinché sia disponibile per la cura di un paziente, attraverso trasfusioni, trapianti o produzione di medicinali?
In un sistema che vuole essere etico ci sono principi procedurali che devono essere rispettati, per ovviare alla disponibilità del materiale biologico: conoscenza, accessibilità, qualità e sicurezza del servizio e dei prodotti ottenuti attraverso il dono non possono quindi assolutamente mancare. Eppure, la chiusura del cerchio dipende dalla possibilità di accesso alle cure per tutti i pazienti.
La Convezione di Oviedo e l’etica in medicina e biologia
Il consiglio d’Europa controlla che tutto questo avvenga, e che i diritti umani siano tutelati. La Convenzione di Oviedo in tal senso è uno dei trattati fondamentali, che regola il rispetto della dignità umana nell’ambito della medicina e della biologia. Se da un lato medicina e biologia hanno prospettive incredibili, non bisogna tralasciare i rischi collegati all’abuso di queste discipline.
Con l’articolo 21, la Convenzione di Oviedo vieta il profitto sul corpo umano e le sue parti, ed è chiaro questo articolo fondamentale mira a proteggere le fasce più deboli della popolazione. In Usa, per esempio, il plasma umano è commerciabile (si raccoglie a pagamento), e ciò crea sicuramente, così come dicono i dati, una forte partecipazione al dono delle fasce più povere intenzionate a crearsi un reddito.
Per la convenzione di Oviedo invece andrebbe regolato anche il concetto di rimborso, che non deve essere utilizzato come forma di pagamento, e che invece può essere accettato in caso di misure trasparenti, con rendicontazioni e regole che consentano di evitare che il rimborso stesso si comporti come incentivo al dono. Non è accettabile offrire vantaggio finanziari o concreti.
Il dono in Italia
E in Italia? È rispettata la Convenzione di Oviedo?
La donazione di sangue in Italia è al massimo livello possibile di allineamento con i principi etici, in quanto anonima, gratuita, volontaria, associata e organizzata: il dono crea un sistema di solidarietà e coesione sociale, come spiega bene Marcel Mauss nel suo importante “Saggio sul dono”.
Sabina Gainotti, professoressa di bioetica, ribadisce tale concetto: i motivi per cui una donazione non retribuita è irrinunciabile sono ben elencati in figura 2.
La domanda legittima è: basta la motivazione altruistica o è pensabile – e conciliabile con l’etica – introdurre altre forme di ricompensa? Probabilmente la soluzione è tenere il donatore in una situazione né di guadagno, né di perdita, introducendo dei giusti rimborsi.
In Italia, i donatori possono godere di un’astensione dal lavoro nei giorni in cui donano, e secondo i dati del Cns la maggior parte dei donatori non si avvale di questo diritto, ma uno studio italiano del 2008 fa notare come i donatori che approfittavano di questo diritto donavano una volta in più all’anno, e preferivano legare la giornata di dono all’inizio del week-end. Altri tipi di riconoscimenti, possono essere le premiazioni, forma di riconoscimento pubblico, eventi che per esempio sono molto diffusi nella vita associativa. Sicuramente informazioni di cui tenere conto per organizzare e rinnovare la rete associativa nei prossimi anni.
La tavola rotonda tra le associazioni
Giovanni Musso, presidente Fidas, celebra il legame tra dono di sangue e altre forme di donazione, unite tutte da principi etici, solidali e dalla gratuità dei gesti, e ricorda l’importanza del tema dell’autosufficienza ematica nazionale, centrale in un sistema che nel mondo è un modello sia etico, che organizzativo. Importante, per lui, specie in termini di diffusione della cultura del dono, il ruolo delle associazioni, che hanno anche il compito di tutelare tale sistema in futuro.
Sulla stessa lunghezza d’onda Vincenzo Manzo, presidente Fratres, che vede nella crescita della donazione etica il ruolo centrale dei donatori. Manzo ha ricordato che nella storia del nostro Paese la donazione remunerata era la prassi, e solo grazie alle associazioni il modello è cambiato, riuscendo a superare quelle situazioni del passato, con i facchini che sostavano vicino agli ospedali per entrare in azione qualora vi fosse bisogno di sangue. Come reclutare nuovi donatori, si chiede tuttavia Manzo? Va bene fare ricorso alla solidarietà e alla generosità dei donatori oppure oggi serve di più, per esempio un progetto comunicativo istituzionale che possa contare su fondi? E lo stesso lavoro associativo? Va remunerato oppure no? La necessità di nuovi donatori va basata solo sui valori etici o servono nuove discussioni?
Secondo Gianpietro Briola, presidente Avis, il concetto di etica deve essere messo in discussione rispetto ai tempi che corrono. I donatori non devono essere giudici dell’etica, ma continuare a declinare concetti e principi che dicono che la donazione in Italia dev’essere anonima, non remunerata, periodica e organizzata. Il concetto di donazione che si esprime nelle associazioni, ovvero con persone condividono gli stessi principi è stato fondamentale sia per l’autosufficienza sia per la sicurezza. Un senso di responsabilità che è condiviso e fa tornare a donare, motivo per cui In Avis si predilige la donazione differita, basata su un percorso che inizia dagli esami, e che crea consapevolezza e fidelizzazione. Questi elementi, più l’elasticizzazione dell’accesso ai centri trasfusionali, possono portare il sistema verso l’autosufficienza.
A Paolo Monorchio di Croce rossa italiana è affidata la chiusura della tavola rotonda. Il concetto di autosufficienza è ribadito come obiettivo prioritario per il Paese, ed ecco perché tutti gli sforzi devono essere ispirati a garantire i principi della salute del cittadino. Uno degli elementi da rinforzare è l’appropriatezza clinica sull’uso del sangue, che può essere ancora migliorata nell’interesse dei pazienti.